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Monthly Archives: January 2017

VINO, EROS E POESIA A NUSCO di franca molinaro

fb_img_1485588777138Tornare a Nusco è un po’ come tornare alla casa paterna, la casa che ci ha cresciuti poeticamente e che puntualmente ci accoglie x un evento, una visita guidata, un qualcosa da organizzare insieme, un reportage. Oggi siamo stati chiamati da Antonia De Mita, con Saggese Paolo Saggese e Alessandro Di Napoli, come tanti anni fa…tutti per uno, uno per tutti. Il paese è in fermento per la notte dei fuochi, cataste di tronchi secchi promettono una notte lunga e calda sebbene la neve compare ancora in qualche angolo. Nella piazza lastricata, Sant’Amato ci attende immobile nella sua colossale statura marmorea. Lui non si scompone di fronte alle piccole noie umane e continua a mediare per i suoi compaesani nei piani superiori dove ogni uomo risulta importante agli occhi di Dio. La temperatura è gelida sebbene un solicello pallido brilli nell’azzurro indicibile del cielo. Nel grande salone delle conferenze ho il piacere di ritrovare, con grande affetto paterno, il sindaco, sempre impeccabile nella sua statura longilinea, lo ricordo sempre così, da che ragazzina andavo ad ascoltare i suoi comizi; Ciriaco De Mita è indubbiamente un cedro tra le la boscaglia di salici che infesta lo scenario attuale. Oggi è dall’altra parte, in platea ad ascoltare in silenzio, attentamente il pacato ma dotto intervento di Paolo, il veloce excursus di Alessandro, le mie letture infreddolite, la recita dei ragazzi in costume. A dare una mano forte nell’organizzazione, la prof. Annamaria Madaro. Abbiamo presentato più volte “Vino, Eros e poesia”, in luoghi e modi differenti ed ogni volta emerge un nuovo particolare sfuggito nella lettura precedente. Saggese stamane parla del costume dei Greci, di recarsi, dopo il simposio, in gruppo, sotto la finestra di una fidanzata o di un amico per declamare versi o canti; a questo mi torna lecito pensare che forse abbiamo appreso da loro il gusto di cantar serenate ai balconi in svariate ricorrenze. Tradizione questa presente in tutto il Sud ovvero la Magna Grecia. Tra un verso e una curiosità, con gli studenti del Liceo Rinaldo D’Aquino,che si esibiranno domani per la terza edizione della Notte del Liceo Classico, è volata via la mattinata. Il saluto accorato e commosso di Antonia De Mita ci congeda affettuosamente e ci dispone a un sereno rientro. Ridiscendiamo il corso parlando del più e del meno, di questa passione che ci accomuna da vent’anni, lui Saggese sempre più carico di impegni, con qualche capello che inizia ad accusare gli anni, io, più vecchia ma eterna allieva, sempre pronta ad aprendere per colmare le lacune di chi proviene da un’altra formazione. Ridiscendo la montagna di Nusco godendo i paesaggi aperti su orizzonti infiniti. Guido lentamente come per godere ancora la piacevole mattinata che mi ha portato indietro negli anni. Dall’alta valle del Calore alla valle del Fredane, poi nella media valle del Calore e finalmente a casa, tanti i chilometri, ma ne è valsa la pena.

Il Risorgimento Italiano, inganni e menzogne, di Mariano Bocchini -franca molinaro-

16387363_1382742828455767_4260541218543162591_n.jpgSerata ricca di pubblico e di emozioni, stasera a San Giorgio del Sannio, per presentare l’ultimo libro di Mariano Bocchini: Il Risorgimento Italiano, inganni e menzogne, Edizioni Il Papavero. A moderare un preparatissimo Enzo Parziale che ha introdotto l’argomento con estrema accuratezza e precisione richiamando alla memoria i grandi della storia, da Salvemini a Gramsci a De Sanctis. Parziale ha riassunto con poche parole la vera piaga del Risorgimento mancato: Il Risorgimento determinò una unità fittizia perché fatto da una élite e non dal popolo, una disputa tra regnanti per dirla con Gramsci. Il prof. Erminio Fonzo dell’Università degli Studi di Salerno ha messo l’accento sul complotto anglo-piemontese per  illustrare quel gran movimento che coinvolgeva tutta l’Europa e mirava alla supremazia sul Mare Nostrum, porta aperta verso le Indie. Maldestro anche un post-risorgimento disattento alle aspirazioni dei contadini che si videro ancora una volta traditi dai franco-piemontesi per favorire una classe dirigente che gattopardianamente cambiava abito ma non indossatore. Fonzo giustifica la damnatio memoriae con la paura di scrivere o sostenere la verità sui fatti del 1860, cita Alianello, capostipite del revisionismo, che rischiò il confino per aver scritto un testo critico sul Risorgimento. Conclude il professore: “Il Risorgimento è stata cosa bellissima ma realizzata male”.
L’Editrice De Bartolomeis spiega il giustificato timore riguardo a una lettura sbagliata del testo, la possibilità di travisare le intenzioni dell’autore.
Mario Pepe afferma che il libro è una provocazione, è la tesi secondo cui il Risorgimento italiano è frutto di un progetto della Massoneria, tesi che non può essere esaustiva né può bastare per analizzare una vicenda storica così vasta e complicata. “Scrivere di storia è complesso, non bisogna guardare alla storia come una vicenda lineare ma circolare”, continua il sindaco cercando di mantenere un distacco asettico, perché così deve essere lo storico, obiettivo e capace di rastrellare ogni fonte, soprattutto facendo affidamento sulla storiografia ufficiale.  “Il Risorgimento, al di là di tutte le problematiche, è la via verso la libertà” sostiene non senza ragione il sindaco. L’autore risponde con pacatezza e padronanza dell’argomento riportando diversi aneddoti, errori storici e quant’altro, cose ormai ben note a chi sta rivedendo la storia con maggiore attenzione.
Personalmente non  sto qui a riportare tutto quanto c’è da dire, non sto a ricordare la miseria dei contadini piemontesi parimenti alla miseria di tutte le classi povere di ogni stato, Nuto Rivelli nelle sue pubblicazioni riporta belle e interessanti testimonianze dei contadini piemontesi all’ inizio del ‘900; non voglio ricordare che la soppressione dei conventi fu una delle tante calamità abbattute sulla povera gente che presso monaci e suore trovava conforto e medicamenti; e non voglio nemmeno parlare di qualche illustre nostro compaesano che non volle giurare fedeltà al re di Napoli ma poi la giurò a Vittorio Emanuele quando si rifugiò in Piemonte e, guarda caso, divenne il più illustre giurista del tempo. Dopotutto se baroni e intellettuali del Sud non avessero appoggiato l’invasione non ci sarebbe stata conquista. Ma comprendo perfettamente il punto di vista del sindaco perché il revisionismo può essere un’arma a doppio taglio, se può restituirci l’orgoglio di essere stati cittadini di uno stato rispettabile, può anche andare ad incentivare divisionismo e dannosa nostalgia fino al grido di “Viva il re” di alcuni estremisti. Non possiamo noi, con tutto il sangue versato per fare l’unità nazionale, rischiare di fare un passo indietro. D’altronde, col senno di poi non si può giudicare o aver ragione su un cataclisma quale fu il 1860, anche se si attribuisce la responsabilità a un pugno di persone, son tante le cose che incidono sul dispiegarsi degli eventi. Lo stesso Cavour, si legge in una lettera, resta sconvolto nel sapere come si stavano svolgendo i fatti a Sud riguardo la repressione post- unitaria  e quel certo Cialdini definito eroe da alcuni, macellaio da altri. Se poi non si è concessa ai contadini la riforma agraria è sempre e solo perché questa classe non ha voce in capitolo non avendo un suo leader.
Allo stato attuale è opportuno riconoscere la verità esclusivamente per rispetto di essa ma non bisogna porsi sul sentiero di guerra, non è più tempo. Io stessa, con orgoglio, lo scorso anno ho scritto nell’introduzione all’antologia di “Echi di poesia dialettale”, che con questo testo siamo riusciti a fare una nuova unità nazionale dove la diversità è la ricchezza dell’unità. I magnifici dialetti italiani si son dati appuntamento nel nostro concorso nel rispetto reciproco, dalle Alpi alla Sicilia, con gli stessi sentimenti di amore per la propria terra, con dolore per le ingiustizie subite, perché ogni etnia ne ha di cose da raccontare, ognuno vittima dell’altro. È l’uomo che è fatto male, diciamocelo, la conquista non è stata mai pacifica, i Sanniti ne sanno qualcosa, non si arresero a Roma e furono massacrati, non si arresero ai Nordici e furono occupati, non si arresero nemmeno ai Piemontesi ma furono decimati. Quest’indole battagliera e fiera dovrebbe servire oggi per elevarci ma non per dividerci. È così bello parlare con la sorella bergamasca, la sorella ligure, o con la sorella friulana, come con la toscana e l’altra reggina. Naturalmente parlo delle collaboratrici della Grande Madre con le quali si è consolidato un gran rapporto di stima basato sul rispetto reciproco e non sulle reminiscenze storiche o gli odi geografici. Sappiamo che non è colpa o merito di nessuno, basta semplicemente riconoscere la realtà e far tesoro dell’esperienza per non ricadere negli stessi errori.

Riflessioni di un viandante,di Salvatore Agueci

coperta Agueci-rid.jpgUn libro che ci aiuta a trovare risposte nel cammino esistenziale     È in uscita l’ultima fatica temporale di Salvatore Agueci “Riflessioni di un viandante”, edito dall’ASLA di Palermo e stampato dalla Quick Service di Trapani, con la prefazione di Mons. Pietro Maria Fragnelli, Vescovo di Trapani e Presidente della Commissione Famiglia della CEI.

Scrive l’autore, rivolgendosi soprattutto ai giovani, nel presentare il saggio: «È un piccolo Vademecum da portare nel viaggio della vita, cui fare riferimento in alcuni momenti, soprattutto quando non si trovano le risposte esistenziali a domande impellenti che turbano l’uomo, lo bloccano e lo sviano da un cammino irto spesso da difficoltà e minacciato da avventori d’ogni genere. Trovare una piccola “oasi” a cui abbeverarsi, dà sollievo e incita a continuare il percorso: la meta diventa più vicina e la speranza di raggiungerla non si affievolisce, poiché non si dà ragione ai banditori fumosi di “almanacchi” e ai mistificatori di turno d’ogni epoca».

E Mons. Fragnelli: «Il prof. Agueci in questo agile volume “riflette” sul senso che giovani e anziani, uomini e donne, laici e consacrati, credenti e non, attribuiscono alla vita come pellegrinaggio. La riflessione tiene uniti il polo della memoria e la lente d’ingrandimento sulla società di oggi. Egli fa scoprire valori antichi e nuovi con la forza del dialogo e del racconto, non mancando di segnalare il ruolo attuale della Chiesa, impegnata a combattere la cultura dello scarto e dell’indifferenza». E ancora il vescovo: «Il prof. Salvatore Agueci ha condensato in ventisette paragrafi, e delineato un viaggio per indicare all’uomo contemporaneo i sentieri della riconciliazione con se stesso, il suo passato e la realtà sociologica odierna. La pubblicazione invita a superare i miti etnici (“Siamo tutti meticci”) e ad accrescere la propria ricchezza a contatto con la diversità e nella richiesta di perdono. Questi atteggiamenti incoraggiano, nel mondo attuale, a difendere le persone piuttosto che i confini, a cercare la fedeltà di ogni stato di vita non nell’immagine ma in una progressiva appropriazione dei valori, a uscire dall’inerzia e dalla cristallizzazione sociale. La riflessione e l’esperienza dell’Autore portano a dare rilievo alle parole di Papa Francesco quando afferma che “la formazione morale dovrebbe realizzarsi sempre con metodi attivi e con un dialogo educativo che coinvolga la sensibilità e il linguaggio dei propri figli… in modo induttivo”» (Amoris laetitia 264).

Nello spiegare l’origine del titolo, l’autore aggiunge: «Non ho tenuto conto degli aspetti negativi (se considerati tali lo sono in vista del bene che arrecano) che la mobilità comporta ma quelli positivi. Immerso nella natura, l’uomo vive la sua infantilità e ritorna a un pensiero che lo conduce ai primordi della propria esperienza ancestrale. Oggi tutto questo è stato travisato da una società globalizzata e da una tecnologia che allontana dalle “ricchezze” che una vita povera arrecava con sé. C’è un tentativo di ritorno ad esse, sia nel campo nutrizionale, medicinale, etc. L’essere umano, nel percorso del divenire, sperimenta fino in fondo la relazionalità creaturale, cogliendo le gioie e le speranze dell’umanità (GS). Cammin facendo, il percorso serve spesso a  ”dipanare il labirinto delle cose umane”» (Victor Hugo, Notre-Dame de Paris, La Biblioteca di Repubblica, Roma 2003, c. III, 31).

«Mi piace – continua l’autore – riportare il riferimento al giudice Paolo Borsellino, come leit-motiv, colonna sonora del film della vita, perché egli considera l’impegno di ogni essere umano che non ha paura della morte, sa, infatti, che a percorrere la strada, illuminata dalla coerenza, dalla giustizia, dalla solidarietà, etc. ci saranno altri esseri valorosi e pieni di entusiasmo, soprattutto giovani, nel combattere la buona battaglia».

 

 

 

Pesia Oversessanta

oversessantadef.jpghttps://www.facebook.com/franca.molinaro.1/videos/1359737717422945/
Il Circolo Trieste e La Grande Madre a favore della poesia di franca molinaro.
L’anno nuovo inizia all’insegna della poesia, stavolta con poeti più maturi accuratamente scelti tra gli over sessanta nel circondario di San Giorgi del Sannio. L’iniziativa, immaginata originariamente per i coniugi Boniello, ben nota coppia  tra gli ottanta e i novanta, si è poi trasformata andandosi ad inserire in quelle che sono le iniziative mensili del Circolo Sociale Trieste: Facciamo salotto. Il 2017 dunque, inizia con un felice sodalizio tra La Grande Madre, novellina in quel di san Giorgio e le ben consolidate associazioni del territorio,  lunga e gloriosa storia per il Circolo Trieste che vede coinvolti gran parte degli intellettuali di San Giorgio. Rinomata è la rivista “Il Circolo cittadino” che, con tutta la cura del direttore editoriale Tonino Santucci e la collaborazione del pres. Enzo Pedicino, vede la luce trimestralmente con la collaborazione di giovani e di intellettuali esterni, io stessa mi onoro di apportare il mio contributo periodico. Ma quello che ho potuto apprezzare in questo contesto è la collaborazione tra le diverse realtà: l’università della terza età curata da Domenico Genito, nata in seno all’associazione “Oggidomani anziani” con presidente Vittorio Rainone, non disdegna i vicini di casa e partecipa attivamente intrecciando le attività ben consapevole che occorre riunire le forze per ottenere risultati considerevoli. Indispensabile il coinvolgimento della Biblioteca Comunale col direttore Cosimo Caputo, poeta egli stesso ed ottimo operatore culturale, non ultima l’amministrazione comunale col sindaco onnipresente Mario Pepe, a garantire il suo assenso e la disponibilità della sua amministrazione verso le attività culturali di ogni genere. Personalmente son sempre convinta che, non è l’alta qualità del componimento poetico a stabilire la riuscita di un evento ma la capacità aggregativa dell’espressione poetica. Come ha giustamente affermato qualche autore, non siamo noi poeti, saranno i posteri a stabilirlo, ma cosa importa passare alla storia? La vita è in questi attimi fuggenti che rischiano di sfuggirci senza esser goduti, così una sera qualunque si trasforma in occasione di comunicazione in versi, un po’ classicheggianti, qualcuno più moderno, malinconici quelli dialettali ma ogni verso apportatore e stimolatore di sentimenti se non addirittura di notizie. Apprendo, ad esempio, dalla declamazione di Paolo Panella, che un tempo i bambini curavano le escoriazioni alle ginocchia causate dalle cadute, con le foglie della Cinquenervi. La Cinquenervi, Plantago major, è una pianta nota per diverse applicazioni terapeutiche: astringente, diuretica, espettorante, antibatterica, suppurativa,  ora posso aggiungere anche, che facilita la guarigione di ferite sanguinanti. Naturalmente la lingua batte dove il dente duole ed io ho colto una nozione che riguarda strettamente le mie ricerche, altri avranno memorizzato cose a loro care, ricordi, immagini di persone andate; proprio questo punto è stato un nodo forza della serata, il ricordare chi non c’è più o chi non è potuto esser presente, il valore umano e sociale, l’attività didattica svolta all’interno di una comunità. Così San Giorgio si presenta forte di memoria, non nostalgico, perché la nostalgia è concessa per un attimo pensando ai tempi di una volta ma va subito resettata per dar spazio alla consapevolezza che l’oggi è meglio se imparassimo a vivere sano. La memoria di un paese è ciò che lo lega alla terra, che lo fortifica, gli permette di discernere, attraverso l’esperienza, il bene dal male, la via retta da quella sbagliata, e questi pilastri della comunità, rappresentati appunto dagli oversessanta, sono le fondamenta su cui costruire, non si può prescindere dall’esperienza di chi ha abitato la terra prima di noi, l’evoluzione culturale ha lo stesso percorso di quella biologica, siamo una scala lunghissima che non può ignorare gli scalini precedenti. L’abitudine ad esser proiettati velocemente verso il futuro, la necessità di produrre reddito, porta a svalutare le età più avanzate dimenticando il valore umano, culturale e sociale che esse rappresentano. Il Circolo Trieste e suoi collaboratori, è un bell’esempio di impegno sociale a favore dell’età matura ma anche del livello culturale dell’intera cittadina, di interazione tra strutture differenti e di coesione. Lo stesso Rainone si è definiti “Buoni vicini” disponibili, ricordando la mole di attività, dai corsi di lingua, di computer, a tutte le attività dell’università della terza età.
La serata è stata moderata dall’ottimo Tonino Santucci e accompagnata dagli organetti della nostra Daniela Vigliotta, musicista giovanissima sulle tracce della tradizione sonora delle nostre terre, applaudita calorosamente da tutti per la bravura e la passione. Daniela suona e si perde dietro la voce argentina dei suoi strumenti, le dita scorrono meccanicamente ma i suoi occhi brillano di una passione bruciante trasmessale dal caro nonno che sempre ritorna nei suoi commenti.
A declamare i propri versi, vari poeti, chi timido, chi più spavaldo, ma tutti gradevolissimi e senza arroganza come accade a volte tra le classi più giovani.  Franco De Ieso si smarrisce dietro la ricerca dell’eterno in una dicotomia ricorrente: fede – ragione, poi si rattrista nella visione di una umanità dedita alla guerra. Gianni Rinaldi, dopo un commosso elogio a Nicola Boniello, purtroppo assente, procede con una lettura triste e nostalgica che però trasuda di un sentimento infiammato, amore per la donna e per la terra di Sardegna, entrambe scomparse dalla sua vita. Cosimo Caputo ricorda e legge della professoressa Pompea Del Grosso scomparsa anni fa. Giuseppe Romano esordisce con un dialetto brillante, ironico e piacevole, a tratti ecologista, con la simpatia straripante che lo caratterizza. Paolo Panella, personaggio un po’ taciturno, ci stupisce e si commuove di fronte alla freschezza di un fanciullo. Fortunato Degregorio legge il fratello scomparso che ha lasciato un gran vuoto nella famiglia ma soprattutto nel suo cuore, il Fratello Fortunato non aveva la capacità di relazionarsi con la gente dei campi ma avvertiva intimamente la natura. Gerardo Pedicino sostiene che, definirsi poeta è un’offesa alla poesia, eppure i suoi versi sono ricchi di figure retoriche e magnificamente articolati. Definisce le sue “Parole in libera uscita provvisoria con possibilità di revoca”. Chiude il reading poetico Fortunato Vesce di Pietradefusi, medico in Ferrara; la sua poesia ha classe, è lineare e pulita, elegante, gli somiglia e noi abbiamo avuto l’onore di essere stati promotori della sua scrittura dialettale, infatti figura in “Echi di poesia dialettale 2016” con bei versi napoletani.  La Grande Madre decimata dall’influenza è stata rappresentata da Daniela Vigliotta, il fotografo Ciriaco Grasso, da Antonella La Frazia e da chi scrive.
Nell’insieme possiamo esser felici di aver immaginato questa serata e di averla realizzata con eccellenti partener, numeroso pubblico e bravi ma modesti poeti. Si può rifare ha detto qualcuno, aprendo la strada a un 2017 poetico e informale.