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La lunga strada verde di Rocco Varallo

2016-12-29 19.28.21.jpgLa transumanza a Rocchetta Sant’Antonio (FG) di franca molinaro – Temperature polari mentre l’auto risale la strada tortuosa e sconnessa che dal casello autostradale Lacedonia, sulla A16, porta verso il paese omonimo. L’aria è tagliente ma il paesaggio maestoso, l’occhio si perde verso ovest dove abbiamo appena lasciato la montagna di Trevico, spazia agilmente verso Nord incontrando Sant’Agata a mezza collina, poi Ascoli e più in là il tavoliere, ad Est l’occhio va verso la Murgia barese ma è solo un riflesso del pensiero che scorge appena Minervino Murgia con l’ammasso bianco delle case. A Sud Monteverde e in uno scorcio fuggitivo Calitri mentre sfuma all’orizzonte la cima conica del Vulture, faro di ogni viandante che in queste terre s’avventura. Rocchetta è a valle rispetto alle alture, la scopriamo adagiata sul fianco del colle e pare un presepe tra granelli di ghiaccio che danzano nell’aria. La Puglia è particolarmente bella in questo angolo daunio con i suoi campi seminati e tutte le tinte della terra disegnate a quadroni sulle distese immense delle colline denudate. Torno a Rocchetta dopo cinque anni e non mi sembra esser cambiato nulla. Il silenzio delle strade, l’assenza di persone, di auto, potrebbero indurre qualche scrittore malinconico a parlare di paese fantasma invece su di noi esercita un fascino indicibile. Scendiamo dall’auto e il vento ci taglia il viso come una lama di ghiaccio, penetra i vestiti, ci ferisce ma gli occhi restano spalancati, sbalorditi al cospetto del magnifico complesso monumentale della chiesa dell’Assunzione, il portico romano, il castello. La pietra ha il colore del mantello delle vacche podoliche che da queste parti passano in carovana o si fermano. Il tempo è tiranno, dobbiamo salire in biblioteca, una calda stanza proprio a fronte della scalinata della chiesa. Siamo a Rocchetta per presentare Rocco Varallo e i suoi testi sulla transumanza curati da Paolo Saggese “La mia lunga strada verde”, son con Ciriaco Grasso, il nostro fotografo e Anna Palatucci, una cara amica di Rocco che ha scritto un suo contributo al testo. Rocco Varallo, mandriano scrittore, ha voluto dare un seguito al primo testo in cui narra della sua esperienza lungo i tratturi, con un secondo volume in cui più esperti hanno dato il loro contributo, questo per dare un assetto più scientifico al lavoro e gettare le basi per un progetto di futuro agricolo-zootecnico sostenibile basato sulla qualità del prodotto locale. Anche stavolta, per la cura del testo si è affidato a Paolo Saggese. Quando chiese il mio contributo mi fu naturale pensare alla transumanza in terra apula, conoscendo il territorio e specificamente il tratturo che solca i cinque comuni in provincia di Foggia. Il mio pensiero, senza tergiversare andò a Giuseppe Palladino, giovane di grandi doti e passioni che subito mi indicò Grazia Russo,  professoressa emigrata a Nord per studio e lavoro ma con un interesse particolare per il mondo della transumanza. Poi mi spostai col pensiero a Candela dove la giovane scrittrice Grazia Russo mi aveva già dato testimonianza della sua bravura. Nella Daunia Irpina qualche notizia carpii a Paolo Cusano e infine mi trattenni a parlare con agricoltori di Ascoli, Antonietta Di Lascia e Gerardo Ladogana che mi raccontarono i loro ricordi. Così Rocco, dall’Irpinia, attraverso il mio contributo apulo, si è ricollegato al Molise per poi risalire in Abruzzo, meta finale della sua transumanza.
Questa serata in Puglia, che noi della Grande Madre abbiamo voluto informale, si è svolta proprio secondo i nostri intenti: una serata tra amici per ripercorrere ricordi e momenti che sfumano tra le pieghe della memoria. La piccola sala della biblioteca allestita con una mostra sulla transumanza e gestita dall’ottima operatrice culturale Lucia Castelli, si è presto scaldata con i sentimenti dei presenti, un senso forte di appartenenza ha accomunato Irpini e Apuli, fratelli appenninici dalle simili tradizioni. Grazia Russo nel suo accorato intervento ha rivelato la necessità di dover partire per comprendere e poter ritornare forte di orizzonti allargati, Grazia Mazzeo ha raccontato ricordi d’infanzia, entusiasta il sindaco Valentino Petruzzi che ha colto l’occasione per programmare nuove attività legate ai festeggiamenti per Francesco De Sanctis. Presente anche il sindaco di Ascoli Satriano, intellettuali e studiosi di Rocchetta, qualche pastore. Le immagini catturate dai sapienti scatti di Giuseppe Palladino hanno accompagnato le parole e molti ricordi hanno preso consistenza tra un aneddoto e l’altro. Serata bellissima nella sua schiettezza, nella semplicità degli argomenti trattati, per me piacevole ritorno tra le mandrie della difesa e le Bellis sylvestris che in questo periodo ondeggiano sui lunghi peduncoli al suono dei campanacci. Comprenderanno mai, lassù in alto, che la Terra va rispettata come hanno fatto questi allevatori del passato? Solo così renderà in ricchezza l’amore che le si porta.

Cittadinanza onoraria a Calvi per il prof. Antonio Vincenzo Nazzaro

IMG_20161217_161052.jpgAntonio Vincenzo Nazzaro, Professore Emerito dell’Università  di Napoli Federico II, è nato a San Giorgio del Sannio (BN). I suoi primi anni di vita li trascorse a Calvi (BN) con la sua mamma di latte, questo paese gli è restato nel cuore e grande è l’affetto che i Calvesi gli portano. Per la sua statura morale, per la brillante carriera, i successi ottenuti ma, nello stesso tempo, il suo continuare ad esser figlio del popolo, nella sua grande umiltà, l’Amministrazione comunale gli ha conferito la Cittadinanza Onoraria consegnandogli simbolicamente la chiave d’oro. Non è possibile riassumere gli studi dell’illustre professore in pochi righi, mi limiterò per questo a riportare il suo curriculum così come è riportato nel suo profilo per l’Accademia Pontiana, premettendo l’orgoglio del Centro di ricerca tradizioni popolari “La Grande Madre” di averlo come collaboratore e, dalla prossima edizione del Concorso internazionale “Echi di poesia dialettale, come presidente di Giuria.
Antonio Vincenzo Nazzaro si diplomò in Paleografia Diplomatica e Dottrina Archivistica presso l’Archivio di Stato di Napoli nel giugno 1962 con la massima votazione e due lodi. Nello stesso anno si laureò in Lettere classiche con una tesi in Letteratura latina sempre con massima votazione e lode. Nazzaro ha percorso quasi tutti i gradi del cursus honorum universitario nell’Università  degli Studi di Napoli Federico II: borsista (1963); assistente volontario di Letteratura latina (1964); assistente incaricato (1965) e ordinario (01.02.1967) di Grammatica greca e latina; ass. ord. di Letteratura latina (dal 1970 al 1980); Incaricato di Letteratura Cristiana Antica nell’Università  della Calabria (dal 1974 al 1977) e nell’Università di Napoli (dal 1977 al 1980); associato della stessa disciplina dal 1980 al 1987 e ordinario dal 1987 al 2009. Componente il Comitato Consultivo n. 10 del Consiglio Universitario Nazionale nel triennio 1981 -1984 e  Membro dello stesso Consiglio nel triennio 1984 -1986; professore ordinario di Letteratura cristiana antica (dal 15. 06. 1987 al 31. 10. 09), Presidente del CdL in Lettere ( dal 1988 al 1994 e nell’a. a. 1997-98); Delegato del Rettore alla firma dei mandati di pagamento e delle reversali d’incasso e alla firma degli atti, dei provvedimenti e della corrispondenza degli Uffici amministrativi; Professore invitato di Patrologia e Storia della Chiesa Antica nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose Donnaregina in Napoli dal 1992/93 al 1996/97. Nel 2011/2012 Professore Invitato di Patrologia nell’Institutum Patristicum Augustinianum (Roma). Preside della Facoltà  di Lettere e Filosofia dell’Università  di Napoli Federico II (1999-2005). Direttore del Dipartimento di Discipline Storiche E. Lepore dell’Università  di Napoli Federico II (2007 -2009).  Ha svolto (e svolge) un’intensa attività  culturale e scientifica come componente il Consiglio Direttivo dell’I.R.R.S.A.E. Campania (dal 1993 al 15 luglio 1997), con la responsabilità  del Servizio Aggiornamento; come curatore dal 1980 con Suor Antonia Tuccillo della Lectura Patrum Neapolitana  (una lettura al mese, da novembre a maggio, di testi patristici, tenuta in Napoli presso l’Istituto delle Piccole Ancelle di Cristo Re); come membro del Comitato scientifico delle Riviste napoletane «KOINONIA» e «Vichiana»,  di «Civiltà  Classica e Cristiana» (di Genova: dalla fondazione alla cessazione dell’attività ), di «Vetera Christianorum» di Bari (fino al 2009) e di Auctores Nostri di Foggia; come Presidente del Comitato Scientifico del Centro di Studi e Documentazione su Paolino di Nola (dal 1986) e Direttore della Collana di Testi e Studi “Strenae Nolanae” (10 volumi pubblicati); come Presidente della Sezione napoletana dell’Associazione Italiana di Cultura Classica dal 1988 al 1992 e Presidente dell’Associazione Filellenica di Napoli “Marcello Gigante” dal 28 dicembre 2001  al 6  luglio 2004; come Presidente della Giuria del Premio Nazionale di Poesia «Aeclanum» (Mirabella Eclano, dal 1980 al 2013); come Socio onorario del Circolo Trieste di San Giorgio del Sannio (dall’11. 03. 06); come Membre du Conseil  de l’Association International des Etudes Patristiques e Componente il Comitato Scientifico degli Incontri di studiosi dell’Antichità  cristiana, che si tengono annualmente presso l’Istituto Patristico “Augustinianum” in Roma. Dal 2017 sarà Presidente di Giuria del Concorso internazionale “Echi di poesia dialettale”.
Fa parte delle seguenti Associazioni e Accademie:
Socio e cofondatore (nel 1977) dell’Associazione di Studi Tardoantichi.
Socio ord. res. Dell’Accademia Pontaniana dal 27. 04. 89 (dal 2008 nel Consiglio di Amministrazione con il ruolo di  Amministratore; dal 2010 Presidente della Classe V – Lettere e Belle Arti; dal gennaio 2012 Direttore Responsabile degli Atti dell’Accademia Pontaniana).
Socio res. Dell’Accademia Properziana del Subasio (dal 02. 10. 90).
Socio della Società  Nazionale di Storia Patria (dal 01. 01. 96).
Socio ord. res. Dell’Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti dal 03. 06. 98 (Vice presidente nei trienni 2003-2005 e 2009- 2011 e Presidente nei trienni 2006-2008 e 2012-2014).
Presidente Generale della Società  Nazionale di Scienze Lettere e Arti in Napoli nel triennio 2006-2008 e Segretario Accademico dell’Unione Accademica Nazionale.
Socio dell’Accademia Ambrosiana – Classe di Studi Ambrosiani dal 04. 04. 05
Socio corrispondente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche (Categoria Filologia e Linguistica) dal 27. 07. 10.

Onorificenze e premi:
Cavaliere dell’Ordine di S. Gregorio Magno (dal 26. 11. 96).
Premio «Virgilio Campi Flegrei» assegnato dall’Associazione F. Turati di Napoli e dall’UNESCO Club (1987).
XXVII Gran Premio Nazionale Letterario «Verso il Duemila» (Salerno 1987).

Nelle circa quattrocento pubblicazioni prodotte in  cinquant’anni di attività  di ricerca scientifica ha studiato autori e tematiche afferenti alla letteratura giudaico-ellenistica (Filone), alla letteratura cristiana greca (Origene e Basilio), alla letteratura cristiana latina in prosa (Tertuliano, Ambrogio, Girolamo, Agostino, Giuliano d’Eclano, Quodvultdeus).
Notevoli gli studi sulla poesia cristiana latina, e, soprattutto, sulla poesia parafrastica biblica (su Giovenco, Paolino di Nola, Sedulio, Aratore) e agiografica (Paolino di Perigueux e Venanzio Fortunato), anche in età  umanistica (Sannazaro).
Particolare attenzione Nazzaro ha riservato allo studio del Fortleben di Orazio e Virgilio sia nella letteratura cristiana antica, come dimostrano le numerose voci curate per le Enciclopedie dedicate ai due poeti augustei dall’Istituto Treccani, sia nella poesia italiana moderna (Carducci e Pascoli).
Vanno infine ricordati gli scritti in latino (dalla giovanile silloge Proverbia et sententiae del 1966 alla nota sulla fortuna cristiana della IV bucolica presentata ai Licei nel gennaio 2013) e il contributo offerto alla pubblicazione delle Interpretationes Vergilianae Minores.
Il possesso dei tradizionali strumenti filologici e delle più raffinate metodologie critiche moderne, nonché l’attenzione costante ai realia  e agli intertesti presenti nei testi di volta in volta approfonditi segnano la produzione scientifica di Nazzaro sempre in bilico tra l’intenzione di attenersi alla sua provincia di studio  e l’attrazione  per territori a lui sconosciuti, e per questo più suggestivi (si vedano gli scritti su San Gerardo Maiella e il mondo femminile e su Francesco De Sanctis e la Società  Reale di Napoli).
Oggi Nazzaro, pur godendo gli anni della pensione con la bella moglie Marinella, continua la sua attività di studioso attento all’interazione con le varie realtà dei paesi di origine. La sua ferrea formazione classica mostra essere di grande aiuto nella comprensione della sua gente, dei suoi costumi e del suo linguaggio. Sono queste capacità, supportate dalla sua statura morale, che ci hanno indotto ad affidargli la presidenza della nostra giuria già per essa qualificata, ora illuminata ulteriormente da questa imponente presenza.

 

Donne, vicoli e fuoco franca molinaro

dsc_0032Viaggio fra i vicoli dell’animo femminile, silloge poetica di Antonella La Frazia. Domenica 11 dicembre, prima esperienza in quel di San Giorgio del Sannio (BN) per la Grande Madre in fatto di poesia, con la silloge poetica di Antonella La Frazia, aspirante socia e poetessa esordiente già pluripremiata, Donne, vicoli e fuoco, viaggio tra i vicoli dell’animo femminile, LFA Publisher, Caivano, 2016. A presentare il testo tre persone scelte con accuratezza, il sindaco della cittadella sannita che ci ha ospitato, Mario Pepe, già docente di Lettere e Dirigente Scolastico presso i Licei, il poeta Cosimo Caputo direttore della Biblioteca Comunale, il dottor Francesco Santucci psicoterapeuta, attento particolarmente all’universo interiore femminile e alla sua storia ancestrale. Ospite della serata il Maestro Gianni Molinaro, Concertista di Bajan, diplomato al conservatorio Santa Cecilia di Roma e docente di musica presso il Liceo “Guacci” di Benevento. Musicista affermato sul panorama internazionale per la quantità di concorsi vinti e per la sua bravura in virtuosismi e componimenti musicali. Ha assistito alla presentazione il presidente del Consiglio Comunale Massimo Gaudino, l’Assessore alle Finanze e alle Politiche Sociali Alessia Accettola, lo scrittore Giuseppe Romano, il preside Pino Collina, la poetessa Lucia Gaeta col suo gruppo di lavoro, la giornalista Elide Apice. Un commosso e attento pubblico volenteroso di partecipare con le proprie testimonianze all’esperienza poetica dell’autrice, dopo gli interventi, si è disposto intorno ai relatori per discutere di poesia. Simpaticissimi i coniugi Boniello con le loro chicche poetiche che intrecciano a pieno la  lunga storia d’amore personale.
E in tema d’amore, torniamo all’autrice, per andare a scoprire quel sentimento che serpeggia in tutta la silloge. Mario Pepe, che ha studiato con competenza le poesie, parla di una ricchezza interiore che si rivela nei versi grazie alla sensibilità della poetessa, creando immagini meravigliose. La ricchezza interiore è costituita dall’amore, fonte di ogni altra virtù, ed espresso in ogni sua accezione. L’amore, quello vero, è capace di riassumere in sé ogni bellezza, ogni sentimento puro, dedicato alle infinite creature della Grande Madre. Ma a volte è proprio questo amore che ferisce e lascia orme insanguinate, eppure dà la forza di comprendere questa ciclicità che ci consegna nelle braccia di sorella morte. Il poeta che ha vissuto intensamente non può non avere un attimo di debolezza e domandare ancora un attimo, un solo istante per contemplare il Mondo e sussurrargli un ultimo malinconico “ti amo” prima della dipartita. Qui, in questi passaggi semplici e intensi si rivela tutta la statura poetica dell’autrice. Cosimo Caputo, fine poeta e amico storico di battaglie condivise, ha voluto ricordare l’impegno di Paolo Saggese per il recupero della poesia del Sud. Il suo accorato intervento ha messo in luce l’amarezza che serpeggia nei versi di Antonella e il potere terapeutico della sua poesia. Il dottor Francesco Santucci, quale bravo psicoanalista psicoterapeuta,  ha voluto esplorare quei “vicoli dell’animo femminile” che riconducono alla figura della Grande Madre, ripercorrendo il pensiero di Neuman dove si osservano i primi stadi della nascita dell’io. Il bambino forma la sua esperienza vitale al primo anno di vita sollecitato dagli istinti fisiologici mentre prende lentamente coscienza del suo essere “altro”e non più un unicum col ventre materno. Probabilmente, secondo alcuni studiosi, è in questo stadio primordiale dell’umanità che l’archetipo si trasforma in divinità dando origine alle Grandi Madri presenti in tutte le culture della Terra. Ma ritornando all’autrice, dove il dottore scopre la “frattura” della neopersona con il seno materno, il primo se stesso vissuto in comunione con la grande figura avvertita come estensione del sé e forza possente che protegge dal tutto, e il nuovo io indipendente: “…Così andavi / fra i pensieri e il mare, / fra l’alba e il cielo, / passando i giorni / su petali di rose… “ Questa è l’età dell’oro, il bimbo vive la sua onnipotente spensieratezza nell’incoscienza di essere nato; “…La notte triste / ti ha trafitto in volo: / Di albe odorose / ti ha privata. / Rinchiusa nella cella / dei ricordi / tu danzi a piedi nudi / e sanguini diafana e muta / lasciando dietro te / rosse orme di dolore.” Questo è il bimbo che si ritrova solo ad affrontare il mondo con le sue insidie, il destino e i suoi crudeli scherzi, il dolore gratuito che la vita regala. Eppure, l’animo grande sa affrontare le prove ed amare la vita come si può amare una Rosa canina, ricca di bellezza e proprietà ma coperta di spine che feriscono chi non la sa raccogliere. Un augurio di tanta poesia e serenità alla nostra Antonella.

Le Ricorrenze della Grande Madre

dscn6028L’Immacolata cristiana e i riti nella tradizione calvese (BN) Dicembre arriva con il mantello bianco di brina stringendo la campagna nella morsa del gelo. Le piante che fino a ieri vegetavano e si facevano ammirare per una insolita novella antesi, ora piegano il caule indifese, congelate nella linfa. La natura impreparata ha attimi di confusione e tra il rosso brillante delle bacche autunnali occhieggia qualche dipsacacea in fiore. Il mese ha però aria di festa, già dall’Immacolata si respira profumo di Natale e la ricorrenza  giunge come per dimenticare la sofferenza e recuperare la speranza. Al ventuno del mese cade il solstizio d’inverno, il sole tocca il punto più meridionale dello zodiaco celeste allungando inverosimilmente le ombre sulla terra. Questo non sfuggiva all’uomo antico che, ogni anno, avvertiva la sensazione di veder morire la luce con gran pericolo per la sua esistenza. Il sole, attraverso i secoli, insieme alla Grande Madre terra, nelle culture mediterranee, è la personificazione della divinità che dà la vita, la sostenta e la riprende quando il cerchio si chiude, quando dicembre si confronta con gennaio. Il terrore della scomparsa della luce persiste finchè non si vede la rimonta reale dell’astro nella volta celeste. Oggi gli antropologi spiegano che a sostenere il sole in questo periodo di poca luce, l’uomo inventò il falò, una sorta di luce simpatica che incoraggiava la luce del padre celeste e gli permetteva di non scomparire ma di farsi forza fino all’equinozio che segue. In effetti, in questo arco di tempo si concentrano tutte le tradizioni di lumalenzie, focalenzie e focaruni, cioè dei falò. Riesumando ricordi di infanzia Ciriaco Grasso ci spiega che a Trevico (AV), il falò si accendeva a San Giuseppe e alle sue curiosità di bambino, gli anziani rispondevano che dovevano aiutare la primavera a tornare. E così, quest’anno, incoraggiati dalla volontà di riunire i soci della Grande Madre e un po’ di persone di generazioni differenti, siamo andati alla riscoperta del falò dell’Immacolata. Come un tempo si raccoglievano ramaglie per il cumulo, così noi abbiamo recuperato frasche di ulivo, noce e altri alberi da frutto, mescolando al tutto la paglia di frumento. Abbiamo invitato un po’ di persone con una attenzione per quelle più anziane, abbiamo preparato una bella cena a tema, con prodotti della terra e dolci natalizi e finalmente il momento èarrivato. Vicino al falò, le nonne hanno recitato le preghiere come di consueto, poi, dopo i doveri verso il sacro, come in tutte le feste popolari che si rispettino, via libera all’allegria.  L’anima del tutto è sempre lei, la musica, l’organetto è protagonista assoluto in queste situazioni e maestra è la nostra Daniela Vigliotta, la più giovane della brigata. La musica è stata spunto per ricordare vecchi motivetti alle audaci signore che aspettavano un’occasione non più riproposta. L’idea di una festa simile fu di Yvonne Scherken e subito comprendemmo che era necessario, oltre che recuperare la memoria del passato, dare un’opportunità a queste persone che non  hanno più uno spazio proprio di divertimento. Le signore, sebbene amate, nel cuore delle loro famiglie, non fanno attività ludiche come ai tempi della bella gioventù. Un canto, uno stornello antico, magari con allusioni malcelate, una tarantella, il caldo del caminetto, son elementi cari alla generazione che ci ha preceduto ma non sposano le abitudini delle moderne famiglie. Si sa che i giovani vanno per la loro strada, la mezza età ha troppi problemi per improvvisare occasioni utili a tutta la famiglia. In verità, a Piano Rose i vicini mantengono da sempre la tradizione del falò con aggiunta di fuochi artificiali, ma la cosa finisce col fuoco e tutti rientrano a casa per cena. Il nostro intento era di ricostruire tutta la scena di anni ormai irriproducibili, per la quantità di giorni che ognuno si porta addosso ma soprattutto perché è cambiato il modo e le abitudini del vivere. Così, come per magia, la vecchia cucina oggi adibita ai lavori più umili, ma che cinquant’anni addietro, e non so per quanti secoli, aveva fatto da scenografia alle serate invernali della mia famiglia, ha rivissuto attimi lontani materializzati dalla voce delle signore e dal suono squillante dell’organetto. Filomena racconta cose che conferma la sorella Bianca: durante le serate invernali si riunivano e si ballava, si giocava, si mangiava quello che c’era. Le sere di festa poi erano quasi d’obbligo e la comitiva trovava sempre il modo di riempire le lunghe ore di buio che l’inverno inevitabilmente propina. Anche Maria e Antonietta hanno dimenticato gli acciacchi e hanno riesumato qualche quartina.
Verso le undici abbiamo condiviso gli avanzi come nei matrimoni si rincasa con la bomboniera, un pezzo di dolce a chi ha portato il rustico, una scodella di zucca o un po’ di verdura maritata, un mestolo di spezzatino da far assaggiare a casa. Piatti lavati senza molta fatica, tutte insieme, e poi i ringraziamenti delle signore anziane per gioire di un’ultima soddisfazione. “Bello, dobbiamo rifarlo”, si dobbiamo rifarlo per la gioia di queste signore e per appagare la nostra coscienza nei loro riguardi. Ma non finisce qui, si riapre per me un capitolo momentaneamente chiuso, il recupero della tradizione canora. Inutile raccontarvi la gioia che ho in cuore.