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Grande Madre, l’ultima sacerdotessa, dall’etnomusicologia un appello ai ricercatori

Grande Madre, l’Ultima sacerdotessa, dall’etnomusicologia un appello ai ricercatori
Sabato 16 febbraio –  Ottopagine 
Presentazione del testo e calendario del dipartimento di antropologia di Franca Molinaro

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Sabato 9 febbraio abbiamo reso noto, a Bonito, il calendario degli appuntamenti del Dipartimento di Antropologia del CDPS con la presentazione di “L’Ultima Sacerdotessa”, testo di etnomusicologia dell’antropologo Valerio Ricciardelli. La serata è stata fruttuosa nonostante la neve impazzasse su tutta l’Irpinia raggiungendo diversi centimetri di spessore. Presente il Centro Italiano Femminile con la prof. Annamaria Lombardi, l’Università della terza età con il presidente prof.ssa Flora Santosuosso e il prof. Adriano De Pasquale, Gaetano De Vito del Museo delle Cose Perdute, presenti studiosi da altri comuni, il prof. Antonio Panzone di Taurasi, il prof. Antonio Ferrante da Luogosano, il preside Pasquale Morella di Mirabella Eclano, lo psicologo Nunzio Lucarelli da Ariano, ed altri. La prima parte della serata è stata dedicata alla presentazione del Dipartimento con le sue attività ed i suoi progetti.

Il sindaco di Bonito Antonio Zullo ha apprezzato come, in tempi di crisi, si possa fare cultura a costo zero, solo con la buona volontà ed ha ribadito la disponibilità dell’Amministrazione a sostenere, nei limiti possibili, il Dipartimento e le sue iniziative. L’Amministrazione Zullo ha la saggezza di facilitare l’attività culturale a chi è addetto, di ringraziare chi si offre gratuitamente riconoscendo lo sforzo di chi, non senza sacrificio, dedica la vita ad essa. Come sindaco, ogni volta che gli si propone un testo da presentare, lo legge ed approfitta del dibattito per approfondire la conoscenza dell’argomento. Grande disponibilità ci è stata data anche dall’assessore David Ardito che ha offerto gratuitamente le sue competenze per sostenere Erminia Barbieri nella realizzazione del sito del Dipartimento. Purtroppo, in Irpinia, i ricercatori sono tanti ma spesso, senza un punto di riferimento e con scarsa diffusione del proprio operato.

Quando, diversi anni addietro, Giuseppe Iuliano e Paolo Saggese pensarono il Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud intesero raccogliere tutte le voci poetiche disperse tra i crinali argillosi dell’Appennino Meridionale, senza fare graduatorie e senza dare patenti, sembrava un’utopia ed io stessa li appoggiai con un certo scetticismo. La loro tenacia poi, il sostegno di Alessandro di Napoli, di chi scrive, e di tanti altri intellettuali, concretizzò il sogno. Oggi il CDPS è un punto di riferimento per quanti amano la letteratura. Perché, allora, non immaginare una sezione del Centro dedicata esclusivamente all’antropologia ed alla poesia dialettale che rientra in tale contesto? Quest’anno saremo al “Quarto raduno dei poeti dialettali”; negli anni precedenti, con il prof. Saggese abbiamo analizzato i testi degli autori scoprendo quanto di “antropologico”, incredibilmente, v’è tra i versi. Ad esempio, con gli scritti di Fernando Antoniello, di Tullio Barbone, di Giovanni Famiglietti, possiamo tracciare un quadro dell’Irpinia pre-terremoto, della miseria ed insieme della ricchezza spirituale, della subordinazione della donna, del lavoro. Ma torniamo ai nostri ricercatori, tanti e bravissimi, ognuno a faticare per il proprio paese ma spesso solo e senza una rete che lo sostenga e lo proponga. Qualcuno più tenace ha dato i suoi frutti concretizzando la propria attività, è il caso di Luigi D’Agnese ideatore del Museo Etnomusicale di Montemarano, altri hanno fatto belle ricerche e pubblicato, come Mariangela Cioria di Trevico, Raffaele Salvante di Calitri, il più delle volte, non si sono scambiati i testi con i colleghi della stessa provincia, magari perché non si conoscono nemmeno. Aniello Russo ha raccolto tantissimo valido materiale ma non tutti lo hanno letto. Paola Silano ha fatto una bella ricerca di etnobotanica ma non è reperibile così i “Cento Proverbi” di Salvatore Salvatore.

Il mio testo sui canti popolari non ha avuto diffusione se non direttamente dalle mie mani. Più successo ha avuto Angelo Siciliano, ricercatore di Montecalvo residente a Trento, affidando alla rete la propria attività. Ben più attenti invece sono gli antropologi professionisti, consapevoli che il ricercatore locale raccoglie una quantità di dati indispensabili o comunque difficili da reperire in una breve permanenza. Allora perché non offrire a chi elabora un migliore servigio? Nel nostro piccolo abbiamo un valore perché capaci di ricercare seppur con le ingenuità dei non addetti ai lavori, poi ben vengano antropologi veri quali Valerio Ricciardelli o i ben noti Claudio Corvino ed Erberto Petoia, a spulciare il materiale raccolto, ad esaminarlo per scrivere i loro testi, ne saremo onorati. Dobbiamo però fare un fronte unico senza invidie o arrivismi, dobbiamo, ognuno, riconoscere la validità del lavoro dell’altro perché ogni ricerca contiene informazioni indispensabili per ricostruire il passato e comprenderlo. Diventare una famiglia, dunque, è il metodo migliore per fornire un quadro esatto dello stato della ricerca in Irpinia. Il Dipartimento dovrà essere la famiglia, il luogo delle notizie, oltre che della ricerca stessa. Con l’aiuto di tutti potremo stilare un elenco dei testi editi e del loro contenuto, da pubblicare sul sito per divulgarne la conoscenza. Inoltre, i testi scritti di chi ci ha preceduto potranno, finalmente, trovare la loro vetrina. Vito Acocella, Fedele Giorgio, ad esempio, sono nomi fondamentali nella ricerca antropologica ma poco conosciuti. Divulgare i loro testi significherà rendergli il dovuto riconoscimento. Abbiamo immaginato il Dipartimento come un luogo dove potersi incontrare, confrontare e deporre la propria testimonianza riscuotendo il dovuto rispetto ognuno secondo la propria attitudine culturale.

Il prof. Emilio De Roma suggerisce, inoltre che: “Nel Dipartimento può convogliare anche la ricerca storica la quale, purtroppo, si ritrova nelle medesime condizioni. È anche fondamentale che il prodotto del nostro operato raggiunga i soggetti nella loro quotidianità, ricongiungendo il filo generazionale e impedendo alla cultura di chiudersi in una cerchia elitaria. Altro elemento necessario, per salvaguardare la storia e la tradizione irpina, è la collaborazione di tutti quanti anelano ad acquisire e trasmettere il nostro grande patrimonio culturale”. Una grande famiglia, dunque, in cui andranno abolite rovinose graduatorie per permettere, a ognuno, di trovare, attraverso il proprio contributo, la giusta collocazione ed il dovuto rispetto. Per perseguire questa utopia non basta la nostra buona volontà ma occorre la collaborazione di tutte le feconde menti presenti sul territorio. Il CDPS ci sostiene con le sue competenze e conoscenze, il comune di Bonito ci offre un luogo caldo e accogliente, tocca a noi tutti mettere la materia prima.