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San Rocco di Scilla, festa e leggenda di Cosima Cardona

imgresPubblico come inviatami questa interessante e bella testimonianza  di Cosima Cardona di Scilla. Cosima è poetessa della Grande Madre, ha partecipato a Echi di Poesia dialettale 2015 ed è inserita in antologia.

Ogni anno a Scilla, si festeggia San Rocco, Patrono della cittadina. Noi Scigghitani, cresciamo con il culto di questo Santo. Due giorni vengono dedicati a questa festa che cade il 16 di agosto ma viene festeggiata la settimana successiva. Il Santo viene portato in processione per le vie principali dei tre quartieri di Scilla, San Giorgio ove ha sede il Santuario, Chianalea e Marina Grande.Alla processione si accostano i fedeli con grandi ceri accesi detti ” ‘i nthrocci “, per ringraziare, o per chiedere una grazia. La domenica il Santo nella piazza a lui intitolata viene,portato in processione a spalla sotto dei fuochi pirotecnici, detto Trionfino, cioè il trionfo del Santo sulla peste, infatti tutta la devozione nasce da ciò, il Santo pellegrino salvò il popolo Scillese dalla peste che in quel periodo incombeva.

Si narra una leggenda, sulla statua di San Rocco a Scilla, la Statua lignea commissionata a vari artisti dell’epoca ( 700 circa), non venne mai finita in quanto gli artisti non sapevano dargli un volto. Si presentò a Scilla un pellegrino il quale si offrì di finire la Statua, chiese di essere chiuso in sacrestia e solo quando avrebbe finito sarebbe uscito. Passarono molti giorni e il pellegrino non usciva, gli Scillesi pensarono che fosse morto così…aprirono le porte. Con molta sorpresa e meraviglia videro che la Statua era stata completata, l’uomo scomparso, e, il viso del Santo, era uguale a quello del pellegrino.

 

San Rocco
Ti vardu Santa Roccu
nta ‘st’ occhi bbèlli limpidi
Pathrùnu si’ di Scilla
i ‘nthròcci Ti portunu….
‘i fìmmini….
La ‘razia chi ti cercunu
non è sulu pi’ ‘iddhi
Ti cantunu ‘na Gloria
puru pi’ so’ famigghji.
“Santa Roccu ra’ Gran Putenza
Siti chinu ri Santità, e la ‘razia chi
jeu vi cercu….facitammìlla pi’ carità”
Si’ nu Santu assai prijatu
e puru assai timutu
a Scilla tu ra’ pesti
sarbasti ,Tu ra’ morti.
Tu Santu Pillìgrinu
‘ggirasti tuttu u’ mundu
cu’ nu bbàstuni e mani…
cu’ cani…e ‘m pèzzu ‘i pani.
Ti vàrdu nte to’ occhi
mi fai trimari sempri
Tu si’ comu nu Pathri
chi menti a ppòstu ‘i cosi…
U’ jòrnu ra’ to’ Festa
Tu ggìri tuttu u’ paisi
ra’ porta Tu ndi passi
mi ndi bbìnirici….
Jeu penzu nta me’ menti
non ‘aju cchiù paroli
candu ti viru a Ttìa
l’ anima mei …mori
Non sacciu chi t’ ‘aju ‘a circari
nta testa ncè cunfusioni
‘i me paroli sa ‘mbìschijunu
Tu sai chiddhu ch’ è fàri
‘A notti ra’ to’ festa
Tu curri sutta e fòchi
ndi rici e Scigghìtani…
vulitìvi assai bbèni
Pi’ comu ricu e fazzu
Jeu a tutti v’ ‘i sàrbaja
‘i ‘razi Jeu vi fazzu
e vui prijati a mmìa
Mintitivi d’ accòrdu…
“Non Vi Spìrditi ‘I Mia”
A tutti i cittadini di Scilla
Cosima Cardona
Scilla 14 agosto 2013
Ti guardo San Rocco / in questi occhi limpidi / Patrono sei di Scilla, / i ceri ti portano le donne. /
La grazia che ti cercano / non è solo per loro / ti cantano un Gloria / anche per le loro famiglie. /
 “San Rocco,dal Grande Potere, siete pieno di Santità, /    e la Grazia che io vi cerco, fatemela per carità.” /
Sei un Santo molto pregato, / e anche molto temuto / Scilla tu hai salvato  / dalla peste e dalla morte. /
Tu Santo Pellegrino, / hai girato tutto il mondo / con un bastone in mano / con un cane e un pezzo di pane. / Ti guardo nei tuoi occhi  / mi fai sempre tremare / Tu sei come un padre / che mette a posto ogni cosa. /
Il giorno della tua festa, / Tu giri tutto il paese / passi davanti le nostre case, / per benedirci. / Io penso nella mia mente, / non ho più parole / quando io vedo Te / l’anima mia muore. / Non so cosa  chiederti, / in testa ho confusione / le mie parole si mischiano…/ Tu sai cosa devi fare. / La notte della Tua festa, / Tu corri sotto i fuochi / ci dici a noi Scillesi / voletevi molto bene. / Per come dico io faccio, / io tutti vi ho salvati
le Grazie io vi faccio  / e voi mi pregate…/ mettetevi d’accordo “Non vi dimenticate….di Me.”

 

Pensioni e pensioni…. una riflessione in occasione del pensionamento di Donato Cassese. Di franca molinaro

S Andrea di Conza 29_9_2013

Pensionata che asciuga il granturco al sole. Sant’Andrea di conza. Foto di Donato Cassese,

Mentre ritiro il bucato steso ad asciugare, rifletto sulle cose della vita e gli errori che il Padreterno ha commesso nell’affidare i ruoli agli esseri umani dopo aver avuto l’infelice idea di metterli al mondo. Ripenso a tutte le donne che hanno speso la vita per il marito, i suoceri, i genitori, i figli, sempre intente a gestire l’economia domestica scarsa eppure a far quadrare i conti. Ripenso a quella vecchina dello scorso secolo, che girava i paesi con un sacco sulle spalle, pieno di mazzetti d’erbe utili a curare tutte le malattie; arrivava da Gesualdo e risaliva la vecchia via regia, si fermava a Venticano, Dentecano, Pietradefusi. Le persone la conoscevano e in cambio delle erbe rendevano quello che avevano, a volte solo un pezzo di pane. Ripenso alla nonna che filava e cuciva, rammendava, realizzava calze e maglie di lana per tutta la famiglia, al lume della candela a olio, quando gli uomini di casa si radunavano per la partita a carte e le ragazze ricamavano il corredo. Tutt’ora, le donne contadine non si fermano se non esauste, hanno sempre l’orto, il bucato, la casa, gli animali, e non possono concedersi il lusso di una influenza altrimenti si sconvolge il normale ritmo quotidiano. Nessuno comprende il loro lavoro perché, dice il proverbio: “La fatia de la femmena se la fotte lo diavolo”. Il lavoro della donna lo ruba il diavolo, non si vede e si deve subito rifare tale e quale giorno per giorno ininterrottamente per tutta la vita. Una condanna insomma, una maledizione che si abbatte sulla culla dove pende un fiocco rosa. Per fortuna oggi le cose vanno in direzione diversa  anche se, a volte la direzione diventa “opposta”. Questa disgrazia della donna contadina riguarda in parte anche il compagno che andando in pensione continua la sua attività agricola, ma continua ad avere i suoi svaghi e i suoi riposi. Ogni ceto poi ha la sua terza età, ogni mestiere comporta i suoi differenti doveri relativi all’attività lavorativa. Certo è che l’uomo attivo, anche da pensionato, non sarà mai un perdigiorno, il fannullone o cattivo lavoratore resterà tale, l’intellettuale tenderà a continuare la sua attività concentrandosi sulle cose che più ama, l’operaio cercherà lavoretti nuovi per arrotondare la pensione, ecc. Il pensionamento è un traguardo appetibile per chi ha in testa tante attività ma non ha il tempo per svolgerle, così smesso il lavoro di routine potrà dedicarsi alle cose che ama. Questa riflessione mi ricollega alla notizia del pensionamento di un caro amico, Donato Cassese di Sant’Andrea di Conza (AV). Responsabile dell’Ufficio Anagrafe e Stato Civile di Sant’Andrea, Donato ha visto nascere e crescere le nuove generazioni mentre altre inevitabilmente scomparivano. Legato particolarmente al suo territorio e alla sua gente, ha cercato sempre di far emergere il buono e il bello che questa terra di montagna nasconde. Particolare attenzione ha avuto per i personaggi che in Sant’Andrea hanno portato arte e cultura. Memorabile fu il suo impegno, nel 1999, a 10 anni dalla morte del pittore sant’andreano Luigi Bellini, nell’organizzare un convegno e una mostra itinerante, raccogliendo documenti inediti e tutto l’indispensabile. Nel venticinquesimo anniversario del Terremoto che scrollò l’Irpinia nel 1980, Donato raccolse documenti fotografici su Sant’Andrea, Conza, Teora, Pescopagano e Laviano. La storia per lui non è un mistero, “Vescovi, artisti e santi” è una sua prima pubblicazione uscita nel 1995, contemporaneamente  ha scritto per Il Mattino di Avellino, Ottopagine, Il Corriere dell’Irpinia, Altirpinia, Il cammino di San Gerardo, Il Seminario. Nel 2011 ha dato alla luce, per la Delta3, “Tributo a Fedele Giorgio”, un testo in cui sono raccolti gli inediti dello scrittore studioso sant’andreano unitamente a biografia e foto, articoli giornalistici a lui dedicati. Un gran lavoro questo in cui si evidenzia un aspetto mai messo in luce di questa poliedrica figura, Giorgio è finalmente visto nella sua veste di studioso amico di Di Nola, pioniere in un momento storico in cui l’antropologia italiana muoveva i suoi passi significativi. Sulla scia del maestro, nel 2008 ha realizzato una ricerca sugli “stuortinomi” e la loro origine, 700 soprannomi presenti nella comunità di Sant’Andrea di Conza. L’attenzione a favore del suo popolo prosegue nel 2014 quando si impegna per la pubblicazione di un testo di poesie di un amico scomparso prematuramente, Michele Mariano Iannicelli, “C’è l’impossibile, Poesie”, sempre per i tipi della Delta 3 Edizioni. Intanto, mentre segue le sue infinite attività, si lascia ammaliare dalla poesia dialettale e partecipa a un nostro concorso con un suo componimento, ma non solo, collaboratore disponibilissimo si impegna nelle attività della Grande Madre. Al Raduno annuale dei poeti dialettali a Montemarano, ci fa conoscere Emilio Mariani, poeta di Morra De Sanctis noto oltre i confini nazionali ma ahimé , non tanto in Irpinia. Sollecitando il Mariani, con una pazienza infinita per comprender un dialetto differente dal suo, Donato aiuta l’anziano e vivace poeta a realizzare una nuova silloge questa volta curata da lui e presentata, finalmente, a Morra ed anche a Lioni. Grazie a Donato, dunque, Mariani ha avuto il suo riscatto nel territorio natio così come Fedele Giorgio, Michele Mariano Iannicelli e Luigi Bellini. Zio Emilio, come affettuosamente lo chiamiamo, ha altre cose da consegnare ai posteri e Donato è ancora pronto a dare una mano, aspettiamo infatti i canti popolari di Morra, da me sollecitati e redatti col suo aiuto. In tutto questo impegno culturale c’è anche spazio per la vigna che Donato cura con amore ed una gran passione, la pietra, egli infatti è un bravo scultore e la pietra locale prende magnifica forma sotto le sue mani. Ora Donato è finalmente in pensione, potrà dedicarsi alla famiglia perché ammette di averla trascurata, potrà seguire serenamente tutte le sue attività, radunare i suoi ragazzi per il pellegrinaggi, trattenersi in campagna a scalpellare mortai, aiutare chi ne ha bisogno. A Donato, dunque, l’augurio di godere questa nuova tappa della vita realizzando quanto il suo cuore desidera.