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I nostri dialetti. Una ricchezza da salvare di Carmen Fumagalli Guariglia del Ducato di Piazza Pontida

37076_495778643801911_497183143_nApprendo con soddisfazione la notizia di una proposta di legge in Commissione Cultura della Regione Lombardia per la tutela della lingua lombarda. Lingua Lombarda nel senso di divulgare e salvare il proprio dialetto in tutte le sue forme e i suoi aspetti incominciando con l’imparare a leggere e a scrivere in modo corretto la propria lingua. Un patrimonio lasciato dai nostri padri e tramandata per lo più oralmente e che ha visto la sua evoluzione nel tempo, grazie ai vari studiosi che ci hanno dato la capacità di poterla studiare ed impararla allo stesso modo della lingua italiana, lasciandoci tutti gli strumenti in grado poterla definire una vera lingua propria. La propria lingua Madre!(E in questo contesto parlo della mia.)
Difatti, già corredata da una corposa grammatica e diversi Vocabolari, grazie al Ducato di Piazza Pontida, ultimamente si è arricchita di un altro gioiello: Un Vocabolario composto da due volumi: Bergamasco-Italiano e Italiano-Bergamasco (curato dall’eccellente poeta e studioso Carmelo Francia da poco scomparso, in collaborazione con Emanuele Gambarini) che, proprio per aiutare e comprendere meglio il nostro dialetto , ha dato alle stampe e  ora, sono la guida anche per la scuola di dialetto che da parecchi anni viene proposta sempre dal Ducato e seguita dai cultori e dagli appassionati della nostra lingua.

Tale proposta, volta a garantire un regime di bilinguismo tra la lingua nazionale e quella regionale, va incontro a quanto chiede ormai da decenni la Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie e agli appelli dell’UNESCO, che nel suo Atlante Mondiale delle Lingue in Pericolo inserisce anche i dialetti, i quali spero che finalmente vedano l’importanza del loro studio anche nelle scuole dove vengono gradite altre lingue senz’altro importanti, ma abbandonata come cosa inutile quando si parla e si mette in evidenza la nostra lingua madre, che per ognuno dovrebbe essere la vera “carta d’identità” e a quanto, in sostanza, tutto questo è già attuato in altre regioni italiane.

Inoltre la Cultura  è un patrimonio inestimabile e il dialetto ne fa parte a pieno titolo, non essendo come si vuol far credere una sottolingua o una corruzione della lingua nazionale; è una lingua autonoma come ho già detto con la sua grammatica, la sua sintassi la sua interessantissima e vasta etimologia. Così come è sbagliato  il concetto che sia il giullare delle lingue; quello col quale ridere, raccontare barzellette o quello usato solo per  commedie dialettali, senza soffermarsi a pensare che  la nostra Lingua Madre è stata ed è ancora, espressione di preghiere, di dolore, di cultura, di conoscenza, di tradizioni (non soltanto contadine).                                                           Conoscere il dialetto e impararne tutte le sue diversità diventa un arricchimento linguistico senza pari e l’Italia che vanta una delle più grandi diversità linguistiche del continente europeo: il lombardo, il piemontese, il veneto, il ligure, l’emiliano-romagnolo, il sardo, il friulano, il napoletano, il siciliano, il ladino (per citare solo le lingue più diffuse), patrimoni di inestimabile ricchezza, che appartengono a tutta la comunità , non mi sembra giusto che, a causa di un’idea di “progresso” che si è rivelata essere solo omologazione, lasci che queste lingue siano a rischio di estinzione.  Salvarle, per poterne trasmettere questa ricchezza alle generazioni successive, è nostro dovere. Auguro dunque che questa importante iniziativa venga accolta non da un solo partito ma da tutti quanti, in modo da dare respiro e continuità alle nostre “parlate” Valori comuni della terra delle nostre piccole patrie e che, insieme, formano l’Unione.

 

Concerto dei Soul Singers per padre Lodovico Acernese

DSC_0160di franca molinaro
Domenica 24 gennaio, nella  Chiesa Parrocchiale “Maria SS Annunziata” di Pietradefusi, il  concerto di musica sacra offerto dall’ensemble “Soul Singers”, ha dato il via alle manifestazioni nell’ambito del centenario della morte di Padre Lodovico Acernese. Serata ricca di emozioni, con il patrocinio della Parrocchia Arcipretale Maria Santissima Annunziata, il Comune di Pietradefusi col sindaco Giulio Belmonte, le Suore Francescane Immacolatine, il Comitato per i festeggiamenti: Antonio Troisi, Florindo Cefalo, Politano Fabio, Armando Santoro ed altri, il Centro di ricerca tradizioni popolari “La Grande Madre” presente in Pietradefusi con una sua sezione.   “Sembrava di essere in paradiso” ha affermato la Madre Superiora, concorde il parroco don Claudio Moffa nel chiedere il bis del brano più bello. Serata di gran successo considerato il bagno di pubblico proveniente anche dai paesi limitrofi e lo scroscio di applausi reiterati ad ogni pezzo eseguito. Il gruppo dei Soul Singers è composto da sei giovani professionisti: Soprani, Giuseppina Perna e Serena Trombetta, Mezzosoprani, Desirèe Borghi e Antonella Trombetta, Tenore, Giuseppe Grieco, Basso, Emanuele Di Vito. I giovani cantores hanno interpretato con anima e cuore i brani più belli della musica sacra, onorando il ricordo di padre Lodovico, frate perfettamente in linea con lo spirito di questi ragazzi e del Centro “La Grande Madre” che ha sollecitato l’evento. Così padre Lodovico, dai suoi cieli di gloria ha potuto benedire le voci di questi angeli, col cuore gonfio di emozione, hanno regalato momenti altissimi di musica e canto, di gioia trasmessa attraverso le vibrazioni e le modulazioni della voce dolce, possente, melodica, calda. E’ nota l’affermazione di Sant’Agostino secondo cui “Chi canta prega due volte” e sicuramente questo è un modo straordinario per avvicinare credenti e profani alle altezze delle beatitudini. Il concerto si è articolato in due momenti, la prima parte è stata protagonista la musica classica: “Zum Sanctus” scritto da Schubert nel 1826 per la “Deutsche Messe”; “Madre Santa del Redentore”; “Gesù pane di vita” armonizzazione di Bach del 1700; “Dolce sentire” composta da Riziero Ortolani nel 1972, il testo è una preghiera di ringraziamento a dio e riprende il “Cantico delle creature” scritto da San Francesco intorno 1224; “Oh Sacrum Convivium” il testo attribuito a San Tommaso D’aquino, è l’antifona al Magnificat dei secondi vespri nella solennità del Corpus Domini; “Ave Maria Arcadelt” del 1527; “Sei tu signore il pane”; “Ubi Caritas” testo dell’ottavo scolo di Paolino da Aquileia; “Lode all’Altissimo”, testo tratto dalle lodi al signore di San Francesco d’Assisi; “Madre fiducia nostra”; “Ave Maria” di Gomez; “Ave Verum Corpus” di Mozart, scritta nel 1791; amazing grace inno cristiano del 1831 tratto dalla lettera di san paolo agli efesini. Magnifica anche l’interpretazione di brani moderni tratti dalla tradizione in lingua inglese: Can you fell the love tonight; Imagine; You raise me up; Can’t help falling in love; J will follow him; Oh when the saints go marching in; Amen; Halleluja; Good night sweetheart.
Padre Lodovico Acernese, religioso, filosofo, poeta, fondatore delle “Suore Francescane Immacolatine di Pietradefusi” è una figura straordinariamente attuale rivisitabile attraverso le parole del nuovo Papa Francesco ma prima di tutto attraverso il grande Patrono d’Italia che tanti secoli addietro cantava le meraviglie e il rispetto delle creature della Grande Madre e Sorella Terra, la bellezza degli astri del cielo, l’umiltà e l’amore per i poveri; cantava la gioia della vita dono del Creatore, vestiva la semplicità e aveva a cuore i bisognosi. Così padre Lodovico nelle sue opere e con la sua vita travagliata, a volte contrastata, fu esempio di umanità e santità fa contemplare in questi tempi tristi e senza pace, senza rispetto per la Natura nostra madre corporale. Nel corso dell’anno andremo  a scoprire, passo dopo passo, i vari volti del sant’uomo presente tra l’altro nella “Storia della poesia Irpina” di Paolo Saggese.

 

Francesco Roccia e il caso di San Mercurio d’Eclano di franca molinaro

DSCN3231Secondo quanto scrivono gli agiografi locali, nell’anno 768 d. C., un corpo di un certo Mercurio martire, per volere del principe di Benevento Arechi, veniva traslato da Quintodecimo alla capitale del ducato beneventano. Ma a quei tempi, per apportare prestigio a uno stato occorreva una reliquia di gran fama, fu così che il principe ben pensò di travisare l’identità approfittando dell’omonimia del suo martire, già indicato al 26 agosto nel Martirologio Geronimiano come eclanense, con un altro ben più famoso, San Mercurio Martire di Cesarea di Cappadocia. Era questi un santo molto amato in oriente intorno al quale si erano create diverse leggende; pare che fosse giunto al grado di generale dell’esercito quando si ricordò di essere stato battezzato nella fede cristiana, allora si rivelò all’imperatore che ordinò la sua persecuzione. Le sue piaghe sanguinose furono risanate per ben tre volte da un angelo, allora Mercurio fu inviato nella sua patria, in Cappadocia, a dorso d’asino dove fu decapitato. Si narra ancora che cento anni dopo, apparve in battaglia e uccise l’imperatore Giuliano che combatteva i Persiani ma perseguitava i cristiani. Un bel curriculum dunque, per una reliquia il cui scopo era quello di rendere splendore agli occhi dei regni confinanti. Arechi, machiavellico principe, lungimirante ed eccentrico, seppe creare a suo favore la storia del suo martire santo oggi sepolto nella cripta di San Guglielmo a Montevergine. Secondo la credenza comune le spoglie del Mercurio di Montevergine sarebbero quelle di San Mercurio di Cesarea ivi giunto dalla Cappadocia a seguito dell’imperatore Costante II. La cattiva interpretazione dei codici greci, voluta da Arechi II per motivi storico-sociali, si è perpetrata nei secoli e poco sono valsi gli scritti di agiografi importanti per risanarlo e rendere merito al martire eclanese omonimo dell’orientale Mercurio. Recentemente, Francesco Roccia, giovane studioso di origini irpine, nutrendo perplessità su quanto la tradizione locale affermava, ha condotto uno studio accurato sui documenti storici di entrambi i martiri. Di grande supporto sono stati due insigni studiosi di agiografia cristiana, P. Hyppolyte Delehaye S. J. e Stéphane Binon, in particolare il primo definito “principe degli agiografi del XX secolo” ovvero il bollandista che ha insegnato il corretto metodo di studio agiografico. Al di là della tradizionale ricerca storico-filologica, il padre gesuita Delehaye, si avvalse dello studio di archeologia cristiana e codicistica. Mettendo a confronto testi anche moderni, il Roccia è giunto alla conclusione che il santo martire eclanese è originale irpino, come peraltro già affermato proprio dal Delehaye e dal Binon e non solo, sebbene null’altro si può dire di lui considerato che la sua identità fu volutamente affossata.
E ciò non fosse altro perché le reliquie del martire di Cesarea di Cappadocia si trovano ancora in Oriente venerate in particolare dai copti. Questa importante rivelazione non deve sminuire il valore del santo irpino, tutt’altro, sostiene l’autore, è un’occasione per rivisitare con orgoglio questa figura del nostro territorio. Il Roccia non è un novellino a questi studi. Magistrato onorario, dal 2000 è sulle tracce della storia sacra dell’Irpinia, esordisce infatti con il Dizionario dei santi irpini “Storie di santità in Irpinia”, Edizioni Delta3, in cui traccia i profili di quasi tutti i santi venerati nella provincia avellinese. Da allora l’autore ha proseguito i suoi studi di archeologia cristiana e approfondito quelli di agiografia interessandosi in modo particolare dei martiri storici, quali S. Euplio di Catania, S. Potito per citarne alcuni, e dei c.d. “Corpi Santi”, tutte quelle reliquie, venerate spesso con nomi simbolici in tanti luoghi, provenienti dalle catacombe romane e non necessariamente appartenenti a martiri. Ve ne sono ovunque, a volte dimenticati in qualche teca polverosa, altre volte tenuti in gran considerazione, al Roccia nulla sfugge e conduce i suoi studi tra catacombe, chiese e cripte, spesso direttamente nel cuore della cattolicità, Roma, ed in istituti pontifici.

La fascinazione in Lucania di Gerardo Nardozza

20160107_213958.jpgGerardo Nardozza di Rionero in Vulture (PZ) ha pubblicato di poesia e un saggio che raccoglie fatterelli, canti, preghiere e formule per il malocchio. Scrive testi teatrali dialettali e che porta in scena curando anche la regia con l’Associazione di cui è fondatore, nata con lo scopo di rivalutare il dialetto e conservare gli usi, costumi e tradizioni. Nell’ultimo decennio ha partecipato a diversi premi di poesia ottenendo ottimi riconoscimenti ed è presente in varie antologie.

Nel 2012, dopo anni di lavoro vede la luce il testo etnografico che rappresenta un interessante documento per la ricostruzione delle tradizioni campane, “Fatt’ e fattariedd, Preghiere, canti, malocchio… r’ la gend’ r’ Ar’niur'”. Il suo è un lavoro sul campo con regolari interviste per la maggior parte a contadini e artigiani.  Le persone intervistate hanno una età media di 70anni, maschi e femmine. Il libro è diviso in quattro capitoli:  1° capitolo: storie realmente accadute nelle famiglie degli intervistati o di loro conoscenza; 2° capitolo: Preghiere e storie dei santi apprese dai genitori; 3° capitolo:  Il malocchio o l’affascina, in cui le intervistate sono solo donne. Su questo capitolo c’era da lavorare molto in quanto si sa che esistono formule per scacciare il malocchio, ma altre formule per le fatture. In questo caso l’autore ha trovato grosse difficoltà per reperire formule relative alle fatture così si è limitato al malocchio in tutte le varianti reperite, è di questo capitolo che parliamo in questo frangente; 4° capitolo: racchiude canti poesie filastrocche ninne nanna e  detti.

“Quando si parla di formule magiche si può pensare al profano ma fanno parte della “ medicina popolare e terapia del dolore ”,  che hanno sempre una base di religiosità segno di grande devozione verso i Santi.

Tali formule sono spesso segrete e note solo a pochi e le

rimedianti ” o le  “ guaritrici ” non sono persone dotate di speciali poteri, loro le hanno apprese da altri, nella maggior parte da donne, ma non bastava conoscerle, bisognava recitarle in chiesa la notte di Natale per ottenere quel particolare “ potere ”.

Per ogni patologia c’era un rimedio come vedremo. Suggestione? Non sono in grado di dare una risposta, so solamente che dopo l’intervento del  “rimediante” il male passava.

Qualcuno dice che l’« Affascina » è il potere di trasmettere una malattia o il potere di far arrestare la crescita a qualcosa di suscettibile di sviluppo.

Vi era una regola che veniva rispettata, quando si pronunciava una espressione di ammirazione nei confronti di una persona o di un animale, si diceva “benedica” per evitare che attaccasse l’« Affascina ». Apprestandosi ad un’aia, ad una cantina, al frantoio si usava dire “ Sànd’  Martìn’ ”, mentre dall’altra parte si rispondeva “ Sèmb’”; era  una forma di buon augurio.

Quando nel periodo natalizio si facevano le cosiddette pettole, prima di iniziare a friggerle si preparavano con la pasta una o tre croci e si appendevano al muro; quando si preparava il pane, mentre si segnava con le mani la croce, si era soliti dire : Crisc’  crìsc’… Crìsc’ crìsc’…Crìsc’ crìsc’…e inoltre quando si faceva ritorno dalla Chiesa passando o entrando in una casa si diceva : Gès’  Crìst’, mentre l’altra persona rispondeva: Sèmb’… Superstizione?”

 In qualsiasi pratica contro il malocchio, la rimediante apre sempre con un segno di croce.

P’ LU  MÀL’  R’  CÀP’

( Per il mal di testa)

 Duj  ucch’  t’àn’  offes’,

trè  Sànd’  t’àn’ salvàt’,

Sànd’Ann’, Sànda Lèn’ e  Sànda Marìja Matalèna

ca  lu  brutt’  s’  n’  vàj  e  lu  bùn’  rèst’.

Ndò  lu  nòm’  r’  la  Sandiss’ma   Tr’n’tà

famm’  uàrì  stu  malucch’.

 

Due occhi ti hanno offeso,

tre Santi ti hanno salvato,

Sant’Anna, Santa Lena e Santa Maria Maddalena

che il brutto se ne va e il buono resti.

Nel nome della Santissima Trinità

fammi guarire questo malocchio.

 

Recitare un Padre Nostro, un’Ave Maria e un Gloria.

La formula va ripetuta per 9  volte ed ogni volta quando si inizia bisogna fare tre segni di croce sulla fronte della persona affascinata e alla fine recitare le preghiere.

La “rimediante” riesce a capire  di quale sesso è la persona che ti ha affascinata.

Se sbadiglia mentre recita il Padre Nostro  sei stato affascinato da un maschio, se mentre recita l’Ave Maria da una donna, se sbadiglia durante  tutte e due le preghiere da più persone.

Altre versioni

Dòj  t’àn’  aducchiàt’

e  tre  Sànd’  t’àna  aiutà,

a  nòm’  r’  lu  Pàdr’

r’  lu  Fìgl’  e  r’  lu  Spìrd’  Sànd’.

Nun  t’aiùt’  cumm’  a  figl’  mij

ma  cumm’  a  figl’  r’  Marìj,

sc’catta  malucch’

e  cr’scìja  bonucch’.

 

Due ti hanno adocchiato

e tre Santi devono aiutarti,

in nome del Padre

del Figlio e dello Spirito Santo.

Non ti aiuto come figlio mio

ma come figlio di Maria,

schiatti il malocchio

e cresca il buon occhio.

 

Trèj  t’àn’  affascinàt’

ch’  gli  ucch’,  ch’  lu  còr’  e  ch’  la  mènd’.

Trèj  t’àna  aiutà,

Lu  Pàdr’,  lu  Figl’  e lu  Spìrd’  Sànd’.

 

Tre ti hanno affascinato

con gli occhi, con il cuore e con la mente.

Tre ti devono aiutare,

il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

 

Ripetere per 3 volte e ogni volta recitare  un Pater, un’Ave e un Gloria  alla Ss. Trinità.

 

Sòp’  a nu  sir’till’

ngè  na  vacca  e  nu  v’till’,

cumm’  tu  crìsc’  lu  figl’

tu  crìsc’  pùr’  lu  figl’  mìj  (se maschio)

tu crìsc’  pùr’ la  figlia  mìja ( se femmina)

 

Sopra un monticello

c’è una mucca e un vitello,

come tu cresci il figlio

tu cresci anche mio figlio

tu cresci pure la mia figlia.

 

Va ripetuto per 9 volte e ogni volta un’Ave alla Ss. Trinità

 

– Segno della croce

– 1 Gloria Padre

– 1 Padre Nostro

– 1 Ave Maria

Sòp’ na  muntagnella

stàj  na  vacca e  na  vuv’tella,

la  vuv’tella  pascìja

e  sta  bella figliòla  cr’scìja  ( se il paziente è donna)

e  stu  bèll’  uagliòn’ cr’scìj ( se il paziente è uomo)

Trèj  l’àn’ affascìnat’,

l’ucch’, lu  còr’ e  la  mènd’.

Trèj  l’àna  aiutà,

lu  Padr’, lu Figliùl’ e lu  Spìrd’  Sànd’.

 

Sopra una montagnella

c’è una mucca e una vitella

la vitella pascolava

e la bella figliuola cresceva

(o, il bel figliuolo cresceva).

Tre l’hanno affascinato

l’occhio, il cuore e la mente.

Tre lo devono aiutare,

il Padre, il Figlio e lo spirito Santo.

(Mentre si recita la formula,  sulla fronte si fa il segno della croce con le dita.

Il rituale va ripetuto per tre volte o sei o nove in base alla entità del malocchio.

Alla fine si lecca la fronte e quasi si sputacchia per scacciare il dolore e con la mano si cerca di allontanarlo)

Cummara  ndò  vu  scì  a  sènd’  la  Mess’  la  Pasqua  o  lu  Natàl’?

Pìgl’  stu  fasc’  e  mìn’l’  abbasc’.

Comara, dove vuoi andare ad ascoltare la Messa la Pasqua o il Natale?

Prendi questo fascio e buttalo giù.

Si ripete per 9 volte divise in 3 tappe. Ogni 3 volte che si pronuncia la formula si fa il segno di croce e si recitano un Pater, un’Ave, un Gloria.

QUANDO UN BAMBINO HA IL MALOCCHIO

Trè  lèngh’  t’àn’  offes’,

tre ucch’  t’àn’  difès’,

Sànd’Ann’, Sànda  Lèn’ e  Marìja Matalèn’.

Gloria Patri, Figliùl’  e  Spìrd’  Sànd’.

Tre lingue ti hanno offeso,

tre occhi ti  hanno difeso,

Sant’Anna, Santa Lena e Maria Maddalena.

Recitare 1 Padre Nostro, 1 Ave Maria, 1 Gloria alla Ss. Trinità.

Questo va ripetuto  per 3 volte.

Altra versione

Ucch’  e  contr’ucch’

pozza   sc’cattà  quìr’  ucch’

ca  t’ha  p’gliàt’  arucch’.

Occhio e contr’occhio

possa schiattare quell’occhio

che ti ha affascinato.

 Ripetere per 9  volte ed ogni  volta recitare un Pater, un’Ave, un Gloria.

 LU  NÌRV’  NGRAVACCAT’

(Per lo strappo muscolare)

uj  sìm’  trè  verginell’,

n’  vulìm’  mar’tà,

stu  nìrv’   ngravaccat’

s’adda   scravaccà.

Noi siamo tre verginelle,

ci vogliamo maritare,

questo nervo accavallato

si deve scavallare.

C’è bisogno di tre sorelle signorine e tre fusi che si lavora la lana. Questo si poggia sulla parte dolorante e si recita la formula.

La formula si ripete per 3 volte e per 3 sere, ogni volta si recita un’Ave alla Vergine Maria.

 P’  LU  MÀL’  R’  PÙZ’

(Per il dolore al polso)

Dòj  zitell’ sìm’,

marità  n’  vulìm’,

stu  nìrv’  ngravaccàt’,

scravaccà  lu  vulìm’.

Due zitelle siamo

maritare ci vogliamo,

questo nervo accavallato,

scavallare lo vogliamo.

Si devono prendere due fusi e agganciarli tra di loro; due zitelle li tengono poggiati su polso in modo da creare una croce e la formula va ripetuta per tre volte.

LU  SÀNGH’  SC’CANDÀT’

(Lo spavento)

La persona  ha paura di tutto.

Per conoscere l’entità del male, la guaritrice con una cordicella misura l’altezza e l’apertura delle braccia del paziente. Se le due misure combaciano non è nulla di preoccupante, se c’è differenza addirittura si riesce a stabilire da quanto tempo si è soggetto a quel malanno.

Si fa il segno di croce su tutta la persona, si pronuncia il nome e quindi la formula:

Sandiss’ma  Tr’n’tà,

fa  uarì  stu  sangh’  sc’candàt’,

fa  ca  sta  pàur’  sìst’

quand’  jè  stàt’  Crìst’  in  sepoltùr’.

Santissima Trinità,

fate guarire questo sangue impaurito,

fate che questa paura duri

quanto è stato Cristo in sepoltura.

Si  recitano 9 Pater, Ave, Gloria  alla Madonna di Viggiano e 9 Pater, Ave e Gloria alla Ss. Trinità. Il  rituale va ripetuto per ben 9 volte dalla mezzanotte alla mezzanotte  con la persona affetta e per altre 9 volte la “rimediante” dovrà ripetere le preghiere da sola sempre dalla mezzanotte alla mezzanotte.

LA R’S’BBELA

(La erisipela)

Si rossa  cumm’  na  rosa,

pùng’  cumm’  na  spìna

fùsc’   fùsc’  rus’bbèla

ca  t’accongh’  l’argentèra.

Sei rossa come una rosa,

pungi come una spina

fuggi fuggi risipola

che ti “ procuro” l’argenteria .

Un Pater  alla Ss. Trinità ca adda fa  uarì  sta  infermità

( che deve far guarire questa infermità)

Si ripete per 9 volte e si recitano 9 Pater alla Ss. Trinità

Si riconosce per l’infiammazione della pelle, mentre si recita la formula bisogna avere tra le mani una moneta d’argento e strofinarla per tutto il corpo

Questo tipo di “ malattia” si  riconosce  perché fa gonfiare la persona affetta.

Altra versione

Si rossa  cumm’  na  ciràsa

pùng’  cumm’  n’ardìch’

fùsc’  fùsc’  rusibbèla

ca  t’accongh’  l’argentèra

Sei rossa come una ciliegia

pungi come una ortica

fuggi fuggi risipola

che ti “preparo” l’argenteria

 Accongh’, termine intraducibile. Dal senso della frase ho cercato di tradurre con due parole più appropriate al testo.

 LU  MAL’  R’  PANZ’

(Mal di pancia)

Sànd’  Martìn’  ra  Ròm’  v’nìj

tutt’  mudd’  ca  chiùvìj,

vattìv’  a  na  casa  pùvrella

ca  mangiàv’n’  focaccia  ch’  sardèll’.

Lu  marìt’ lu  vulìv’  fa  r’parà

la  m’glièra  nun  vulìv’,

la  nott’  lu  ngàs’  lu  màl’  r’  vèndr’

sott’acqua  e  sòp’  sal’mènd’

fa  passà  stu  màl’  r’  vèndr’.

San Martino da Roma arrivava

tutto bagnato perché pioveva,

bussava ad una casa poverella

mentre mangiavano focaccia con sardelle.

Il marito voleva farlo riparare

la moglie disse di no,

la notte gli viene un mal di pancia

sott’acqua e sopra sarmenti

fate passare  questo mal di ventre.

Si recitano 3 Gloria, 3 Pater, 3 Ave Maria facendo contemporaneamente la croce sul ventre.

Oppure si recitano 9 Pater, 9 Ave e 9 Gloria  a San Martino. Le preghiere sono minimo 3 e multiplo di 3.

Altra versione

 Sànd’  Martìn’

ra  Ròm’  v’nìj,

a  càs’  d’  pòv’r’

jè  sciùt’  a  alluggià,

ha  truwàt’  na  fèm’na  amàr’

e  n’òm’n’  dòc’.

Sott’acqua

e  sòp’  sàl’mènd’

fall’  passà  stu  màl’  r’  vèndr’.

San Martino / da Roma veniva, / a casa di poveri ha alloggiato, / ha trovato una donna amara / e un uomo dolce. / Sotto acqua / e sopra sarmenti / guarisci questo mal di ventre.

 Ngànd’ e   ngantucch’

la  pànza  vuzz’  vuzz’,

sott’acqua  e  nsòp’  sal’mènd’

pòzza  passà  stu  màl’  r’  vèndr’.

 ncanta e incanta occhio

la pancia bozzo bozzo

sott’acqua e sopra sarmenti

possa passare questo mal di ventre

 L’ AMORAGGIJA

( Per l’emorragia )

Firm’t’  sangh’   nun  t’allargà

Gès’  Crìst’  fu  flagellat’

a  la  colonna  fu  attaccat’,

Maronna  r’  Viggian’,

fa  firmà   sta   frana.

Fermati sangue non ti allargare,

Gesù Cristo fu flagellato

alla colonna fu legato,

Madonna di Viggiano,

fate fermare questa frana.

Si recitano 9 Pater, 9 Gloria e 9 Ave alla Madonna di  Viaggiano c’adda  fa  firmà  sta  frana

I  PAPP’L’

(I vermi )

 I Papp’l’  (ossiuri) sono minuscoli vermetti bianchi, filiformi, che si  creano nella pancia del bambino.

Cumm’  s’  secch’   l’agl’

r’acchssì  s’  secch’n’  i   vìrm’.

Come si secca l’aglio

così si seccano i vermi.

Si prendono 9  spicchi d’aglio e si  mettono sotto il cuscino del bambino. Ogni sera si prende uno spicchio, si pulisce e la “rimediante” fuori casa ripete per ben 9 volte la formula . Si recitano ogni volta 3 Pater e 1 Credo alla Ss. Trinità  c’adda  fa   murì  sti  vìrm’ ( per far morire i vermi)

 Altra versione

 Papp’l’  ùn’, papp’l’  dùj,  papp’l’  trèj,  papp’l’  quatt’,  papp’l’  cìngh’,  papp’l’  sèj,  papp’l’  sett’,  papp’l’  ott’,  papp’l’  nòv’,  sc’catta  vèrm’  ra  lu  còr’.

Recitare 1 Padre Nostro alla  Ss.  Trinità  p’  fa  uarì sta  infermità.( Per far guarire questa infermità)

 MÀL’  R’ARCH’

( Male d’arco )

Negli anni scorsi quando non tutte le case erano provviste di bagni, si andava fuori per i propri bisogni, se c’era l’arcobaleno non bisognava mai mettersi di fronte e guardarlo perché faceva orinare giallo e nello stesso tempo la persona diventava pallida da star male.

Mal’  r’àrch’  mo  t’  pass’,

sott’ a  l’acqua  ij  t’  lass’.

( Formula che doveva essere ripetuta passando vicino 3 fontane)

Màl’  r’àrch’  pass’

e   màl’  r’àrch’  lass’…

(Formula che veniva ripetuta attraversando 3 archi)

 Male d’arco ora ti passa

sotto l’acqua io ti lascio.

 Male d’arco passa

e male d’arco lascio.

La persona affetta da questo “male” attraversando le 3 fontane e i 3 archi deve essere sempre da solo e mai salutare le persone. Il rituale va ripetuto per 9 sere recitando 1 Credo per ogni arco e 1 Pater, Ave, Gloria per ogni fontana.

 Altra versione

 Arch’  e  sànt’àrch’

bell’  giòv’n’  e  bell’  fatt’,

chi  t’  vèr’  e  nun  t’  salùt’

lu  culòr’  lu  tramùt’.

Arco e sant’arco

bel giovane e bello fatto,

chi ti vede e non ti saluta

il colore lo tramuta.

 FUCH’  MÙRT’

(Fuoco morto )

Si riconosce dal formarsi sul corpo di bolle scure (verrucole). Molto fastidiose perché provocano prurito,  scompaiono solo dopo la fuoriuscita del liquido creando la crosta.

Tu pastòr’  appicc’ st’  fùch’

tu  appicc’  e  ij  stùt’,

terra  lavori valle  scura,

sta  pella cotta  diventa scura .

In  nome  dell’Eterno Padre

lèva  st’  fuch’ che  ha  pigliàt’.

Tu pastori accendi il fuoco

tu accendi e io spengo,

terra lavori valle scura

questa pelle cotta diventa scura.

In nome dell’Eterno Padre

togli questo fuoco che è acceso.

Ripetere per 9 giorni. Recitare  9 Pater, 9 Ave,  9 Gloria  al Padre Eterno.

Altra versione

 Tu pastor’  appicc’  st’  fuch’

tu  appicc’  e  ij  stùt’,

terra  lavori  valle scura

sta  pella  cotta diventa scura.

Lu  Padratèrn’ fàc’  turnà

bella  e rossa  cumm’  a  prìm’.

Tu pastore accendi il fuoco

tu accendi e io spengo,

terra lavori valle scura

questa pelle cotta diventa scura.

Il Padreterno faccia tornare

bella e rossa come prima.

 LA  PISTA  CÀN

( La pista del cane )

Sànd’ Vit’  r’  la  Cunegna,  Sànda  Crescenza  r’ Mund’m’lòn’,

Sànd’  Vit’,   Sànda  Crescènza,  Sànd’  Murèst’

facìt’  lu  uastafèst’.

Sànd’  Vit’  nun  t’  mett’  pr’mùr’,

famm’  uàrì  stu  criatùr’.

Sànd’ Vit’ mart’r’, Sànda  Crescènza Verg’n’,

Pizzicannina Pizzicannina.

Sànd’  Vit’  ca  l’anduvìna

e  ròp’  adduv’nàt’,

voless’  pàat’.

Nel  nome  r’  la  Sandissima   Tr’n’tà,  fa  uàrì  sta   pl’nìja  p’làta.

San Vito della Cunegna, Santa Crescenza di Montemilone, San Vito, Santa Crescenza, San Modesto fate il guastafeste, San Vito non ti metto premura, fammi guarire questa creatura. San Vito martire, Santa Crescenza Vergine, Pizzicannina, Pizzicannina. San Vito che l’indovina e dopo indovinato vuol essere pagato. Nel nome della Santissima Trinità, fai guarire sta ….

 1 Salve Regina  alla Ss. Trinità.

S.Vito alcuni lo dicono lucano, ma la “Passio” leggendaria del VII secolo lo dice siciliano.  Rimasto orfano della madre, fu affidato ad una nutrice, Crescenzia e poi al pedagogo Modesto.  Considerato un taumaturgo, è invocato contro l’ epilessia e la corea che dà movimenti incontrollabili, per questa detta “ballo di San Vito”, invocato anche contro l’insonnia e la catalessi; contro i morsi dei cani rabbiosi e l’ossessione demoniaca.

Protettore dei muti, dei sordi e dei ballerini.

 MÀL’  VÌND’

Le persone “possedute” non dovrebbero lavarsi, uscire di casa, andare in chiesa, insomma vivere in un ambiente disumano affinchè l’anima che hanno dentro non sentendosi a suo agio decide, anche con l’aiuto delle preghiere, di trovare altra persona. Ognuno di noi, per chi crede, ha un proprio destino, nascita, vita e morte, stabilita da Qualcuno, ma se qualcosa avviene prima, come nel caso della morte per omicidio o suicidio, l’anima vaga fino a quando era stabilito il giorno e cerca di sollevarsi nelle persone viventi.

Fusc’  fusc’  vìnd’  trìst’

a  la  malòra  sìt’  v’nùt’

a  la  bonòra   v’  n’  sciàt’.

Jèr’  mègl’  la  vìja  ca  avìt’  lassat’

e  nò  quèra  ca  avìt’  p’gliàt’.

Sandiss’ma  Tr’n’tà,

trùv’  Tu  la  vija  ca  ana   p’glià.

Fuggi fuggi vento triste

alla malora siete venuto

alla buon’ora ve ne andate.

Era meglio la strada che avete lasciato

e non quella che avete preso.

Santissima Trinità,

trova Tu la strada che devono prendere.

Si ripete  questa formula per 9 sere  dopo il tramonto e si recitano 9 Pater, 9 Ave, 9 Gloria alla Ss. Trinità.

Quando il paziente va nella casa della guaritrice prende  una strada, al  ritorno  dovrà  fare un’altra. Tutto questo  sempre dopo il tramonto.   

Durante la giornata si recitano 100 Requiem  Eterne alle anime del Purgatorio e 100 Requiem alla persona che il paziente si porta addosso per farlo riposare in pace e per liberarsene.

Altre versioni

Oi  tu  màl’  vìnd’

si  v’nùt’  da  lu  bùn’vìnd’,

mò  ca  t’  sì  addufrisc’càt’

và  ndò  Ddij  t’ha  cundannat’.

O tu malevento / sei venuto dal buonvento, / ora che ti sei rinfrescato / va dove Dio ti ha condannato.

 Fùsc’  màl’vìnd’  trìst’

ca  t’  persèguit’  Gès’  Crìst’,

mò  ca  t’  si  addufrisc’càt’

và  ndò  Ddij  t’ha  cundannat’.

Fuggi malevento triste / che ti perseguita Gesù Cristo, / ora che ti sei rinfrescato / va dove Dio ti ha condannato.

PER IL MAL D’ANCA

 La “rimediante” che viene interpellata, si  presenta davanti la casa del paziente restando fuori  mentre dice alla paziente che  si appresta a attizzare il fuoco o coprirlo con la cenere:

– Che  cummùgl’ (la rimediante da fuori)

Crìsc’  mùgl’    ( la paziente da dentro casa)

– Che  cummugl’

– Crìsc’  mùgl’

– Che  cummugl’

– Crìsc’  mùgl’

Che copri

Cresci bozzi

Che copri

Cresci bozzo

Che copri

Copri bozzo

(Questo va ripetuto per tre volte o sempre multiplo di tre)

P’  I  MÀL’  R’  RÌND

(Per il mal di denti)

 T’  fàc’  màl’  lu  rènd’,

càv’c’  r’  sciummènd’,

càv’c’  r’  m’ddich’

t’  pozza  ‘ngandà   mica !

Ti fa male il dente

calcio di giumenta,

calcio di mollica

non ti possano incantare.

 La “rimediante” segna con le dita  tre croci  sul paziente, una sulla fronte, una sulla guancia destra e una sulla sinistra che poi  bagna   con la saliva.

 R’ FUCH’  R’  SAND’ ANDÒNIJ

(Il fuoco di Sant’Antonio)

Il fuoco di Sant’Antonio si riconosce da placche rosse e dà  prurito.

Lùc’  r’  lunga  vija,

lùat’  st’  fùch’  ra  sòp’  a  sta  pùvredda ( o pùvridd’)

Sànd’Andònìj,

fùch’  r’amòr’  stutàt’  st’  fùch’.

Luce di lunga strada,

togliete questo fuoco da dosso questa poverina ( o poverino)

Sant’Antonio,

fuoco d’amore spegni questo fuoco.

Si recitano 13 Ave, 13 Pater, 13 Gloria a Sant’Antonio

Questo va ripetuto ogni Martedì e il 13 di ogni mese citando il nome del paziente.

Alcune delle persone  che curano questa malattia hanno una loro teoria o modo di fare a seconda di come gli è stato insegnato.

La formula va ripetuta per 9 sere dalla persona affetta e dalla guaritrice mentre uno accende un fiammifero e l’altro spegne. I fiammiferi vanno conservati e dopo la nona sera  si formano 3 mazzetti da 3 andando per 3 strade diverse e mentre   bruciano  si recita la seguente frase:

– Qua vi brucio e qua vi lascio, nel nome della Ss. Trinità lasciatemi in pace per carità.

Farsi il segno della croce e recitare 3 Padre Nostro, 3 Ave, 3 Gloria.

Altra versione

Sànd’Andònìj  stùt’  st’  fùch’ ardènt’  sòp’  a……..(nome paziente)

tànd’  pozza  sìst’  st’  fùch’ app’cciàt’

quand’  jè  stàt’  Crìst’  in  sepoltùr’.

Sand’Andònìj  stùt’  st’  fùch’…

Sant’Antonio spegni questo fuoco ardente sopra a…

tanto possa durare questo fuoco acceso

quanto è stato Cristo in sepoltura.

Sant’Antonio spegni questo fuoco…

Si ripete per 9 volte e si dicono 13 Pater, Ave e Gloria ogni 13 di mese.