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Monthly Archives: May 2013

Teora – Festa della Santa Croce

LE RICORRENZE DELLA GRANDE MADRE
TEORA 5 MAGGIO 2013 FESTA DELLA SANTA CROCE

Presentazione del progetto
17gennaio castelfranci
5 maggio Teora
23 giugno Prata PU
31 ottobre Bonito

Saluti del sindaco Stefano Farina
Parroco don Pasquale Rosamilia
Gerardo Lardieri referente del progetto
Emidio De Rogatis studioso della storia di Teora

Il costume di festeggiare, all’inizio di maggio, con pellegrinaggi attraverso i campi è di origine precristiana, i popoli del Nord Europa fino all’Italia centrale festeggiavano il maggio, una festa molto elaborata che rappresentava il trionfo della primavera sull’inverno, principio che diede origine alle giostre medievali. Presso i Celti la festa era dedicata agli alberi che presso tutte le culture rappresenta il collegamento tra cielo e terra, L’ALBERO COSMICO che pone in contatto le due sfere, umana e divina. Un albero era portato in processione, addobbato e festeggiato nel calendimaggio, in tale occasione si cantavano serenate, si facevano doni, si scambiavano promesse. Queste tradizioni celtiche si innestarono sulla religione romana che ai primi del mese celebrava i floralia in onore della dea Flora.
Paolo Saggese latinista
Feste Mariane e festa della croce
La Madonna sostituisce a pieno titolo le Grandi Madri mediterranee ma il senso resta lo stesso, cosa altro non è Maria se non la rappresentazione cristianizzata della vita, della creazione, della maternità, dell’amore divino…
Così la croce può essere vista come albero cosmico che mette in contatto l’uomo nuovo con Dio, il mezzo attraverso il quale l’umanità può aspirare alla redenzione.
Valerio Ricciardelli etnomusicologo

L’Esaltazione della Santa Croce è una festività della Chiesa Ortodossa, Chiesa cattolica, molte Chiese protestanti (spesso quelle di matrice Anglicana) e della consacrazione della Chiesa del Santo Sepolcro in Gerusalemme (335).
Il 3 maggio del 628 i Persiani restituirono la Santa Croce all’imperatore bizantino Eraclito, la croce era stata trafugata da Cosroe Parviz con la conquista di Geruslemme.
La festività ricorre il 14 settembre, in ricordo del ritrovamento della croce di Gesù da parte di sant’Elena, avvenuto, secondo la tradizione, il 14 settembre del 320: in quel giorno la reliquia fu alzata dal vescovo di Gerusalemme di fronte al popolo, che fu invitato all’adorazione.
Nell’usanza gallese, a partire dal VII secolo, la festa della Croce si teneva il 3 maggio. Secondo l’Enciclopedia Cattolica, quando le pratiche gallesi e romane si combinarono, la data di settembre assunse il nome ufficiale di Trionfo della Croce nel 1963, ed era usato per commemorare la conquista della Croce dai Persiani, e la data in maggio fu mantenuta come ritrovamento della Santa Croce.
In Occidente ci si riferisce spesso al 14 settembre come al Giorno della Santa Croce; la festività in maggio è stata rimossa dal calendario della forma ordinaria del rito romano in seguito alla riforma liturgica del 1970. La Chiesa Ortodossa commemora ancora entrambi gli eventi, uno il 14 settembre, rappresentando una delle dodici grandi festività dell’anno liturgico, e l’altro il 1º agosto nel quale si compie la Processione del venerabile Legno della Croce, giorno in cui le reliquie della Vera Croce furono trasportate per le strade di Costantinopoli per benedire la città.
In aggiunta alle celebrazioni nei giorni fissi, ci sono alcuni giorni delle festività mobili in cui viene fatto particolare ricordo della Santa Croce. La chiesa cattolica compie l’adorazione liturgica della Croce durante gli uffici del Venerdì Santo, mentre la chiesa ortodossa celebra un’ulteriore venerazione della Croce la terza domenica della Grande quaresima. In tutte le chiese greco-ortodosse, durante il Giovedì Santo, una copia della Croce viene portata in processione affinché la gente la possa venerare.
La festa dell’Esaltazione della Santa Croce viene celebrata con particolare solennità a Lucca, ma anche in molte altre città d’Italia dove si trovi una chiesa intitolata “Santa Croce”. È il caso della grande parrocchia di Borgo Santa Croce in Verona, che ogni anno tra la prima e la seconda settimana di settembre propone la tradizionale festa del borgo.

 Ad essa accennava nel 1895 il Gaetani nell’Appendice alla Trina Comunicazione, dove scrisse: “La festa, tutta popolare, all’infuori della celebrazione delle messe in chiesa, finisce con capannelle e con divertite in quelle vaste pianure e piccole vallate delle coste del maestoso monte Pecoraro e vi concorre la maggior parte degli abitanti.Ancorcé in giorno feriale, quasi nessuno degli operai maestri, zolfatai e contadini va al lavoro, per recarsi colla famiglia a godere di quel vasto orizzonte e del bel panorama che si presenta alla vista, nelle splendide giornate primaverili, mangiando e bevendo all’aperta campagna”.

Nel 1933 il dott. Salvatore Misuraca, che si dilettava di folklore locale, così scriveva: “…..Nella prima mattinata un nugolo di gente, famiglie intere di amici e di congiunti si recano sul posto o nelle immediate vicinanze; molti a semplice scopo di svago e di divertimento, pochi con spirito di vero culto religioso. Portano abiti nuovi e vesti variopinte e conducono appresso i ragazzi l’asinello carico di abbondanti cibarie e provviste. Dinanzi al sacrato molti rivenditori tengono esposta la loro merce che in conclusione è tutta roba mangereccia, frutta fresca e frutta secca, gazose, bibite alcoliche e dissetanti, mandorle, fave, ceci, arachidi, nocciole avellane abbrustolite, arance cedri, carciofi lessi, lattughe, dolciumi, vini di tutte le qualità e colori, ecc. Alle 9, preceduta dai tamburi, a piedi lungo tutto lo stradale, va la processione con a capo tutto il clero parato a festa con pianete, stole e manipole di un bel rossovermiglio, e il celebrante che porta il Santissimo sotto il baldacchino.
Giunta al santuario, si celebra la messa solenne e alla fine, dopo il canti dell’ “Ecce lignum Crucis” e la benedizione, la gente si affretta a sparpagliarsi per tutti gli angoli del sagrato e le campagne vicine. Allora, al suono dell organetto di barberia, di mandolino e chitarra, tutta la distesa del pianoro e l’aia delle cascine diventano una mensa e si distendon le cibarie, le fritture, le carni arrostite, i vini, la calia di semi di zucca e ceci abbrustoliti, i dolci, le frutta e le verdure, e si comincia con grande allegria l’asciolvere. .

Due artisti irpini a Firenze

Sabato 11 maggio “Ottopagine”
Due artisti irpini a Firenze di Paola Silano
Franca Molinaro ed Emilio De Roma al “Maggio Salesiano 2013” a Firenze

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Dopo il successo del secondo appuntamento con “Le Ricorrenze della Grande Madre”, a Teora, i due ideatori del Dipartimento di antropologia del CDPS, Franca Molinaro ed Emilio De Roma, onorano il nostro gruppo con la partecipazione ad una importante rassegna d’arte in quel di Firenze, unici irpini ad esser presenti alla mostra provenienti dal Sud, con l’artista napoletana Carmen Radassao.
Il “Maggio Salesiano” è alla sesta edizione. E’ nato in seno alla parrocchia salesiana “Sacra Famiglia” in onore dei festeggiamenti di Maria Ausiliatrice che ricorre il 24 maggio. Il Comitato Maggio Salesiano organizza una serie di manifestazioni che abbracciano diversi aspetti e coinvolgono tutta Via Gioberti, una omogenea comunità nel cuore di Firenze, quasi piccolo borgo. Nel programma rientrano tornei di calcio giovanile e pallavolo, proiezioni di film, presentazioni di libri, concerti, teatro in vernacolo fiorentino, conferenze e una rinomata mostra d’arte varia ( pittura, scultura, ceramica, fotografia). L’idea di inserire una mostra di arte nel ciclo di manifestazioni fu di Rino Radassao, un beneventano trasferito a Firenze circa quarant’anni fa, perfettamente inserito nello spirito e nella cultura fiorentina, membro attivo della comunità parrocchiale. Il primo anno fu coinvolta l’Associazione Tabula Picta, un rinomato gruppo di pittrici fiorentine di cui fa parte Adriana D’Argenio, moglie di Rino, beneventana ma fiorentina da 37 anni, scultrice, iconografa, esperta nell’antica tecnica della pittura ad uovo su tavola gessata. Adriana e Rino curano l’allestimento della mostra e del catalogo. Negli anni successivi alla mostra hanno partecipato artisti spagnoli, greci, giapponesi, americani e, naturalmente, toscani.
La manifestazione è sostenuta dalla Regione Toscana e patrocinata dal Comune di Firenze. Quest’anno la mostra è dedicata ai “Luoghi della fede”, sarà inaugurata il 17 maggio alle ore 19 presso il Salone Don Bosco del Centro Giovanile Salesiano.
Daranno il benvenuto il parroco della parrocchia don Adriano Moro, Amalia Ciardi Duprè madrina della mostra, nota scultrice fiorentina, riconosciuta a livello internazionale per le sue opere cariche di sentimento e simbolismo; Eugenio Giani Presidente del Consiglio Comunale di Firenze costantemente presente là dove si fa cultura, Gianluca Paolucci Presidente Consiglio Quartiere 2, Marco Carraresi Consigliere Regionale della Toscana. Interverranno, Mons. Claudio Maniago Vescovo Ausiliare di Firenze, Donato Massaro, critico d’Arte. Esporranno gli artisti: Alessandro Bianchini, Mauro Castellani, Filippo Cianfanelli, Carla Croci, Angela Crucitti, Adriana D’Argenio, Emilio De Roma, Mimma Di Stefano, Mara Faggioli, Anna Maria Fornaciari, Paola Gabbanini, Angela Giuliani Perugi, Maria Luisa Manzini, Duccio Materozzi, Marisa Miriello, Franca Molinaro, Margherita Oggiana, Elisabetta Paci, Maria Luisa Pedone, Josefa Plius Gotos, Carmen Radassao, Pier Nicola Ricciardelli, Renzo Sbraci, Rosa Scrudato, Alessia Spadi, Gabriella Tatini, Carlo Tesori, Silvia Vinci, Paraskevi Zerva.
La Molinaro, le cui opere sono presenti in Italia e all’estero, già scultrice del monumento ai caduti per il tribunale di Rimini, stavolta si presenta con una pittura innovativa fatta solo di colore e luce: per lei il luogo della fede è l’animo dell’artista in cui brucia eterna la fiamma creativa alimentata dal fuoco dell’amore universale. È una pittura materica di olio lavorato a spatola, adottando i soli tre colori primari la cui amalgama genera migliaia di riflessi cromatici.
De Roma, veterano della pittura e della scultura, presente nel panorama artistico fiorentino negli anni dell’Accademia, si presenta con un acrilico dai toni luminosi. La sua pittura simbolista rimanda ai luoghi di un’anima sempre in cerca di un punto, tra finito e infinito, dove lo spirito può sfiorare il tanto anelato contatto con l’Eterno. Per entrambi, si tratta di una fede fatta di continua ricerca del contatto con l’Assoluto, di domanda e di attesa, di dialogo, nel profondo, con l’Entità che genera Amore, e che sostiene gli artisti quando ripetono l’esperienza creativa originaria.

Un sacro pellegrinaggio alla Santa Croce

Grande Madre – Ottopagine, sabato 4 maggio

Prosegue il ciclo dedicato alla valorizzazione e alla riscoperta delle feste religiose dal sapore agreste – di Franca Molinaro

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Con l’appuntamento di Teora siamo alla seconda “Ricorrenza della Grande Madre”, ciclo di manifestazioni dedicate alla riscoperta e valorizzazione delle feste religiose dal sapore agreste. Siamo partiti a gennaio con i fuochi di Sant’Antonio Abate a Castelfranci, altro comune che ha aderito al progetto del Dipartimento di Antropologia del CDPS, insieme a “Agenzia di promozione del territorio Irpinia Turismo”, il comune di Prata PU, Bonito e Teora dove, domani, valorizzeremo il pellegrinaggio alla Santa Croce, la chiesetta di campagna ai confini del comune di Lioni. L’intento del progetto è quello di riprendere le tradizioni sacre legate alla terra, riviverle e raccogliere testimonianze per capire come erano svolte e comprenderne appieno la valenza sacra e sociale. Quella della Santa Croce è una tradizione antica che, Teoresi e Lionesi, cercano di mantenere in vita. I pellegrini partivano dai paesi e dalle contrade, recando il cesto per il bivacco, attraversavano boschi, valli, si fermavano per ristorarsi a qualche fontana, poi proseguivano per viottoli interpoderali fino alla chiesetta posta su un poggio, vedetta tra la Valle del Sele e la Valle dell’Ofanto, in località Serra dei Mortai. Oggi la chiesetta è una ricostruzione post terremoto ma è lecito pensare che l’antica struttura fosse qualche rudere tra i fabbricati rurali.
Come in tutti i pellegrinaggi, anche qui i fedeli arrivavano in orario per la messa e, una volta assolto all’impegno religioso, con la coscienza serena, si accampavano tra le margherite e l’erba tenera per consumare cibo e vino. Come da buona tradizione teorese, non mancava qualche strumento musicale e i balli tradizionali occasione di nuovi approcci amorosi per i giovani e puro divertimento per gli altri. Era questa una festa di primavera, come le tante dedicate alla Madonna, da Anzano, la Madonna dei quattro paesi ad Andretta, la Stella Mattutina, l’Incoronata di Foggia, feste che celebravano la rinascita della natura e la Madonna come madre universale, Grande Madre che sostituisce a pieno titolo le antiche madri mediterranee. La festa della Santa Croce ricorda la restituzione, il 3 maggio 628, della croce di Gesù, da parte dei Persiani che l’avevano trafugata nel 614 dopo la conquista di Gerusalemme. La festa ebbe consenso presso la gente dei campi perché cadeva in un periodo dell’anno molto delicato, il momento in cui la spiga del grano spunta dalle foglie e inturgidisce. Le croci erano portate in processione per i campi in modo da propiziare e benedire il raccolto. Inoltre si costruivano croci di canna da piantare tra le messi a protezione delle colture. A questa ricorrenza è legato l’albero del noce ed i suoi frutti, i contadini, il giorno della Santa Croce, cingevano i tronchi dei noci di corde fatte di culmi di grano e avena fatua. Sembra che questo rito proteggesse i frutti dalle larve. Altro proverbio legato agreste, legato alle noci, riguarda la Croce di settembre, quando i frutti sono prossimi all’abbacchiatura: Santa Croce pane e noci. In tutte le culture esiste un albero Cosmico, dall’Oriente all’Occidente, protagonisti i grandi alberi della flora locale che, con le loro dimensioni, suggerivano una congiunzione tra la terra e il cielo. Tali alberi, col cristianesimo, modificano la loro simbologia, diventano l’albero della Croce. La croce, dunque, si ripropone come albero cosmico, elemento di congiunzione tra cielo e terra, tra le due sfere: umano e divino. È possibile, dunque, ipotizzare che sulle antiche floralia romane si siano innestate le influenze celtiche con l’adorazione degli alberi e che la Chiesa, come è sempre accaduto nel corso dei secoli, abbia tradotto agevolmente la fede naturale dei popoli pagani, trasformandola nei complessi dogmi del cristianesimo.
Il programma di domani prevede la partenza da Teora alle ore nove, il pellegrinaggio a piedi attraverso antichi sentieri, la messa alle undici, la colazione a sacco da consumare rigorosamente sull’erba, da condividere con il gruppo, intrattenimento musicale con balli e canti dell’Alta Irpinia. Alle ore diciassette convegno con il saluto del sindaco di Teora Stefano Farina e del parroco don Pasquale Rosamilia, considerazioni sul valore sociale e terapeutico dei pellegrinaggi, dell’etnomusicologo Valerio Ricciardelli, relazione storica sulle feste primaverili precristiane del professore Paolo Saggese, indagine sui costumi locali di Gerardo Lardieri referente per il progetto, ed Emidio De Rogatis ricercatore delle tradizioni teoresi, il tutto coordinato e moderato da chi scrive.