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Sesso e sacralità Morrigan Donnaluna

FB_IMG_1510832633086In merito al sesso Sacro.
La sessualità oggi ha perso la sua luce, la sua bellezza originale si è tristemente trasformata in morte. Di tutti i rituali e degli insegnamenti che le Sacerdotesse donavano sapietemente agli adepti rimane ben poco.
Oggi chi si appresta al cammino del Sacro, sente che cercando solo nell’affannarsi della fisicità pesante terrena manca “qualcosa” sopratutto quando uomini e donne “s’incontrano” per fare l’amore, entrambi percepiscono che hanno lasciato fuori una parte importante…ma cosa???
Voler accedere ad una dimensione spirituale del sesso non e cosa facile visto che le caste e le religioni hanno lavorato con sinistra sinergia per estirpare tale grandezza…di cui oggi rimane e ci arriva ben poco.
Questa ricerca in occidente sembra dare pochi risultati a chiunque voglia saperne di più…e questo porta a spostare l’attenzione verso l’Oriente dove si incontrano discipline sdoganate da chicchessia ma che rimangono ancorate altrove e ben lontane dal nostro sentire, l’adozione dello yoga, del tantra o del tao, e similari non ci appartengono, ma nell’affannosa ricerca di quel non so che …dimentichiamo che esse sono ben lontane da quello che noi siamo e ci gettiamo a capofitto in queste discipline solo perché novità d’importazione ma che nella realtà equivale ad una sorta di miraggio sollazzante volto a quietare sono momentaneamente il nostro ego.
Anche se dimentichi dei nostri usi, in maniera inconscia noi possediamo ancora quel’ antico sapere, l’etere ne è impregnato ed inoltre viene gelosamente…serbato dentro, ed attraverso la memoria mitocondriale Femminina…e tramandato per generazioni sino ad arrivare in questa Era tanto sospirata. Dobbiamo rieducare noi stessi alla Sacralità di ogni gesto di ogni contatto e di tutte le energie che noi muoviamo continuamente…e spesso inconsapevolmente, affinchè da dentro di noi riemerga il Sacro che ci appartiene per diritto di Genere. Riprendiamoci il sesso ma prima ancora la sua essenza…che possiamo tranquillamente trovare attraverso il fiore dell’intuire.. dal di dentro, insieme al rispetto per noi ed il nostro sentire.
Le Sacerdotesse dei templi antichi insegnavano a connettere il cuore alla mente e viceversa, sublimandone l’essenza primeva che coesiste in potenza già dentro ogni Donna che incontriamo, ma duemila anni di forzato patriarcato hanno distorto la nostra più intima sostanza…trasformando il mondo in cui viviamo in un carnaio di speculazione…ove la macelleria sociale depreda qualsiasi Sacralità violando l’essenza Prima della Matrix.
L’esperienza di questa dimensione si fa con il corpo ed il cuore…poi…e solo poi viene interpellata la mente, che Sapientemente imbrigliata farà il resto.Il sesso e si un peccato ma solo se praticato invano…al di fuori del contesto Sacrale e del suo percorso evolutivo, sulla terra attualmente e per quasi tutta l’Era di Pisces si è praticato il sesso ad un’ottava bassa (potere, manipolazione, possesso…che ci ha portati a relegare la Donna nei reami bassi di questo mondo…da questo ne è nato l’abominio attuale della pedofilia, utero in affitto, finestra di overton, solo per citarne qualcuno, et cetera. Quello che si praticava anticamente nei Templi o veniva insegnato nei vari Tiaso…possedeva un’ottava alta…e questa portava evoluzione spirituale su ogni piano..perché comunione d’amore ed è questa la chiave di volta…che può divenire ancora un incontro tra due anime e una danza meditativa tra le energie di due persone che si rispettano, nonché il ritorno all’unità, l’estasi Divina dove i corpi sono uniti in una preghiera cosmica, inoltre questo è il solo modo per accogliere sulla terra le grandi anime che si devono incarnare in questo frangente…tocca a noi Donne Femmine di questo tempo trovare la via del Sacro per poterlo donare nuovamente al mondo intero.

Claudio Corvino: Tradizioni popolari di Napoli – franca molinaro

23244537_1680163525380361_8267649654138565412_nDa sempre, porto in borsa un paio di testi cui dedicarmi in stazione, in sala d’attesa, viaggiando. Ne porto più di uno perché può capitare il libro che non si fa leggere, ma stavolta non ho dubbi: mezza giornata tra viaggio e attesa in stazione, occasione imperdibile per concentrarmi su letture di mio gusto. Capita a puntino un acquisto di mia figlia, l’ultima fatica dell’antropologo napoletano Claudio Corvino “Tradizioni popolari di Napoli, usanze, curiosità, riti e misteri di una città dai mille colori” Newton Compton Editori, Roma 2017. L’autore, di cui vanto l’introduzione al mio studio sui canti popolari irpini, è ormai ben noto nel mondo della ricerca antropologica; allievo di Di Nola ne ha ereditato il metodo di studio scientifico che ha affiancato ad una sua spiccata sensibilità per tutte le creature che popolano il pianeta, ne è testimonianza uno dei suoi testi più belli “Orso”. Ma veniamo a questa fatica fresca di stampa, l’intenzione dell’autore è di scrostare quegli stereotipi che si sono formati nel tempo e, dai quali il popolo napoletano si è stranamente lasciato rivestire. La lettura è affascinante non solo per gli appassionati della materia, un qualunque lettore può trovare interessante una curiosità, una spiegazione ad un detto che ripete da sempre ma che non ha idea della provenienza. Corvino ci accompagna in un viaggio tra riti al limite della religiosità, vicoli stretti memori di miseria indescrivibile, piazze ampie dove si ostentava la “magnanimità” dei sovrani, cunicoli e cimiteri, santuari come enciclopedie popolari, suggestioni, santi molto umani, maledizioni e mille altre cose che non posso qui elencare. La peculiarità di Corvino è il trattare ogni cosa con estremo rispetto, giustificando gli effetti dopo aver accuratamente indagato le cause, un po’ come scriveva Aldo Grieco nella presentazione del mio testo sui proverbi ternari “Trova giustificazioni per tutto senza condannare nessuno”. E forse è proprio questa la grandezza di uno studioso che si accinge ad indagare la storia di un popolo, avere la capacità di spostare il proprio punto di attenzione, passare dall’altra parte, immedesimarsi nello sventurato o sventurata che deve tutelare la prole, dimenticare il proprio bagaglio culturale ed approcciare l’altro con empatia, entrando in sintonia con la sua sofferenza o gioia. Nella nostra tradizione son presenti fenomeni che non hanno giustificazioni se visti dall’esterno, uno per tutti il rito dello “strascino” che i nostri emigrati esportarono negli States, criticato ferocemente dagli Americani, una cosa abominevole, inammissibile, eppure utile nell’economia di quella etnia che l’aveva generata. Così oggi, nessuno immaginerebbe di adottare un teschio, sarebbe più ragionevole un’adozione a distanza di un bambino bisognoso, ma cosa sappiano noi delle necessità di quella gente senza la camicia, come il Peppiniello di “Miseria e nobiltà”, nei vasci scuri che ci descrive Filomena Marturano? Corvino ci prende per mano e di fronte ad ogni caso si ferma per condurci a ritroso, ci presenta gli eventi attraverso la penna di altri di modo da capire come, nel tempo, gli umani, soprattutto gli scrittori, osservano e scrivono, ben lontani dalla delicatezza e comprensione del Nostro o di chi vive dall’interno la tal cosa. Il testo parla del territorio partenopeo quindi, noi dell’entroterra, possiamo scoprire cose di cui non eravamo affatto a conoscenza perché lontane dalle nostre costumanze, ad esempio il carnevale napoletano, l’adozione del teschio, i femminielli integrati, la smorfia o le comari di San Gennaro; e ci mette addosso una tal voglia di scoprire questa Napoli differente da come siamo abituati a pensarla. Lo sentiamo poi più nostro quando va a interessare i luoghi del territorio come Montevergine, ma anche i luoghi del nostro immaginario collettivo. Leggendo in modo più accurato ci ritroviamo totalmente nel tessuto mitico, nelle credenze, nel modo di sconfiggere le paure per affrontare la vita, nella necessità di affidarsi ad una potenza infallibile per mettere in salvo i propri affetti. Questo forse perché passano i millenni e l’uomo non cambia; si evolve tecnologicamente, culturalmente, ma i meccanismi inconsci sembrano essere sempre gli stessi. In più passaggi ho riconosciuto i costumi dell’entroterra ma, nel capitolo dedicato ai voti, ho proprio ritrovato me stessa nell’atto di consegnare più di un chilo d’oro alla Madonna della Neve, le avevo chiesto aiuto per mia figlia data per morta dai medici. In quel momento gli uomini avevano decretato la morte, le loro cure avevano fallito, la mia disperazione poteva placarsi solo nell’invocazione a quell’entità che la cultura della mia gente riteneva infallibile. La mia bambina, data per morta, si risvegliò, forse con l’aiuto della Grande Madre cristiana, forse con un grande atto di preghiera collettiva, forse il destino. Attesi al mio voto ed oggi non rimpiango la quantità di ricchezze e orpelli che ho perduto, anzi, rifuggo l’oro come energia negativa per la mia persona. Come il popolo napoletano, anche io son stata criticata per questa scelta ma chi osa giudicare non conosce la disperazione a monte. Dunque, invece di comprare cose inutili ed effimere, entrate in libreria, comprate il testo di Corvino, leggetelo con attenzione e fate tesoro di ogni parola, vi convincerete che prima di esprimere qualsiasi parere è opportuno conoscere a fondo le cose, successivamente vi asterrete di proposito dall’azzardare giudizi.