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Teora 27 dicembre: Parole e musica al Teatro Europa

DSC_0084Teora 27 dicembre 2015: “Parole e musica al Teatro Europa”   di franca molinaro

Con l’evento di Teora si concludono le attività del 2015 e si guarda al 2016 con spirito rinnovato e sereno. Teora per noi è come una seconda casa, i rapporti col sindaco Farina sono stati sempre di perfetta intesa fin dalla prima esperienza insieme per le “Ricorrenze della Grande Madre”; col tempo la famiglia si è allargata ed abbiamo messo radici, a Teora vive l’anima canora della nostra associazione ed ogni occasione è buona per tornarci. L’evento del 27 è nato dal desiderio di Paolo Saggese di presentare il suo ultimo lavoro “Lettera a un giudice, racconto fantastico sulla corruzione”.  Una descrizione particolareggiata di come vanno le cose in Italia in fatto di concorsi pubblici. E’ credenza comune che sia stato il “malgoverno della Democrazia Cristiana” a perfezionare l’uso delle “mazzette”, delle raccomandazioni e della corruzione in ambiente lavorativo e scolastico, ma come ha spiegato Emilio De Roma, il fenomeno ha origini ben più antiche. Curioso è il caso, citato dal professore, di Ferdinando II di Borbone che, in un suo viaggio in Sicilia, trovò 28.000 lettere con richiesta di raccomandazioni, numero che la dice lunga se si pensa che il 90 per cento dei sudditi era analfabeta.  Ma, come sottolinea Rosario Maglio nel suo intervento, la raccomandazione, dal punto di vista giuridico non corrisponde a corruzione quindi non è reato, non è un caso da indirizzare a un giudice piuttosto un malcostume da segnalare a un popolo come suo costume di vita. “Ora il Sud è povero, è ferito come un campo a gennaio”, scriveva Giuseppe Saggese in una sua silloge poetica, dopo circa vent’anni la ferita è purulenta, una cancrena irreversibile per chi non ha speranza. Eppure quel campo che sembra ferito in gennaio, custodisce il mistero della vita, verità palese agli occhi di chi conosce il ventre nero della Grande Madre, nei solchi brulli una piccola piumetta prepara il nuovo ciclo vegetativo. Da questo deve partire l’uomo nuovo la cui missione di redenzione deve essere contagiosa ed epidemica, solo così si può coltivare la speranza e tutti i “Candido” che ancora popolano il territorio devono conservare l’illibatezza del protagonista per irradiare la luce sui popoli e nelle piccole comunità. Abbiamo bisogno di amore, di rispetto, di corrispondenze per rinnovarci perché siamo coscienti che l’uomo, per dirla con Benigni, “è l’unico essere vivente che può decidere il suo futuro”. Come ha sottolineato Gerardo Bianco nel suo intervento, il racconto è di denuncia sebbene espressa in modo compito e a volte ironico, ma non è senza speranza perché il protagonista ritrova il suo raggio di luce nei suoi affetti, nel tepore della sua famiglia. Chi è abituato a leggere Saggese latinista, critico letterario, non resterà deluso da questo nuovo cammino intrapreso perché in esso si scorge un intellettuale dalla ferrea preparazione classica, in cui i padri della letteratura ritornano puntuali con le loro pillole di saggezza. Saggese non si smentisce nemmeno per la sua chiarezza di linguaggio, come sempre è capace di raccontare cose gravissime con la semplicità e la linearità di un tema ben svolto. Nel ciclone delle pubblicazioni che imperversano nello stato attuale della letteratura, leggere chi sa scrivere è sempre un gran piacere nonostante l’argomento trattato induce a profonda riflessione e nel peggiore dei casi a scoramento. Conoscendo la severità del tema, la tristezza cui adduce lo studio della società umana, abbiamo pensato di introdurre una nota di gioia da addizionare al clima natalizio che ancora aleggia nell’aria, affidando all’ensemble Soul Singers la seconda parte della serata: il concerto di Natale. Questo gruppo di voci miste è composto da sei giovani professionisti: due soprani, Giuseppina Perna e Serena Trombetta, due contralti, Desirè Borghi e Antonella Trombetta, il tenore Giuseppe Grieco della Grande Madre, il Basso Emanuele Di Vito. La loro musica polifonica spazia dall’Opera allo Spiritual, al Sol e ai canti tradizionali inglesi, non mancano bellissimi brani di musica sacra classica e moderna. A Teora ci hanno fatto ascoltare il famosissimo Zum Sanctus in lingua tedesca, brano scritto da Franz Schubert nel 1826. Con questo pezzo i cantores hanno voluto omaggiare Saggese che nel suo testo ha affrontato le eterne problematiche sociali scaturite dalla incapacità di convivenza: quando Schubert compose il brano non rispettò i canoni della tradizione latina in cui è la lode di Dio il motivo centrale ma guardò all’uomo con le sue preoccupazioni  e necessità terrene. Il concerto ha regalato momenti di intensa emozione con brani di Spiritual e di musica contemporanea con arrangiamenti polifonici a quattro voci. Ancora una volta abbiamo sperimentato il potere della musica, un potere magico che contagia se chi la interpreta lo fa con sincerità d’animo e purezza di cuore. E’ quanto ha sottolineato la soprano Giuseppina Perna nella presentazione del gruppo: il loro intento è quello di comunicare emozione attraverso la voce e la musica. Sulle note di queste melodie angeliche vogliamo ringraziare i Soul Singers e augurar loro il successo che meritano. I nostri auguri e ringraziamenti vanno anche a chi ha contribuito alla riuscita della magnifica serata: il sindaco Stefano Farina, Nicola Guarino, l’avvocato Rosario Maglio, il coordinatore Emilio De Roma, l’onorevole Gerardo Bianco, Mara Casciano, Yvonne Scherken, Ciriaco Grasso, Paolo Saggese, Giuseppe Grieco, Gerardo Lardieri , Paolo Ciccone, Emidio Natalino Derogatis, Rosanna Repole, Filomena Guarino e tutti gli amici di Teora che ci hanno onorato con la loro presenza.

‘E pasture di Gianni Terminiello

Gianni Terminiello, noto poeta in lingua e in napoletano ha voluto immedesimarsi nei pastori del presepe e ci racconta il momento del risveglio dopo un anno di riposo.
DSCN3013‘E PASTURE
Ogni anno ce scetammo…..pe’ pusà
dind ‘o presepio, è na’ tradizione
ma pure n’esempio, ‘e profonna
commozione.
‘A signora, bella mbriana…da’ casa soja,
caccia ‘e cartuni, tutt nummerati
e ‘mballati.
Ascimm ‘a cangopp ‘o mezzanino, ognuno
‘e nuje, buono arravugliati, dind ‘e carte
de’ giurnali……aggarbugliati.
Nfretta ‘e furia…..parimm tanti cumparse
‘e l’ann primm e accussì ascimm.
Sulo ‘o bambinello, ca’ figura ‘e Eduardo
De Filippo, pe’ devozione……’a signora
ha mis dind ‘a nu’cartone de’ scarpe..a’parte,
pe’ n’attenzione, ma pure pe’ n’emozione.
Stamm llà, tutt quant a ce’ guardà, aropp
n’ann, sapite….c’imma arricurdà pure chi simm.
Ce guardamm a uno a uno….buongiorno Benino,
t’eggio lassato ‘a maggnà ‘a faldachèra e tiene
semp suonn, cu’ stà faccia allera.
San Giuseppe addumanda ‘a Maronna se tutt
è a posto…capite, so trent’ann che simm semp
‘e stess, ma chist’ann è trasuto uno nuovo,
se chiamm Lucariell…..riceno che è n’artista,
‘e pure cumpagniello.
‘E che ho mettimm a fa, putess cantà o sunà,
ma no….iss è pueta e signore, appartene
‘a na’famiglia che c’ha arruccut a nuje pasture.
‘A signora po’ belle verè….sistema Bicienzo
ca’ sporta, arete ‘a porta, Tuardino ‘a copp
che dorme, ma ogni tanto arapere n’uocchio
pe’ vedè si piace a chelli chiorme.
E quann arrivano tutt quant, pe’ vedè ‘o presepio
ultimat…chi guarda, chi spiega, chi tocca,
chi sposta, simm pasturi in sosta.
‘E ‘o pastore nuovo?
No…iss cammina accussì allerament
tra nuje…cu’doje guoffole culurate
e stasera ‘a mezannotte, quann mettimm
‘o bambinello, ce stà nu’viecchio pastore
cu’ n’uocchio bendato che ha addumandato
‘e salutà ‘a Lucariello.
Me’ sa….che chist’ann ‘o presepio sape
‘e famigliarità.
Gianni Terminiello

Natale 2015 in bergamasco, di Gianni Pisoni e Carmen Fumagalli Guariglia

 

auguri di nataleNATALE 2015 di Gianni Pisoni

Gianni Pisoni di Bergamo, è docente ufficiale di dialetto bergamasco del Ducato di Piazza Pontida. Si adopera per la conservazione del dialetto ed ha pubblicato in merito diversi sillogi poetiche. Plaudito in molti concorsi si è classificato spesso ai primi posti. 

 

 

 

 

Vèncc de guèra ch’i se bina

a di brìsie de speransa

col intènt che i potèncc

i desmète de fogà

in di brase de chi vèncc

ch’i prodüs nóma poertà.

 

In del cél fórt la sberlüs

chèla stèla che la ‘ndécia

che ’l Bambì l’istà per nass

col portà ‘n del mónd la pas

e strenzìs töcc quancc la mà

per ol bé de l’ümanità.

 

Ol Nedàl  adèss l’è ché

fém tasì bómbe e canù

che in chèsto santo dé

sèmper car ai tradissiù

a l’ dimóstre al Bambì

che la pas la saìt venzì.

 

Bù Nedàl pertàt a töcc

zùegn, vècc, spuse e pöcc

che ‘l Bambì di sò brassì

a l’ dispènse a piö finì

chèle gràssie tat bramade

che de sèrt i ve é dunade.

 NATALE 2015

 Venti di guerra che si accoppiano / a brezze di speranza / con l’intento che i potenti / la smettano di aizzare / le braci di quei venti / atti a produrre solo povertà. // Nel cielo intensamente splende / quella stella che sta ad indicare / che il Santo Bambino sta per nascere / con il portare nel mondo la pace / e far stringere a tutti la mano / per il bene dell’umanità. // Ora che è giunto il Santo Natale / facciamo tacere bombe e cannoni / che in questo santo giorno / sempre caro alle tradizioni / sappia dimostrare al Santo Bambino / che la pace ha saputo vincere. // Un Buon Natale pertanto a tutti / giovani, anziani, spose e bimbi / che il Bambino dalle sue braccia / dispensi in grande quantità / quelle grazie tanto desiderate / che sicuramente verranno dispensate.

 

N E D À L
di Carmen Fumagalli Guariglia. Cultrice del dialetto bergamasco, ha pubblicato di poesia e ricerca; si impegna quotidianamente per il recupero della sua lingua. Collaboratrice della Grande Madre, è stata nostra giurata in “Echi di poesia dialettale 2015”.

L’invèrno l’è ön’arca de giàss
che tègn a frulì coi somésse
l’incànt di dé bèi, chèla pas
che m’brama ma m’pèrd per caprésse.
Per chèsto l’me pórta ‘l Nedàl
coi sò lüminére ‘n di strade:
barbài ch’i fà amò carneàl
e i scónd i dulùr di contrade.

Per chèsto l’me pórta ‘l Bambì
che l’grigna, töt biót sö la pàia,
per dìm che se m’völ, ol destì,
l’è bèl a’ con d’öna gandàia
d’amùr che, se l’lüs in del cör,
l’impìa pò a’ la brasca che mör.
Augüri de cör …

Traduzione: Buon Natale
L’inverno è una madia di ghiaccio/ che tiene in serbo con le sementi / dell’incanto dei giorni belli, quella pace /che desideriamo ma che per capriccio perdiamo. / Per questo ci porta il Natale / con le luci colorate sulle strade / briciole che fanno ancora carnevale / e nascondono i malesseri delle contrade. // Per questo ci porta il Bambino / che ride tutto nudo sulla paglia / per dirmi che se vogliamo il destino / e bello anche con una briciola / d’amore, che se brilla nel cuore / accende anche la brace che muore…// Auguri di cuore …

 

 

Le interviste di Gianmarco Ferraiuolo: La guaritrice di Ariano

11751960_895756740499765_419637372130559899_nGianmarco Ferraiuolo è un giovane laureato in Beni Culturali con tesi di laurea in Antropologia Culturale. Nel corso del 2015 ha avuto modo di avvicinare diversi personaggi che lo hanno introdotto nel mondo della magia popolare. Pubblicheremo alcune sue interviste.

La guaritrice di Ariano Irpino

Mi reco ad Ariano Irpino (AV) tramite un’informatrice, N. A., quarantatreenne, nata a Foggia, di professione impiegata, con titolo di studio di scuola media inferiore. Questa donna, molto ben disposta ad aiutarmi, mi ospita in casa sua dove incontro anche la mamma e la nonna. La nonna, R. R., nata ad Ariano Irpino, con titolo di studio di scuola elementare, contadina, ormai novantenne,  dialoga volentieri con me e si preoccupa se ho preso bene tutti gli appunti. Lei parla l’arianese, un dialetto irpino non molto difficile da comprendere, piuttosto il problema dell’incomprensibilità dipende dall’assenza totale di denti e da una certa fatica nel pronunciare le parole. Comunque riesce a seguire i ragionamenti e risponde alle domande, una certa difficoltà di memoria è riscontrata nella recita degli scongiuri, confonde le strofe ripetendone spesso una in particolare. La mamma dell’informatrice, C. A., nata ad Ariano Irpino, con titolo di studio di scuola elementare, contadina, ha settant’anni.  Anch’ella è ben disposta a raccontare tutto quanto le sembra possa essermi utile, si esprime in un dialetto comprensibilissimo perché mescolato all’italiano. E’ lei che mi fornisce la maggior parte delle informazioni.
L’informatrice è di aiuto sollecitando la memoria della nonna con aneddoti che rievoca dai racconti ascoltati. Alla domanda specifica sulle streghe la nonna risponde con uno scongiuro- preghiera da recitare la sera prima di mettersi a letto per prevenire la morte notturna. La nonna spiega che le janare non sono state cresimate bene, non sono state recitate tutte le parole della liturgia. L’informatrice ribadisce che le parole mancanti sono quelle del battesimo e per difendersi da queste entità si scrivevano delle parole, quindi incita la mamma a riferirle. La mamma spiega che i nati alla mezzanotte di Natale erano destinati a diventare streghe se donne e lupi mannari se uomini. Queste donne si ungevano con l’olio e si buttavano dalla finestra o dal balcone secondo come era fatta la casa in cui abitavano. Una volta nel buio si dirigevano nella casa che gli era stata indicata e si posavano sullo stomaco del malcapitato che restava bloccato senza respiro e senza la forza di chiedere aiuto. Erano comandate da persone che volevano vendicarsi di una cattiva azione ricevuta. Visitavano la vittima per tre notti di seguito. Quando il poveretto si liberava saltava di scatto sul letto e non ricordava nulla solo di avere avuto degli incubi. Questa cosa è capitata proprio alla mamma dell’informatrice. Per evitare che queste presenze la molestassero, la madre le aveva fatto scrivere un biglietto con lo scongiuro e lo aveva fatto mettere sotto il cuscino. Per impedire l’ingresso delle janare si usava mettere falci e scope dietro la porta e sale sotto il letto.
A questo punto la nonna ripete lo scongiuro-preghiera per allontanare le forze del male e la malamorte. Interviene la figlia che non traduce la giaculatoria della madre ma ricorda con precisione lo scongiuro della janara: “A nome di Gesù il Nazareno, io ti scongiuro, dalla parte di Dio e ditemi che anima siete / nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo”  la preghiera va ripetuta tre volte e conclusa con un Pater e un’Ave. La donna sottolinea che, se pur non dovesse funzionare, certo non fa male mettere un biglietto sotto il cuscino.
La donna continua a rievocare i ricordi e dice che le janare infastidivano anche i cavalli e i muli, di notte, nelle stalle; per stancarli e non farli lavorare il giorno dopo, aggiunge la nipote. Si udivano dei rumori e poi la mattina gli equini si trovavano tutti sudati e con i crini intrecciati in modo indistricabile.
Il racconto continua con le storie della malamorte, spiega che, chi muore di morte violenta è costretto a comparire sotto forma di animali o altro per impaurire le persone, fino al giorno in cui sarebbe vissuto se non gli fosse capitato l’incidente.
L’informatrice retrocede nel discorso e spiega ancora che le janare erano mandate a infastidire uomini che non avevano potuto avere, fidanzati presunti o ex.
La nonna conosce la preghiera del malocchio e la recita poi spiega che bisogna ripetere tre volte se si usa la mano destra nel fare i segni e cinque se si usa la sinistra. Sul malocchio, le due anziane convengono dicendo che le persone con sopracciglia congiunte sono capaci di affascinare.  Poi mostra una chiave antica e nomina diverse patologie dalle quali si può guarire usando l’oggetto: erisipela, inappetenza, tumefazioni, gonfiori.
A questo punto intervengono le altre due donne e confondono le spiegazioni. La nonna dice che guarisce la erisipela con la chiave (solitamente si usa una chiave di chiesa) ma la figlia parla di fede benedetta e spiega che la risibea è una rottura con conseguente tumefazione di un arto e va incantata con la luna calante. Ci spiega le fasi lunari e i lavori dei campi che bisogna compiere nei vari momenti. Con le luna piena si seminano tutte le piante che debbono crescere mentre con la luna calante si travasa il vino e si fanno questi incantesimi.
La figlia dell’informatrice parla del folletto Scazzamauriello e lo descrive come da letteratura specifica mentre la madre ne dà un’altra versione. Spiega che sua nonna lo incontrò sotto forma di bambino piccolo e lo prese con sé sul basto dell’asino, il bimbo divenne pesantissimo e la donna esclamò: “Madonna mia sei così piccolo e pesi così”. Il bimbo rispose: “Sono piccolo e peso però son un uomo e ho la barba”, detto questo scomparve perché erano arrivati a un crocevia. Spiega la donna che l’incrocio rappresenta la croce di Gesù che tutto sconfigge lo stesso potere hanno le parole di Gesù come abbiamo visto nel caso della janara (pantasma, probabilmente dal dialetto “pantesema” cioè fiatone).
La signora continua con la storia della sua bisnonna nata la notte di Santa Lucia e per questo costretta, secondo le regole dell’epoca, a chiamarsi Lucia. Ma i genitori la chiamarono Vincenza e tutto sembrò andasse liscio. Quando Vincenza ebbe il primo bambino le si ammalò gravemente tanto da non trovare soluzioni di guarigione. Una notte sognò Santa Lucia che le ricordò la mancanza commessa dai suoi genitori ma le comunicò che non era in collera con lei anzi, le consegnava un grande dono, avrebbe guarito ogni malato con le sue mani, primo tra tutti suo figlio. E così avvenne, il bambino si riprese e la zia divenne una che guariva le ossa rotte e tante altre cose.
Chiedo se il dono passa di madre in figlia e chi era questa antenata. A questo punto interviene la nonna quasi adirata verso di noi che continuiamo a non comprendere quindi insiste dicendo: “Era mamma a mia madre vi ho detto, aggiustava mani piedi, faceva il malocchio, guariva la milza, le ghiandole, l’inappetenza”.
La mamma dell’informatrice afferma che i dolori passano quando la nonna fa gli incantesimi, la vecchina li prende in giro perché alla sua morte i poteri passeranno alla figlia che crede fermamente in queste cose. La signora anziana malinconicamente ci congeda ricordando che la gioventù non torna più.

Intervista

Interlocutore: Che mi sa dire sulle streghe fattucchiere janare

Nonna: e la casa è bacante ‘sta l’angelo ca ce uarda / e da capo a lo lietto stace sulo la Vergene Maria / sacce la corcata e non saccio l’aizata / ‘stanema a te me sia raccomandata si me   fa murì chesta notte no’ me fa murì de male morte / si me fai murì crai matina no’ me fa fa ‘na male fina / dimonio vattenne là c’a ‘sta’anima mia non’avè a che ce fa

Informatrice: Ti ricuordi quillo fatto che mi hai sempe raccontato delle janare /chi è che le  manna le janare / che so streghe / che so

Nonna: ma quere no’ stanno cresemate bbone / no’ teneno tutte le parole ditte

Informatrice: Lei così mi ha sempre raccontato / che non hanno tutte le parole giuste quando so state battezzate

Interlocutore: E che succede

Informatrice: Si scrivevano certe parole /quelle tu le sai mamma

Interlocutore: Potete parlare pure voi

Mamma: Queste janare ca dicevano erano nate giusto la mezzanotte di Natale/ allora se è una donna era janara, una strega, se un uomo e’ un lupo mannaro /l a tradizione che diceva pure mia nonna /cioè loro nascono in punto a mezzanotte di Natale e quando escono  diceno  escono nude perchè le persone che purtropo tengono queste parole mancanti / l’ho fatta pure io questa esperienza / le accusano di notte che vanno perché loro si trasformano come un vento

Nonna: la mezzanotte sulo ‘mpunt’a a la mezzanotte / a mezzanotte c’haia legge tutto coso sinò no’ ce riesceno

Mamma: Aspetta / mamma / queste qua’ dicevano ca si ungevano con l’olio / non so quanto tempo potevano tene’/e loro dopo che si ungevano queste cose si lanciavano dalla finestra da lu balcone dalla porta perché loro si diceva si trasformavano come un vento e quelle che lo sentivano il rumore è come un vento però / pecchè ‘sta leggenda si diceva che queste venivano mandate dalle persone / magari mi hai fatto il male allora io / come adesso che ammazzano / io per vendicarmi sapevo che questa persona era janara o strega e la mandavo da te / dice stanotte vai da una data persona e  ci venivano per tre notti di seguito /a me è successo / qua ‘ncoppa m’è succiesso / loro si mettono subito sulla pancia e non riesci a respirare / le loro mani te le senti che ti spingono che tu non riesci a liberarti / mio marito che si ricordava mi ha visto che la notte avevo gli incubi /dice che mi prendevo per le mani /solo chi sta accanto può vedere il gesto che tu fai / perché chiaramente poi non ti ricordi niente solo che hai avuto quest’incubo forte e non riuscivi a liberarti e non ti puoi alzare /quando lei se ne va e ti senti libera scatti completamente  sul letto / ti siedi perché ti sei tolto questo peso / io l’ho fatto proprio su mia esperienza

Interlocutore: vi ricordate che incubi

Mamma: Te l’ho detto / l’incubo che tu ti sentivi ‘sta persona che stava sopra di te che teneva le mani per non farti liberare /t u lo notavi proprio ‘sta cosa qua non è che è ditto pe’ ditto / ma a me mi è venuta / loro in graziando a Dio non ci’hanno sofferto mai io si /e poi lo dicevo alla mamma / la mamma diceva purtroppo queste v’hanno mandate

Interlocutore: E come avete risolto

Mamma: E poi mamma sapeva sta preghiera / questa preghiera la scrivevi e poi si metteva sotto il cuscino e questa dice avendo queste parole tramite Gesù di Dio lei andava via non ti faceva il male / poi si metteva la scopa dietro la porta e la falce puro quella che si mieteva il grano / doveva contare i peli della scopa e i denti della falce / lei passava ‘sto tempo e non aveva più tempo di venire da te

Nonna: quando passava a notte….

Mamma: Mamma sape fa lo malocchio / voi l’avete sentuto mica

Interlocutore: No no qual’è il malocchio / la preghiera  le testuali parole

Nipote: Parli della janara

Interlocutore: Si della janara
Nonna: Io quanno me vaco a corca / quanno stute la luce / o buò scrive / quanno stuto la luce ric primomane / Bonasera a l’angelo de la casa lo brutto se n’esce e lo bello ce trase / demonio vattenne là ca attuor’a me non ch’avè a che ce fa / da capo e da canto stai l’angelo ca ce varda / da capo a lo letto mio sta la Vergine Maria / saccio la corcata non saccio l’aozata / stanotte ti sia raccomandata / se me fai murì stanotte / no’ me fa murì  de’ male morte / si me fai murì crai matina / non me fa fa ‘na mala fina / Maronna bella  co la Vergine Maria e tutte l’angeli in compagnia.

Mamma: (Non traduce la preghiera della nonna ma dice lo scongiuro per allontanare la janara) A nome di Gesù il Nazareno, io ti scongiuro, dalla parte di Dio e ditemi che anima siete / nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo

Nonna: demonio vattenne là ca’ co’ l’anema mia non’avè a che ce fa
Mamma: Ripetere tre volte / e quando hai ripetuto per tre volte si dice Padre Nostro / Ave Maria alla persona che tentava di fare questa cosa qua’

Interlocutore: si scrive

Mamma: lo scrivi questo biglietto e lo mette sotto il letto di questa persona che è soggetta a questi incubi e non riesce a capire che cos’è / però anche se non è vero / uno che se lo scrive e se lo mette sotto al cuscino / sotto al materasso che non viene girato tutte le volte / sotto la federa del cuscino tanto non gli dai fastidio / se c’è una persona che purtroppo soffre di cose la notte

Informatrice: Lui voleva sapere le credenze della janara  perché è storia deve fare la tesi di laurea

Mamma: e’ storia / è questo qua’/

Interlocutore: quindi voi ci credete a queste cose

Mamma: Io ci credo si /io ho fatto sulla mia pelle l’esperienza di sta janara /poi il lupo mannaro  questa cosa qua’ non ti posso dire che ci credo però non è che non ci credo grazie a dio almeno non mi è successo niente/ ma la janara si

Interlocutore: Che cosa si racconta nel vostro paese / qualche leggenda

Mamma: Quello che si racconta addirittura di questa janara /addirittura veniva mandata anche i cavalli di notte / alle bestie

Informatrice: Per farli stancare e non farli lavorare il giorno dopo

Mamma: Questi cavalli si trovavano con la criniera tutta intrecciata / io questo non l’ho visto / mia nonna che ha avuto sti muli che lavoravano il terreno li trovavano con la criniera tutta intrecciata / sudati e li sentivano che facevano rumore facevano casino pecché tenevano sta bestia ‘ncuollo e loro poverini sudavano tutti quanti / ma sempre di notte non è che diciamo così si potesse scoprire di giorno / e prima ci si credeva se aveva paura come pure l’altra storia quando uno muore con l’incidente prima adesso grazie a dio non se ne parla / quando si moriva una persona con l’incidente lo chiamavano gli spiriti maligni/questa persona purtroppo finche’ non arrivava il tempo che doveva morire la sua anima andava vagando e qualcuno li vedeva / una volta si trasformavano in un agnellino in una volta in un bambino piccolino una volta di tutto poteva succedere / un maiale e una persona magari la vedevi  e diceva che a tale posto aveva trovato quella persona la si raccontavano tra di loro e si capiva che sta persona che avevano incontrato non era vivente ma era già morta / fin quando non arrivava il tempo che doveva morire grazie a dio di morte naturale l’anima loro andava sempre come la storia di Jack o’ lantern / diciamo cosi che dice che la sua anima va in giro chi ci crede e chi non ci crede / pero non da qua queste cose c’hanno creduto e tuttora adesso la gioventù ormai non ci crede più / pero i nostri nonni come pure mia mamma ci credevano / quando sapevano dove era morta questa persona avevano sempre paura di passare / perché poteva capitare  o è il terrore o è la verità / questo non so

Informatrice: Poi guarda che a Ariano qualcuno dice che so’ storie /e il fatto che la janara è mandata anche da donne che non so’ riuscite a stare con un ragazzo che sono state lasciate cosi via / e si dice che le manda la janara

Nonna: ripete la preghiera della sera che aveva detto prima ma invertendo le strofe

Interlocutore: traduzione

La mamma: (Traduce la preghiera della nonna ma non corrisponde tutta) Io mi corco in questo letto con Gesù sopra al petto / il corpo dorme, l’anima veglia / cade l’angelo e se la piglia / nel nome del padre la Madonna Addolorata i dodici apostoli i quattro evangelisti io mi abbraccio  con la croce di Gesù cristo / posto sona a letto e dico / quando verrà che devo morire vi dono il cuore e l’anima mia / dimonio vattenne là co chest’anima mia non ci’havè a che ce fa / da capo  do letto stai l’angelo rimpetto da capo e da canto stai Gesù e lo spirito santo / a fianco a lo lietto mio stai Gesù la Vergine Maria io ci mando la buona notte Maria pe la casa lo male esce e lo buono trase /  nonna mia queste preghiere qua erano di tradizione prima di andare a dormire che non gli succedeva mai niente / perché tanto c’era la guerra peggio di adesso / adesso è in un modo e anni fa era di un altro / queste so’ la preghiera / poi lei mamma canta o malocchio / la colica

Interlocutore: Sul malocchio la preghiera sul malocchio/ qual è la preghiera sul malocchio

Mamma: ricci la notte di natale jà

Nonna: La notte de Natale è nato no’ giglio / bella la mamma e bello lo figlio / demonio vattenne là ca’ stanima mia non ci avè a che fa mala quella via ca t’acconfrunti / truovi quiro co le ciglia jonde  / nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo quest’occhi se ne vanno / tre ti hanno tradito e tre ti hanno creduto / nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo /questo dolore ‘ncoppa ‘sti uocchi se ne va

Interlocutore: Questa è per il malocchio

Nonna: E la fa tre vote / cinque vote co la mancina / io tengo questa qua / ‘sta chiave antica / (continua con la cantilena e mostra una chiave)

Interlocutore: che cos’è

Mamma: è una chiave antica

Nonna: questa è pe’ la risibea / quando no’ mangia / quanno anchia / quanno gonfia
Interlocutore: quando

Mamma: quando c’è una frattura / c’è una frattura e dopo è normale che si gonfia / qua la chiamamo la risibile /

Interlocutore: Cioè che fa questa chiave

Mamma: E niente è una fede benedetta ci steva la benedizione di Dio/ e la usa pe incantà

Nonna: (La nonna cerca di spiegare ma non la comprendo)

Interlocutore: e cioè incantà che vuol dire

Informatrice: quando ha un gonfiore

Mamma: quando ha un gonfiore si / e incantà / è una preghiera / che ne saccio mo la traduzione

Figlia: è una preghiera per alleviare il dolore / o il gonfiore

Mamma: pecchè nei tempi la nonna sua

Nonna: (Vuole sapere se ho segnato)

Mamma: no ha registrato

Interlocutore: si si però vorrei la traduzione anche vostra

Mamma: di quale

Interlocutore: del malocchio che ha detto la signora

Mamma: allora / la notte di natale è nato un giglio

Informatrice: un figlio

Mamma: Ee è nato un figlio Gesù bambino / a notte di Natale ci è nato un giglio / bella la mamma bello lo figlio / mala quella via con cui ti confronti /trovi qui quelle ciglia jonde / hai capito / queste ciglia qua ci sono persone / che ce l’hanno tutte aggiunte / allora quelle la diceno che pigliano a occhio/ e po’ ti pigliano mal di testa / e po’ si fa quello il rimedio / medicine non ce ne stevano

Interlocutore: cioè quelle con le sopracciglia unite ti prendono a occhio

Mamma: si ti possono prendere ad occhio

Interlocutore: hanno queste capacità

Mamma: Hanno purtroppo chi lo sa / comunque devono avere le ciglia chiuse / va a quella via che tu affronti / trova a quello con le ciglia jonde / nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo quest’occhi se ne vanno / tre ti hanno tradito e tre ti hanno creduto come se fossero le persone della Santissima Trinita’/ nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo /questo dolore ‘ncoppa ‘sti uocchi se ne va / speriamo solamente che ti potimmo aiuta’

Figlia dell’informatrice: ci sta la credenza che quando esce sto scazzamauriello / è uno spiritello non si sa precisamente di che cosa / però tu devi acchiapparlo / lui ti provoca ti provoca e lui vuole che tu lo devi inseguire / e se tu riesci ad acchiappargli il cappello tu diventi ricco / ed è successo ad alcune persone non si sa se sono dei sogni oppure sono cose proprio accadute / se tu riesci ad acchiappare il suo cappello / persone sono diventate appunto ricche con delle casualità e hanno detto appunto si sono sognati o hanno incontrato questo essere che si chiama scazzamauriello / però non è una persona ma semplicemente uno spirito / lo spirito della fortuna diciamo / e tu devi acchiappare il cappello e ti porta fortuna / se invece non riesci ad acchiapparlo dici / e povero a te

Mamma: a riguardo di ‘sto Scazzamauriello

Figlia della nipote: ti è passata la fortuna sotto al naso e non sei riuscito ad afferlarla

Mamma: mi ricordo quando lo raccontava mia nonna sto fatto qua / dice che lei andava /quando si andava  prima con gli asinelli ci si metteva a cavallo / tenevano la sella e ci si metteva a cavallo a questi asine qua’/ allora quando andavamo in campagna questo l’aggio fatto prima /quando si andava in campagna ti mettevi a cavallo in giro sopra sta asinello qua / questa mia nonna diceva che mentre camminava sopra ‘st’asinello / ha visto un bambino piccolo / lei ha sceso da cavallo e ha preso questo bambino / l’ha portato in braccio per un bel periodo di tempo / dopo lei dice che ha detto questa parola / Madonna mia sei piccolo e così pesi / pecchè più stava ‘sto bambino e più li diventava pesante /sono piccolo e peso però sono uomo e tengo la barba / in poche parole dopo lei l’ha spaventata / da dentro le mani che ce l’aveva non se lo è trovato più questo bambino / perché queste cose qua’ sti spiriti sto scazzamauriello scompariva alle crocevie dove ci stava una strada / a visto come

Informatrice: Gli incroci

Mamma: Gli incroci / qui il detto nostro erano le crocivie / si trova la strada di la’ / la strada di qua’ e formavano la croce / adesso è incrocio / ma questi qua quando arrivavano a quel punto la’ loro sparivano

Interlocutore: Come mai non si sa

Mamma: C’era la croce di Gesu’ e la croce sconfigge tutto / logicamente questa era no poco indemoniata come la pantasma / la pantasma se /  logicamente quella trovava le parole dette di Gesù o dietro la porta le cose / se ne andava via / qua’ si credeva tanto tanto ai tempi miei / ai tempi di nonna poi / ma io mi ricordo piccolina / i racconti di mia nonna li ricordo tutti però adesso i problemi della vita ti fanno un po’ di cose magari li lasci e non li pratichi più / la milza si faceva / milza uno / milza due / milza tre / milza quattro / milza scappa / milza crepa / milza io ti incanto / e fatta a dritta / nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo questa milza io la ‘ncastro / si faceva sempre per tre volte /

Interlocutore: Quando la milza era gonfia cioè era malata

Mamma: Se tenevi ‘sto dolore /e sto dolore  il dottore diceva addirittura che si doveva operare / ma questo è successo ancora mo’ / la milza gonfia è fatta per tre mancanze /vuol dire la luna / hai fatto caso quando la luna è la crescente  / la luna calante

Interlocutore: no non ci ho mai fatto caso

Mamma: Quando la luna la vedi crescere e tutta rotonda / e finita la luna grande in cielo è finita la crescenza / quando incomincia come si chiama sto fatto / aiutame  / ca esce da qua

Informatrice: a sinistra

Mamma: E allora è mancanza / la vedi sera per sera questa luna che diventa sempre più piccola più piccola più piccola e finisce / ritorna a  fare la luna nuova che si chiama la luna nuova sul calendario / tanto lei sta crescendo e stiamo nella crescenza

Interlocutore: Cioè la crescenza sarebbe?

Mamma: La crescenza mettevano / era tradizione che qui si mettevano le piante / dei fiori / crescevano le piante da frutto che crescevano / tutte ‘ste cose qua / quando dovevamo lavorare da li campi / a seminare il grano / con la mancanza quando era la luna calente / che non cresceva si travasava il vino / si facevano / come vengono chiamati le cose dove si mettono a dimora le piantine dei fiori come si chiama la serra / si facevano queste piccole serre (semenzai) e si seminavano i pomodori prezzemolo sedano tutte queste cose qua / si mettevano con questa luna calante che stava diminuendo  sera per sera / non quando era la luna nuova che lei deve crescere / per quindici giorni cresce e quindici giorni ammanca la luna / noi se mi prendi lo calendario noi abbiamo la luna e un mese la luna / quindici giorni cresce e quindici giorni ammanca la luna / la luna crescente e la luna calante / allora quando incantavano queste cose qua si facevano con la mancanza

Informatrice: Vuoi sentire un’altra credenza / c’è una storia più o meno della janara

Interlocutore: si raccontatemela

Figlia: Si dice che la janara è colei che veniva concepita intorno il 25 marzo / e nasceva la mezzanotte di Natale / loro avevano i poteri magici e uscivano il martedi e venerdi / dalle 11 alle 3 di notte ed erano cosparse di olio magico / e si infilavano nelle case / e si ponevano sul petto di quelli che dormivano / e il rimedio contro queste janare era appunto  mettere la scopa dietro la porta cosi loro erano impegnate appunto a contare i peli della scopa e si distraevano / oppure disperdere del sale sotto il letto

Interlocutore: Ditemi qualcos’altro

Mamma: Una mia bisnonna / lei è nata la notte di Santa Lucia / a quell’epoca doveva chiamarsi Lucia ma la mamma non l’ha chiamata Lucia/ poi questa nonna è cresciuta è diventata grande e si è sposata / quando si è sposata si ammalò il primo figlio che lei teneva / lo portò dal dottore ma comunque erano tempi tristi e ‘sto dottore assolutamente non migliorava peggiorava / una notte si sognò la Madonna la Santa Lucia /  Santa Lucia la prese per le mani ma questo me l’ha raccontato veramente / la prese per le mani e disse / Vincenza Vincenza ma tu ti chiami Vincenza / ma non ti dovresti chiamare Vincenza ti chiami Lucia / ma io non te ne fazzo una colpa perchè non è provenuto da te /sono stati i tuoi genitori / pero io queste mani te le benedico perché tu te lo meriti / dove tocchi tu guarisci / ma lei veramente a quei tempi era nostra nonna ne abbiamo visti dei miracoli veramente / le gambe rotte i bracci le mani slogate e le metteva a posto con le sue mani / con le sue mani riusciva a guarire / mica se ne andava incontro a ‘no ortopedico chi te le deva cento anni fa / logicamente penso proprio nelle campagne come si steva / lei così è la sua storia / da quella notte che si sogno la Madonna / la Madonna che gli prese le mani e le disse / toccalo tu a tuo figlio che guarirà / e così ha fatto e questo mio zio non è morto più / ma a quei tempi questo bambino la avevano dato per spacciato / perché poi un dottore c’era e non si andava in ospedale almeno nel nostro paese

Interlocutore: Anche lei ha questo dono:

Mamma: Lei è la nipote io sono la franipote / lei dicimmo ha imparato dalla mamma come guarisce le persone

Interlocutore: Anche lei ha questo dono particolare

Nonna: Era mamma a mamma mia / v’haggio ditto / acconzava mano piede / l’uocchi / male sicco / la meveza / la risipela / le glandole

Mamma: comunque passa quanno ce le ‘ncanta / mo lei ce ‘ngementa / quanno moro io passa a te / pecchè io maggio imparato tutto ma mia sorella no anche mio fratello / io ci tengo a queste cose qua / ma anche se non fossero vere diciamo cosi se mo magari si corre sempre dal dottore per un mal di testa prendiamo l’aspirina è a posto

Interlocutore: quindi lei ci crede

Mamma: io ci credo e incanto il malocchio e la testa passa

Nonna: ‘ gioventù non torna / non torna cchiù.

 

Carmela Marino poetessa dialettale nuscana di franca molinaro

DSCN1542Sarà l’aria, sarà l’altitudine, cero è che a Nusco si respira un’atmosfera diversa dal resto dell’Irpinia. Già il linguaggio li distingue facendo del paese un enclave linguistico che nulla condivide col territorio circostante. Li contraddistingue quella “u” che sanno valorizzare come nessuno. Un’inflessione che potrebbe apparire dura, rozza forse, eppure è bellissimo ascoltarli o meglio ancora leggerli in versi. Già quest’anno, abbiamo avuto modo di parlare del dialetto nuscano avendo scelto di consegnare il premio alla memoria, in “Echi di poesia dialettale 2015” al poeta Agostino Astrominica. Il grande Agostino ebbe il merito, in tempi in cui il dialetto era additato come linguaggio da analfabeti, di pubblicare una silloge nel suo amato nuscano; oggi, dopo tutto il lavoro di questi anni, si comincia a guardare al linguaggio del popolo come a un patrimonio immateriale al quale bisogna guardare con amore  e rispetto. Ma torniamo al nostro nuscano, quest’anno, frequentando Nusco per via del Premio, ho avuto il piacere di incontrare un’altra persona che, sulla scia del maestro si è cimentata col linguaggio natio, è Carmela Marino. Carmela ha lasciato Nusco da giovane e oggi vive in Svizzera ma quando torna ha il verso pronto da dedicare, sempre più innamorata, al suo paese che inevitabilmente cambia.

“Quannu tornu a lu paisiellu / l’uocchi mii lu verunu chiù bellu. / Che spettaculu ‘stu funestu e ‘sti balcuni / stammu ‘mparavisu miezzu a ‘ sti fiuri. / M oca lu corsu ‘n’c’è ‘na novità: / li panarielli appisi, fiorita è ‘sta città! / Lu nuscanu è troppo ‘nciarmusu / atu ca Picassu e Guttusu; / ‘stu paesu è nu quadru quotatu / rimmi qualu artista l’ha pittatu. / Ra l’arcubalenu l’ha rubatu li culuri / e la bellezza e l’addoru ri ‘sti fiuri. / Paesu miu si nu dipintu raru / mi vantu ca ti songu paisanu.” 

In questi versi Cl’autrice ricalca inevitabilmente Astrominica in “Nuscu paesu miu” dove il poeta si guarda intorno dall’alto del colle e loda il mare verde che lo circonda, la bellezza delle vallate e l’amore inestinguibile che lo lega ai suoi luoghi. Ma Astrominica è pungente in più di un verso, una esplicita ironia scorre nei suoi scritti quasi a dipingere con tratti caricaturali i suoi compaesani, così anche Carmela si lascia prendere dal gusto della rima e dall’ironia:

“Antonietta si ‘ncuieta / che il marito fa l’atleta / e le gira un po’ la testa / quando vaci a la palestra. / Zompa corru e non si stanca, / lui lo fa per la sua anca. / Ca… che cazz… ci vai a fa / la finisci ri scascià: / ‘Ndunè mi sentu buono, / so’ migliorato… / sulu lu passu è peggiorato. “ (L’anca soia).

Carmela scrive anche in lingua, i suoi componimenti sono semplici e puri, di quella schiettezza che nulla ha a pretendere e si cimenta con la scrittura solo per il gusto di regalare un pensiero ad un amico o il sorriso quando ci si ritrova in compagnia. E’ questa schiettezza che noi della Grande Madre rincorriamo e incoraggiamo, non per dare diplomi da poeti ma attestazioni di stima a chi scrive con amore senza inorgoglirsi nelle sue competenze vere o presunte. Così apprezziamo in Carmela Marino il piacere della scrittura condivisa nella sua elementare sincerità, nel suo amore perla terra natia che le ha regalato quella curiosa parlata capace di rendere uniche le sue poesie.

FRANCESCA E I SOGNI di Ramona Viglione

 

sogni1Francesca, 55 anni, beneventana, segretaria di professione, svolge la sua attività di “veggente” con esperienze oniriche di tipo profetiche. Nei sogni le figure appartenenti alla religiosità cristiana le danno informazioni con precisi messaggi sui contenuti della realtà circostante. Attraverso il contatto con i Santi, gli spiriti dei defunti e la Madonna, il sogno diventa una porta d’ingresso che conduce Francesca alla conoscenza di un fatto destinato a verificarsi in tempi futuri, che sta avvenendo in quel momento, o che già è accaduto. I suoi sogni sono profetici, diagnostici, guariscono, ammalano o semplicemente spiegano condotte non accettate socialmente; essi hanno la funzione di essere d’aiuto in quanto rassicurazioni, avvertimenti e consigli utili, sia alla stessa Francesca che ai suoi familiari.

Il suo status di mediatrice tra il mondo invisibile e quello visibile trova ragion d’essere nella capacità di facilitare il cambiamento culturale prevenendo la disgregazione sociale: “Io cerco di cautelare gli altri, vedendo molto prima un fatto cerco di cautelarli”.

La capacità di “vedere” è vissuta da Francesca come un dono e manifestazione del divino:

  “sogno la Madonna, i defunti che mi vengono a dire cose che non conosco, ma loro già conoscono anticipatamente da anni e me le fanno vedere, infatti poi avviene tutto di quello che dico; … questa capacità secondo me è un segno della protezione, c’è un Bene che mi può far proteggere le persone accanto”.

Questa tipologia di sogno è anche una modalità di costruzione identitaria: nel sogno si possono avere degli incontri con diverse entità e questo può cambiare e indirizzare le relazioni e le decisioni nel mondo visibile. Il primo sogno, in cui è stata informata di quello che sarebbe poi successo, si colloca all’evento drammatico della morte della sorella in un incidente stradale:

 “In sogno venne mia zia e aveva una grande ferita aperta, dal mento al cuore. Io ero preoccupata e le chiesi cosa le avevano fatto e lei, venendomi incontro, mi disse “Non ti preoccupare per me. Il dolore che dovrai sopportare tu sarà più grande del mio petto aperto”. Mi disse quindi che avrei avuto un grande dolore, poi ne parlai a mia sorella e fu proprio lei a morire dopo poco tempo”.

Nel sogno allora diventa molto importante l’aspetto predittivo rappresentato dal contatto privilegiato con il mondo dei Santi o dei defunti (in questo caso la zia) che le “fanno vedere” ciò che accadrà nel mondo visibile. I sogni della Vergine o dei Santi vengono collegati anche ad alcune forme di guarigione:

“quando mia figlia era in ospedale, perché paralizzata da giorni alla gamba destra, sognai Padre Pio che le teneva la mano e mi disse che sarebbe stata di nuovo bene; mia figlia il giorno dopo miracolosamente ritornò a camminare”.

Francesca continua tutt’ora ad avere sogni rivelatori e, in veste di mediatrice, è la portavoce di messaggi che collegano la vita notturna e quella diurna, il mondo invisibile, popolato di visioni in sogno, con il mondo visibile. Il sogno è determinato sia culturalmente che individualmente: la dialettica si colloca tra la cultura che determina il sogno e il sogno individuale che determina la cultura. I sogni di Francesca quindi, si configurano in un orizzonte culturale popolato da entità religiose o “guide” che la informano, le permettono di influenzare e, a volte, modificare, i comportamenti individuali e collettivi.