I nostri dialetti. Una ricchezza da salvare di Carmen Fumagalli Guariglia del Ducato di Piazza Pontida
Apprendo con soddisfazione la notizia di una proposta di legge in Commissione Cultura della Regione Lombardia per la tutela della lingua lombarda. Lingua Lombarda nel senso di divulgare e salvare il proprio dialetto in tutte le sue forme e i suoi aspetti incominciando con l’imparare a leggere e a scrivere in modo corretto la propria lingua. Un patrimonio lasciato dai nostri padri e tramandata per lo più oralmente e che ha visto la sua evoluzione nel tempo, grazie ai vari studiosi che ci hanno dato la capacità di poterla studiare ed impararla allo stesso modo della lingua italiana, lasciandoci tutti gli strumenti in grado poterla definire una vera lingua propria. La propria lingua Madre!(E in questo contesto parlo della mia.)
Difatti, già corredata da una corposa grammatica e diversi Vocabolari, grazie al Ducato di Piazza Pontida, ultimamente si è arricchita di un altro gioiello: Un Vocabolario composto da due volumi: Bergamasco-Italiano e Italiano-Bergamasco (curato dall’eccellente poeta e studioso Carmelo Francia da poco scomparso, in collaborazione con Emanuele Gambarini) che, proprio per aiutare e comprendere meglio il nostro dialetto , ha dato alle stampe e ora, sono la guida anche per la scuola di dialetto che da parecchi anni viene proposta sempre dal Ducato e seguita dai cultori e dagli appassionati della nostra lingua.
Tale proposta, volta a garantire un regime di bilinguismo tra la lingua nazionale e quella regionale, va incontro a quanto chiede ormai da decenni la Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie e agli appelli dell’UNESCO, che nel suo Atlante Mondiale delle Lingue in Pericolo inserisce anche i dialetti, i quali spero che finalmente vedano l’importanza del loro studio anche nelle scuole dove vengono gradite altre lingue senz’altro importanti, ma abbandonata come cosa inutile quando si parla e si mette in evidenza la nostra lingua madre, che per ognuno dovrebbe essere la vera “carta d’identità” e a quanto, in sostanza, tutto questo è già attuato in altre regioni italiane.
Inoltre la Cultura è un patrimonio inestimabile e il dialetto ne fa parte a pieno titolo, non essendo come si vuol far credere una sottolingua o una corruzione della lingua nazionale; è una lingua autonoma come ho già detto con la sua grammatica, la sua sintassi la sua interessantissima e vasta etimologia. Così come è sbagliato il concetto che sia il giullare delle lingue; quello col quale ridere, raccontare barzellette o quello usato solo per commedie dialettali, senza soffermarsi a pensare che la nostra Lingua Madre è stata ed è ancora, espressione di preghiere, di dolore, di cultura, di conoscenza, di tradizioni (non soltanto contadine). Conoscere il dialetto e impararne tutte le sue diversità diventa un arricchimento linguistico senza pari e l’Italia che vanta una delle più grandi diversità linguistiche del continente europeo: il lombardo, il piemontese, il veneto, il ligure, l’emiliano-romagnolo, il sardo, il friulano, il napoletano, il siciliano, il ladino (per citare solo le lingue più diffuse), patrimoni di inestimabile ricchezza, che appartengono a tutta la comunità , non mi sembra giusto che, a causa di un’idea di “progresso” che si è rivelata essere solo omologazione, lasci che queste lingue siano a rischio di estinzione. Salvarle, per poterne trasmettere questa ricchezza alle generazioni successive, è nostro dovere. Auguro dunque che questa importante iniziativa venga accolta non da un solo partito ma da tutti quanti, in modo da dare respiro e continuità alle nostre “parlate” Valori comuni della terra delle nostre piccole patrie e che, insieme, formano l’Unione.
Concerto dei Soul Singers per padre Lodovico Acernese
di franca molinaro
Domenica 24 gennaio, nella Chiesa Parrocchiale “Maria SS Annunziata” di Pietradefusi, il concerto di musica sacra offerto dall’ensemble “Soul Singers”, ha dato il via alle manifestazioni nell’ambito del centenario della morte di Padre Lodovico Acernese. Serata ricca di emozioni, con il patrocinio della Parrocchia Arcipretale Maria Santissima Annunziata, il Comune di Pietradefusi col sindaco Giulio Belmonte, le Suore Francescane Immacolatine, il Comitato per i festeggiamenti: Antonio Troisi, Florindo Cefalo, Politano Fabio, Armando Santoro ed altri, il Centro di ricerca tradizioni popolari “La Grande Madre” presente in Pietradefusi con una sua sezione. “Sembrava di essere in paradiso” ha affermato la Madre Superiora, concorde il parroco don Claudio Moffa nel chiedere il bis del brano più bello. Serata di gran successo considerato il bagno di pubblico proveniente anche dai paesi limitrofi e lo scroscio di applausi reiterati ad ogni pezzo eseguito. Il gruppo dei Soul Singers è composto da sei giovani professionisti: Soprani, Giuseppina Perna e Serena Trombetta, Mezzosoprani, Desirèe Borghi e Antonella Trombetta, Tenore, Giuseppe Grieco, Basso, Emanuele Di Vito. I giovani cantores hanno interpretato con anima e cuore i brani più belli della musica sacra, onorando il ricordo di padre Lodovico, frate perfettamente in linea con lo spirito di questi ragazzi e del Centro “La Grande Madre” che ha sollecitato l’evento. Così padre Lodovico, dai suoi cieli di gloria ha potuto benedire le voci di questi angeli, col cuore gonfio di emozione, hanno regalato momenti altissimi di musica e canto, di gioia trasmessa attraverso le vibrazioni e le modulazioni della voce dolce, possente, melodica, calda. E’ nota l’affermazione di Sant’Agostino secondo cui “Chi canta prega due volte” e sicuramente questo è un modo straordinario per avvicinare credenti e profani alle altezze delle beatitudini. Il concerto si è articolato in due momenti, la prima parte è stata protagonista la musica classica: “Zum Sanctus” scritto da Schubert nel 1826 per la “Deutsche Messe”; “Madre Santa del Redentore”; “Gesù pane di vita” armonizzazione di Bach del 1700; “Dolce sentire” composta da Riziero Ortolani nel 1972, il testo è una preghiera di ringraziamento a dio e riprende il “Cantico delle creature” scritto da San Francesco intorno 1224; “Oh Sacrum Convivium” il testo attribuito a San Tommaso D’aquino, è l’antifona al Magnificat dei secondi vespri nella solennità del Corpus Domini; “Ave Maria Arcadelt” del 1527; “Sei tu signore il pane”; “Ubi Caritas” testo dell’ottavo scolo di Paolino da Aquileia; “Lode all’Altissimo”, testo tratto dalle lodi al signore di San Francesco d’Assisi; “Madre fiducia nostra”; “Ave Maria” di Gomez; “Ave Verum Corpus” di Mozart, scritta nel 1791; amazing grace inno cristiano del 1831 tratto dalla lettera di san paolo agli efesini. Magnifica anche l’interpretazione di brani moderni tratti dalla tradizione in lingua inglese: Can you fell the love tonight; Imagine; You raise me up; Can’t help falling in love; J will follow him; Oh when the saints go marching in; Amen; Halleluja; Good night sweetheart.
Padre Lodovico Acernese, religioso, filosofo, poeta, fondatore delle “Suore Francescane Immacolatine di Pietradefusi” è una figura straordinariamente attuale rivisitabile attraverso le parole del nuovo Papa Francesco ma prima di tutto attraverso il grande Patrono d’Italia che tanti secoli addietro cantava le meraviglie e il rispetto delle creature della Grande Madre e Sorella Terra, la bellezza degli astri del cielo, l’umiltà e l’amore per i poveri; cantava la gioia della vita dono del Creatore, vestiva la semplicità e aveva a cuore i bisognosi. Così padre Lodovico nelle sue opere e con la sua vita travagliata, a volte contrastata, fu esempio di umanità e santità fa contemplare in questi tempi tristi e senza pace, senza rispetto per la Natura nostra madre corporale. Nel corso dell’anno andremo a scoprire, passo dopo passo, i vari volti del sant’uomo presente tra l’altro nella “Storia della poesia Irpina” di Paolo Saggese.
Francesco Roccia e il caso di San Mercurio d’Eclano di franca molinaro
Secondo quanto scrivono gli agiografi locali, nell’anno 768 d. C., un corpo di un certo Mercurio martire, per volere del principe di Benevento Arechi, veniva traslato da Quintodecimo alla capitale del ducato beneventano. Ma a quei tempi, per apportare prestigio a uno stato occorreva una reliquia di gran fama, fu così che il principe ben pensò di travisare l’identità approfittando dell’omonimia del suo martire, già indicato al 26 agosto nel Martirologio Geronimiano come eclanense, con un altro ben più famoso, San Mercurio Martire di Cesarea di Cappadocia. Era questi un santo molto amato in oriente intorno al quale si erano create diverse leggende; pare che fosse giunto al grado di generale dell’esercito quando si ricordò di essere stato battezzato nella fede cristiana, allora si rivelò all’imperatore che ordinò la sua persecuzione. Le sue piaghe sanguinose furono risanate per ben tre volte da un angelo, allora Mercurio fu inviato nella sua patria, in Cappadocia, a dorso d’asino dove fu decapitato. Si narra ancora che cento anni dopo, apparve in battaglia e uccise l’imperatore Giuliano che combatteva i Persiani ma perseguitava i cristiani. Un bel curriculum dunque, per una reliquia il cui scopo era quello di rendere splendore agli occhi dei regni confinanti. Arechi, machiavellico principe, lungimirante ed eccentrico, seppe creare a suo favore la storia del suo martire santo oggi sepolto nella cripta di San Guglielmo a Montevergine. Secondo la credenza comune le spoglie del Mercurio di Montevergine sarebbero quelle di San Mercurio di Cesarea ivi giunto dalla Cappadocia a seguito dell’imperatore Costante II. La cattiva interpretazione dei codici greci, voluta da Arechi II per motivi storico-sociali, si è perpetrata nei secoli e poco sono valsi gli scritti di agiografi importanti per risanarlo e rendere merito al martire eclanese omonimo dell’orientale Mercurio. Recentemente, Francesco Roccia, giovane studioso di origini irpine, nutrendo perplessità su quanto la tradizione locale affermava, ha condotto uno studio accurato sui documenti storici di entrambi i martiri. Di grande supporto sono stati due insigni studiosi di agiografia cristiana, P. Hyppolyte Delehaye S. J. e Stéphane Binon, in particolare il primo definito “principe degli agiografi del XX secolo” ovvero il bollandista che ha insegnato il corretto metodo di studio agiografico. Al di là della tradizionale ricerca storico-filologica, il padre gesuita Delehaye, si avvalse dello studio di archeologia cristiana e codicistica. Mettendo a confronto testi anche moderni, il Roccia è giunto alla conclusione che il santo martire eclanese è originale irpino, come peraltro già affermato proprio dal Delehaye e dal Binon e non solo, sebbene null’altro si può dire di lui considerato che la sua identità fu volutamente affossata.
E ciò non fosse altro perché le reliquie del martire di Cesarea di Cappadocia si trovano ancora in Oriente venerate in particolare dai copti. Questa importante rivelazione non deve sminuire il valore del santo irpino, tutt’altro, sostiene l’autore, è un’occasione per rivisitare con orgoglio questa figura del nostro territorio. Il Roccia non è un novellino a questi studi. Magistrato onorario, dal 2000 è sulle tracce della storia sacra dell’Irpinia, esordisce infatti con il Dizionario dei santi irpini “Storie di santità in Irpinia”, Edizioni Delta3, in cui traccia i profili di quasi tutti i santi venerati nella provincia avellinese. Da allora l’autore ha proseguito i suoi studi di archeologia cristiana e approfondito quelli di agiografia interessandosi in modo particolare dei martiri storici, quali S. Euplio di Catania, S. Potito per citarne alcuni, e dei c.d. “Corpi Santi”, tutte quelle reliquie, venerate spesso con nomi simbolici in tanti luoghi, provenienti dalle catacombe romane e non necessariamente appartenenti a martiri. Ve ne sono ovunque, a volte dimenticati in qualche teca polverosa, altre volte tenuti in gran considerazione, al Roccia nulla sfugge e conduce i suoi studi tra catacombe, chiese e cripte, spesso direttamente nel cuore della cattolicità, Roma, ed in istituti pontifici.
La fascinazione in Lucania di Gerardo Nardozza
Gerardo Nardozza di Rionero in Vulture (PZ) ha pubblicato di poesia e un saggio che raccoglie fatterelli, canti, preghiere e formule per il malocchio. Scrive testi teatrali dialettali e che porta in scena curando anche la regia con l’Associazione di cui è fondatore, nata con lo scopo di rivalutare il dialetto e conservare gli usi, costumi e tradizioni. Nell’ultimo decennio ha partecipato a diversi premi di poesia ottenendo ottimi riconoscimenti ed è presente in varie antologie.
Nel 2012, dopo anni di lavoro vede la luce il testo etnografico che rappresenta un interessante documento per la ricostruzione delle tradizioni campane, “Fatt’ e fattariedd, Preghiere, canti, malocchio… r’ la gend’ r’ Ar’niur'”. Il suo è un lavoro sul campo con regolari interviste per la maggior parte a contadini e artigiani. Le persone intervistate hanno una età media di 70anni, maschi e femmine. Il libro è diviso in quattro capitoli: 1° capitolo: storie realmente accadute nelle famiglie degli intervistati o di loro conoscenza; 2° capitolo: Preghiere e storie dei santi apprese dai genitori; 3° capitolo: Il malocchio o l’affascina, in cui le intervistate sono solo donne. Su questo capitolo c’era da lavorare molto in quanto si sa che esistono formule per scacciare il malocchio, ma altre formule per le fatture. In questo caso l’autore ha trovato grosse difficoltà per reperire formule relative alle fatture così si è limitato al malocchio in tutte le varianti reperite, è di questo capitolo che parliamo in questo frangente; 4° capitolo: racchiude canti poesie filastrocche ninne nanna e detti.
“Quando si parla di formule magiche si può pensare al profano ma fanno parte della “ medicina popolare e terapia del dolore ”, che hanno sempre una base di religiosità segno di grande devozione verso i Santi.
Tali formule sono spesso segrete e note solo a pochi e le
“ rimedianti ” o le “ guaritrici ” non sono persone dotate di speciali poteri, loro le hanno apprese da altri, nella maggior parte da donne, ma non bastava conoscerle, bisognava recitarle in chiesa la notte di Natale per ottenere quel particolare “ potere ”.
Per ogni patologia c’era un rimedio come vedremo. Suggestione? Non sono in grado di dare una risposta, so solamente che dopo l’intervento del “rimediante” il male passava.
Qualcuno dice che l’« Affascina » è il potere di trasmettere una malattia o il potere di far arrestare la crescita a qualcosa di suscettibile di sviluppo.
Vi era una regola che veniva rispettata, quando si pronunciava una espressione di ammirazione nei confronti di una persona o di un animale, si diceva “benedica” per evitare che attaccasse l’« Affascina ». Apprestandosi ad un’aia, ad una cantina, al frantoio si usava dire “ Sànd’ Martìn’ ”, mentre dall’altra parte si rispondeva “ Sèmb’”; era una forma di buon augurio.
Quando nel periodo natalizio si facevano le cosiddette pettole, prima di iniziare a friggerle si preparavano con la pasta una o tre croci e si appendevano al muro; quando si preparava il pane, mentre si segnava con le mani la croce, si era soliti dire : Crisc’ crìsc’… Crìsc’ crìsc’…Crìsc’ crìsc’…e inoltre quando si faceva ritorno dalla Chiesa passando o entrando in una casa si diceva : Gès’ Crìst’, mentre l’altra persona rispondeva: Sèmb’… Superstizione?”
In qualsiasi pratica contro il malocchio, la rimediante apre sempre con un segno di croce.
P’ LU MÀL’ R’ CÀP’
( Per il mal di testa)
Duj ucch’ t’àn’ offes’,
trè Sànd’ t’àn’ salvàt’,
Sànd’Ann’, Sànda Lèn’ e Sànda Marìja Matalèna
ca lu brutt’ s’ n’ vàj e lu bùn’ rèst’.
Ndò lu nòm’ r’ la Sandiss’ma Tr’n’tà
famm’ uàrì stu malucch’.
Due occhi ti hanno offeso,
tre Santi ti hanno salvato,
Sant’Anna, Santa Lena e Santa Maria Maddalena
che il brutto se ne va e il buono resti.
Nel nome della Santissima Trinità
fammi guarire questo malocchio.
Recitare un Padre Nostro, un’Ave Maria e un Gloria.
La formula va ripetuta per 9 volte ed ogni volta quando si inizia bisogna fare tre segni di croce sulla fronte della persona affascinata e alla fine recitare le preghiere.
La “rimediante” riesce a capire di quale sesso è la persona che ti ha affascinata.
Se sbadiglia mentre recita il Padre Nostro sei stato affascinato da un maschio, se mentre recita l’Ave Maria da una donna, se sbadiglia durante tutte e due le preghiere da più persone.
Altre versioni
Dòj t’àn’ aducchiàt’
e tre Sànd’ t’àna aiutà,
a nòm’ r’ lu Pàdr’
r’ lu Fìgl’ e r’ lu Spìrd’ Sànd’.
Nun t’aiùt’ cumm’ a figl’ mij
ma cumm’ a figl’ r’ Marìj,
sc’catta malucch’
e cr’scìja bonucch’.
Due ti hanno adocchiato
e tre Santi devono aiutarti,
in nome del Padre
del Figlio e dello Spirito Santo.
Non ti aiuto come figlio mio
ma come figlio di Maria,
schiatti il malocchio
e cresca il buon occhio.
Trèj t’àn’ affascinàt’
ch’ gli ucch’, ch’ lu còr’ e ch’ la mènd’.
Trèj t’àna aiutà,
Lu Pàdr’, lu Figl’ e lu Spìrd’ Sànd’.
Tre ti hanno affascinato
con gli occhi, con il cuore e con la mente.
Tre ti devono aiutare,
il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Ripetere per 3 volte e ogni volta recitare un Pater, un’Ave e un Gloria alla Ss. Trinità.
Sòp’ a nu sir’till’
ngè na vacca e nu v’till’,
cumm’ tu crìsc’ lu figl’
tu crìsc’ pùr’ lu figl’ mìj (se maschio)
tu crìsc’ pùr’ la figlia mìja ( se femmina)
Sopra un monticello
c’è una mucca e un vitello,
come tu cresci il figlio
tu cresci anche mio figlio
tu cresci pure la mia figlia.
Va ripetuto per 9 volte e ogni volta un’Ave alla Ss. Trinità
– Segno della croce
– 1 Gloria Padre
– 1 Padre Nostro
– 1 Ave Maria
Sòp’ na muntagnella
stàj na vacca e na vuv’tella,
la vuv’tella pascìja
e sta bella figliòla cr’scìja ( se il paziente è donna)
e stu bèll’ uagliòn’ cr’scìj ( se il paziente è uomo)
Trèj l’àn’ affascìnat’,
l’ucch’, lu còr’ e la mènd’.
Trèj l’àna aiutà,
lu Padr’, lu Figliùl’ e lu Spìrd’ Sànd’.
Sopra una montagnella
c’è una mucca e una vitella
la vitella pascolava
e la bella figliuola cresceva
(o, il bel figliuolo cresceva).
Tre l’hanno affascinato
l’occhio, il cuore e la mente.
Tre lo devono aiutare,
il Padre, il Figlio e lo spirito Santo.
(Mentre si recita la formula, sulla fronte si fa il segno della croce con le dita.
Il rituale va ripetuto per tre volte o sei o nove in base alla entità del malocchio.
Alla fine si lecca la fronte e quasi si sputacchia per scacciare il dolore e con la mano si cerca di allontanarlo)
Cummara ndò vu scì a sènd’ la Mess’ la Pasqua o lu Natàl’?
Pìgl’ stu fasc’ e mìn’l’ abbasc’.
Comara, dove vuoi andare ad ascoltare la Messa la Pasqua o il Natale?
Prendi questo fascio e buttalo giù.
Si ripete per 9 volte divise in 3 tappe. Ogni 3 volte che si pronuncia la formula si fa il segno di croce e si recitano un Pater, un’Ave, un Gloria.
QUANDO UN BAMBINO HA IL MALOCCHIO
Trè lèngh’ t’àn’ offes’,
tre ucch’ t’àn’ difès’,
Sànd’Ann’, Sànda Lèn’ e Marìja Matalèn’.
Gloria Patri, Figliùl’ e Spìrd’ Sànd’.
Tre lingue ti hanno offeso,
tre occhi ti hanno difeso,
Sant’Anna, Santa Lena e Maria Maddalena.
Recitare 1 Padre Nostro, 1 Ave Maria, 1 Gloria alla Ss. Trinità.
Questo va ripetuto per 3 volte.
Altra versione
Ucch’ e contr’ucch’
pozza sc’cattà quìr’ ucch’
ca t’ha p’gliàt’ arucch’.
Occhio e contr’occhio
possa schiattare quell’occhio
che ti ha affascinato.
Ripetere per 9 volte ed ogni volta recitare un Pater, un’Ave, un Gloria.
LU NÌRV’ NGRAVACCAT’
(Per lo strappo muscolare)
uj sìm’ trè verginell’,
n’ vulìm’ mar’tà,
stu nìrv’ ngravaccat’
s’adda scravaccà.
Noi siamo tre verginelle,
ci vogliamo maritare,
questo nervo accavallato
si deve scavallare.
C’è bisogno di tre sorelle signorine e tre fusi che si lavora la lana. Questo si poggia sulla parte dolorante e si recita la formula.
La formula si ripete per 3 volte e per 3 sere, ogni volta si recita un’Ave alla Vergine Maria.
P’ LU MÀL’ R’ PÙZ’
(Per il dolore al polso)
Dòj zitell’ sìm’,
marità n’ vulìm’,
stu nìrv’ ngravaccàt’,
scravaccà lu vulìm’.
Due zitelle siamo
maritare ci vogliamo,
questo nervo accavallato,
scavallare lo vogliamo.
Si devono prendere due fusi e agganciarli tra di loro; due zitelle li tengono poggiati su polso in modo da creare una croce e la formula va ripetuta per tre volte.
LU SÀNGH’ SC’CANDÀT’
(Lo spavento)
La persona ha paura di tutto.
Per conoscere l’entità del male, la guaritrice con una cordicella misura l’altezza e l’apertura delle braccia del paziente. Se le due misure combaciano non è nulla di preoccupante, se c’è differenza addirittura si riesce a stabilire da quanto tempo si è soggetto a quel malanno.
Si fa il segno di croce su tutta la persona, si pronuncia il nome e quindi la formula:
Sandiss’ma Tr’n’tà,
fa uarì stu sangh’ sc’candàt’,
fa ca sta pàur’ sìst’
quand’ jè stàt’ Crìst’ in sepoltùr’.
Santissima Trinità,
fate guarire questo sangue impaurito,
fate che questa paura duri
quanto è stato Cristo in sepoltura.
Si recitano 9 Pater, Ave, Gloria alla Madonna di Viggiano e 9 Pater, Ave e Gloria alla Ss. Trinità. Il rituale va ripetuto per ben 9 volte dalla mezzanotte alla mezzanotte con la persona affetta e per altre 9 volte la “rimediante” dovrà ripetere le preghiere da sola sempre dalla mezzanotte alla mezzanotte.
LA R’S’BBELA
(La erisipela)
Si rossa cumm’ na rosa,
pùng’ cumm’ na spìna
fùsc’ fùsc’ rus’bbèla
ca t’accongh’ l’argentèra.
Sei rossa come una rosa,
pungi come una spina
fuggi fuggi risipola
che ti “ procuro” l’argenteria .
Un Pater alla Ss. Trinità ca adda fa uarì sta infermità
( che deve far guarire questa infermità)
Si ripete per 9 volte e si recitano 9 Pater alla Ss. Trinità
Si riconosce per l’infiammazione della pelle, mentre si recita la formula bisogna avere tra le mani una moneta d’argento e strofinarla per tutto il corpo
Questo tipo di “ malattia” si riconosce perché fa gonfiare la persona affetta.
Altra versione
Si rossa cumm’ na ciràsa
pùng’ cumm’ n’ardìch’
fùsc’ fùsc’ rusibbèla
ca t’accongh’ l’argentèra
Sei rossa come una ciliegia
pungi come una ortica
fuggi fuggi risipola
che ti “preparo” l’argenteria
Accongh’, termine intraducibile. Dal senso della frase ho cercato di tradurre con due parole più appropriate al testo.
LU MAL’ R’ PANZ’
(Mal di pancia)
Sànd’ Martìn’ ra Ròm’ v’nìj
tutt’ mudd’ ca chiùvìj,
vattìv’ a na casa pùvrella
ca mangiàv’n’ focaccia ch’ sardèll’.
Lu marìt’ lu vulìv’ fa r’parà
la m’glièra nun vulìv’,
la nott’ lu ngàs’ lu màl’ r’ vèndr’
sott’acqua e sòp’ sal’mènd’
fa passà stu màl’ r’ vèndr’.
San Martino da Roma arrivava
tutto bagnato perché pioveva,
bussava ad una casa poverella
mentre mangiavano focaccia con sardelle.
Il marito voleva farlo riparare
la moglie disse di no,
la notte gli viene un mal di pancia
sott’acqua e sopra sarmenti
fate passare questo mal di ventre.
Si recitano 3 Gloria, 3 Pater, 3 Ave Maria facendo contemporaneamente la croce sul ventre.
Oppure si recitano 9 Pater, 9 Ave e 9 Gloria a San Martino. Le preghiere sono minimo 3 e multiplo di 3.
Altra versione
Sànd’ Martìn’
ra Ròm’ v’nìj,
a càs’ d’ pòv’r’
jè sciùt’ a alluggià,
ha truwàt’ na fèm’na amàr’
e n’òm’n’ dòc’.
Sott’acqua
e sòp’ sàl’mènd’
fall’ passà stu màl’ r’ vèndr’.
San Martino / da Roma veniva, / a casa di poveri ha alloggiato, / ha trovato una donna amara / e un uomo dolce. / Sotto acqua / e sopra sarmenti / guarisci questo mal di ventre.
Ngànd’ e ngantucch’
la pànza vuzz’ vuzz’,
sott’acqua e nsòp’ sal’mènd’
pòzza passà stu màl’ r’ vèndr’.
ncanta e incanta occhio
la pancia bozzo bozzo
sott’acqua e sopra sarmenti
possa passare questo mal di ventre
L’ AMORAGGIJA
( Per l’emorragia )
Firm’t’ sangh’ nun t’allargà
Gès’ Crìst’ fu flagellat’
a la colonna fu attaccat’,
Maronna r’ Viggian’,
fa firmà sta frana.
Fermati sangue non ti allargare,
Gesù Cristo fu flagellato
alla colonna fu legato,
Madonna di Viggiano,
fate fermare questa frana.
Si recitano 9 Pater, 9 Gloria e 9 Ave alla Madonna di Viaggiano c’adda fa firmà sta frana
I PAPP’L’
(I vermi )
I Papp’l’ (ossiuri) sono minuscoli vermetti bianchi, filiformi, che si creano nella pancia del bambino.
Cumm’ s’ secch’ l’agl’
r’acchssì s’ secch’n’ i vìrm’.
Come si secca l’aglio
così si seccano i vermi.
Si prendono 9 spicchi d’aglio e si mettono sotto il cuscino del bambino. Ogni sera si prende uno spicchio, si pulisce e la “rimediante” fuori casa ripete per ben 9 volte la formula . Si recitano ogni volta 3 Pater e 1 Credo alla Ss. Trinità c’adda fa murì sti vìrm’ ( per far morire i vermi)
Altra versione
Papp’l’ ùn’, papp’l’ dùj, papp’l’ trèj, papp’l’ quatt’, papp’l’ cìngh’, papp’l’ sèj, papp’l’ sett’, papp’l’ ott’, papp’l’ nòv’, sc’catta vèrm’ ra lu còr’.
Recitare 1 Padre Nostro alla Ss. Trinità p’ fa uarì sta infermità.( Per far guarire questa infermità)
MÀL’ R’ARCH’
( Male d’arco )
Negli anni scorsi quando non tutte le case erano provviste di bagni, si andava fuori per i propri bisogni, se c’era l’arcobaleno non bisognava mai mettersi di fronte e guardarlo perché faceva orinare giallo e nello stesso tempo la persona diventava pallida da star male.
Mal’ r’àrch’ mo t’ pass’,
sott’ a l’acqua ij t’ lass’.
( Formula che doveva essere ripetuta passando vicino 3 fontane)
Màl’ r’àrch’ pass’
e màl’ r’àrch’ lass’…
(Formula che veniva ripetuta attraversando 3 archi)
Male d’arco ora ti passa
sotto l’acqua io ti lascio.
Male d’arco passa
e male d’arco lascio.
La persona affetta da questo “male” attraversando le 3 fontane e i 3 archi deve essere sempre da solo e mai salutare le persone. Il rituale va ripetuto per 9 sere recitando 1 Credo per ogni arco e 1 Pater, Ave, Gloria per ogni fontana.
Altra versione
Arch’ e sànt’àrch’
bell’ giòv’n’ e bell’ fatt’,
chi t’ vèr’ e nun t’ salùt’
lu culòr’ lu tramùt’.
Arco e sant’arco
bel giovane e bello fatto,
chi ti vede e non ti saluta
il colore lo tramuta.
FUCH’ MÙRT’
(Fuoco morto )
Si riconosce dal formarsi sul corpo di bolle scure (verrucole). Molto fastidiose perché provocano prurito, scompaiono solo dopo la fuoriuscita del liquido creando la crosta.
Tu pastòr’ appicc’ st’ fùch’
tu appicc’ e ij stùt’,
terra lavori valle scura,
sta pella cotta diventa scura .
In nome dell’Eterno Padre
lèva st’ fuch’ che ha pigliàt’.
Tu pastori accendi il fuoco
tu accendi e io spengo,
terra lavori valle scura
questa pelle cotta diventa scura.
In nome dell’Eterno Padre
togli questo fuoco che è acceso.
Ripetere per 9 giorni. Recitare 9 Pater, 9 Ave, 9 Gloria al Padre Eterno.
Altra versione
Tu pastor’ appicc’ st’ fuch’
tu appicc’ e ij stùt’,
terra lavori valle scura
sta pella cotta diventa scura.
Lu Padratèrn’ fàc’ turnà
bella e rossa cumm’ a prìm’.
Tu pastore accendi il fuoco
tu accendi e io spengo,
terra lavori valle scura
questa pelle cotta diventa scura.
Il Padreterno faccia tornare
bella e rossa come prima.
LA PISTA CÀN’
( La pista del cane )
Sànd’ Vit’ r’ la Cunegna, Sànda Crescenza r’ Mund’m’lòn’,
Sànd’ Vit’, Sànda Crescènza, Sànd’ Murèst’
facìt’ lu uastafèst’.
Sànd’ Vit’ nun t’ mett’ pr’mùr’,
famm’ uàrì stu criatùr’.
Sànd’ Vit’ mart’r’, Sànda Crescènza Verg’n’,
Pizzicannina Pizzicannina.
Sànd’ Vit’ ca l’anduvìna
e ròp’ adduv’nàt’,
voless’ pàat’.
Nel nome r’ la Sandissima Tr’n’tà, fa uàrì sta pl’nìja p’làta.
San Vito della Cunegna, Santa Crescenza di Montemilone, San Vito, Santa Crescenza, San Modesto fate il guastafeste, San Vito non ti metto premura, fammi guarire questa creatura. San Vito martire, Santa Crescenza Vergine, Pizzicannina, Pizzicannina. San Vito che l’indovina e dopo indovinato vuol essere pagato. Nel nome della Santissima Trinità, fai guarire sta ….
1 Salve Regina alla Ss. Trinità.
S.Vito alcuni lo dicono lucano, ma la “Passio” leggendaria del VII secolo lo dice siciliano. Rimasto orfano della madre, fu affidato ad una nutrice, Crescenzia e poi al pedagogo Modesto. Considerato un taumaturgo, è invocato contro l’ epilessia e la corea che dà movimenti incontrollabili, per questa detta “ballo di San Vito”, invocato anche contro l’insonnia e la catalessi; contro i morsi dei cani rabbiosi e l’ossessione demoniaca.
Protettore dei muti, dei sordi e dei ballerini.
MÀL’ VÌND’
Le persone “possedute” non dovrebbero lavarsi, uscire di casa, andare in chiesa, insomma vivere in un ambiente disumano affinchè l’anima che hanno dentro non sentendosi a suo agio decide, anche con l’aiuto delle preghiere, di trovare altra persona. Ognuno di noi, per chi crede, ha un proprio destino, nascita, vita e morte, stabilita da Qualcuno, ma se qualcosa avviene prima, come nel caso della morte per omicidio o suicidio, l’anima vaga fino a quando era stabilito il giorno e cerca di sollevarsi nelle persone viventi.
Fusc’ fusc’ vìnd’ trìst’
a la malòra sìt’ v’nùt’
a la bonòra v’ n’ sciàt’.
Jèr’ mègl’ la vìja ca avìt’ lassat’
e nò quèra ca avìt’ p’gliàt’.
Sandiss’ma Tr’n’tà,
trùv’ Tu la vija ca ana p’glià.
Fuggi fuggi vento triste
alla malora siete venuto
alla buon’ora ve ne andate.
Era meglio la strada che avete lasciato
e non quella che avete preso.
Santissima Trinità,
trova Tu la strada che devono prendere.
Si ripete questa formula per 9 sere dopo il tramonto e si recitano 9 Pater, 9 Ave, 9 Gloria alla Ss. Trinità.
Quando il paziente va nella casa della guaritrice prende una strada, al ritorno dovrà fare un’altra. Tutto questo sempre dopo il tramonto.
Durante la giornata si recitano 100 Requiem Eterne alle anime del Purgatorio e 100 Requiem alla persona che il paziente si porta addosso per farlo riposare in pace e per liberarsene.
Altre versioni
Oi tu màl’ vìnd’
si v’nùt’ da lu bùn’vìnd’,
mò ca t’ sì addufrisc’càt’
và ndò Ddij t’ha cundannat’.
O tu malevento / sei venuto dal buonvento, / ora che ti sei rinfrescato / va dove Dio ti ha condannato.
Fùsc’ màl’vìnd’ trìst’
ca t’ persèguit’ Gès’ Crìst’,
mò ca t’ si addufrisc’càt’
và ndò Ddij t’ha cundannat’.
Fuggi malevento triste / che ti perseguita Gesù Cristo, / ora che ti sei rinfrescato / va dove Dio ti ha condannato.
PER IL MAL D’ANCA
La “rimediante” che viene interpellata, si presenta davanti la casa del paziente restando fuori mentre dice alla paziente che si appresta a attizzare il fuoco o coprirlo con la cenere:
– Che cummùgl’ (la rimediante da fuori)
– Crìsc’ mùgl’ ( la paziente da dentro casa)
– Che cummugl’
– Crìsc’ mùgl’
– Che cummugl’
– Crìsc’ mùgl’
– Che copri
– Cresci bozzi
– Che copri
– Cresci bozzo
– Che copri
– Copri bozzo
(Questo va ripetuto per tre volte o sempre multiplo di tre)
P’ I MÀL’ R’ RÌND’
(Per il mal di denti)
T’ fàc’ màl’ lu rènd’,
càv’c’ r’ sciummènd’,
càv’c’ r’ m’ddich’
t’ pozza ‘ngandà mica !
Ti fa male il dente
calcio di giumenta,
calcio di mollica
non ti possano incantare.
La “rimediante” segna con le dita tre croci sul paziente, una sulla fronte, una sulla guancia destra e una sulla sinistra che poi bagna con la saliva.
R’ FUCH’ R’ SAND’ ANDÒNIJ
(Il fuoco di Sant’Antonio)
Il fuoco di Sant’Antonio si riconosce da placche rosse e dà prurito.
Lùc’ r’ lunga vija,
lùat’ st’ fùch’ ra sòp’ a sta pùvredda ( o pùvridd’)
Sànd’Andònìj,
fùch’ r’amòr’ stutàt’ st’ fùch’.
Luce di lunga strada,
togliete questo fuoco da dosso questa poverina ( o poverino)
Sant’Antonio,
fuoco d’amore spegni questo fuoco.
Si recitano 13 Ave, 13 Pater, 13 Gloria a Sant’Antonio
Questo va ripetuto ogni Martedì e il 13 di ogni mese citando il nome del paziente.
Alcune delle persone che curano questa malattia hanno una loro teoria o modo di fare a seconda di come gli è stato insegnato.
La formula va ripetuta per 9 sere dalla persona affetta e dalla guaritrice mentre uno accende un fiammifero e l’altro spegne. I fiammiferi vanno conservati e dopo la nona sera si formano 3 mazzetti da 3 andando per 3 strade diverse e mentre bruciano si recita la seguente frase:
– Qua vi brucio e qua vi lascio, nel nome della Ss. Trinità lasciatemi in pace per carità.
Farsi il segno della croce e recitare 3 Padre Nostro, 3 Ave, 3 Gloria.
Altra versione
Sànd’Andònìj stùt’ st’ fùch’ ardènt’ sòp’ a……..(nome paziente)
tànd’ pozza sìst’ st’ fùch’ app’cciàt’
quand’ jè stàt’ Crìst’ in sepoltùr’.
Sand’Andònìj stùt’ st’ fùch’…
Sant’Antonio spegni questo fuoco ardente sopra a…
tanto possa durare questo fuoco acceso
quanto è stato Cristo in sepoltura.
Sant’Antonio spegni questo fuoco…
Si ripete per 9 volte e si dicono 13 Pater, Ave e Gloria ogni 13 di mese.