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    I  ‘SEPOLCRI’ – ANTICO  RITO  DI  PRIMAVERA di MARIA IVANA TANGA

lavureddi-02.jpg Festa del rinnovamento cosmico, la Pasqua cristiana, per molti versi, si rifà ad antichi mitologemi che affondano le radici nel lontano passato, in particolare, a quei rituali primaverili in voga in area medio-orientale, nella fascia compresa tra la Mesopotamia e la Palestina. ‘Le festività pasquali, a ben riflettere, hanno tutte le caratteristiche delle mediterranee feste di primavera, plasmate sul dramma di morte-rinascita insito nelle leggi di Madre Natura’ osserva l’antropologo Mircea Eliade (‘Trattato di storia delle religioni’). Pensiamo al mito del Dio che muore e rinasce, dall’egiziano Osiride, al greco-tracio Dioniso, al fenicio Attis, dal babilonese Tammuz al frigio Adone: è questo un mitologema profondamente radicato  nella cultura mediterranea, cardine di una spiritualità sgorgata dall’incontro tra l’uomo e la Natura. Dal sangue di Osiride spunterà la prima spiga di grano, da quello di Adone, secondo una leggenda siro-babilonese, sbocceranno i primi anemoni, mentre dal sangue di Dioniso, la vite, da quello di Attis le violette, da Tammuz l’ albero di palma, albero ritenuto sacro dalle genti mesopotamiche.
Secondo la mentalità arcaica, il sangue versato da un Dio avrebbe avuto la facoltà di rigenerare la Natura, ma anche l’umanità tutta. E’ il sangue che lava i peccati del mondo, che cerca di redimere l’ uomo. L’analogia tra gli antichi miti mediterranei e il mitologema salvifico della Pasqua cristiana è quasi impressionante. Sarà proprio sul retaggio di questi antichissimi culti agrari che il popolo ebraico indirà la festa di Pesah (la Pasqua ebraica), coincidente con il primo plenilunio successivo all’equinozio primaverile. Una festività che celebra, dunque, il  passaggio dall’inverno alla primavera (la parola ‘pesah’ vuol dire ‘passaggio’, ‘passare oltre’). Una festa ‘mobile’, la Pasqua cristiana, legata alle fasi lunari, a differenza del Natale, legata all’astro solare, immobile, fisso.
Tra i tanti riti ancora in vita nel nostro sud contadino, i cosiddetti ‘Sepolcri’ vengono a rivestire un particolare significato, sia dal punto di vista folklorico che antropologico. Una settimana prima della Pasqua, a Vallata, le donne usano, ancora oggi, seminare del grano in speciali contenitori di legno a forma di croce. Questi speciali vasi, posti in luoghi bui, germoglieranno nel giro di pochi giorni. La sera del giovedì santo le vallatesi li portano in chiesa, decorati con nastri e fiori colorati, per addobbare il sepolcro di Gesù. Di qui, l’appellativo cristianizzato di ‘sepolcri’ per queste particolari composizioni che inneggiano alla rinascita del cosmo, ed insieme, alla resurrezione di Nostro Signore. E’ questa un’usanza che affonda le radici nella remota paganità, frutto delle sedimentazioni, delle commistioni verificatesi, nel corso dei secoli, nell’alveo della ‘cultura mediterranea’.
Per celebrare la morte tragica di Adone, il bellissimo dio frigio della vegetazione, ucciso da un cinghiale, in Grecia e nel Mediterraneo orientale, vennero instaurate le ‘Adonìe’. Feste della fertilità, connesse con la rinascita della natura, il cui fulcro ruotava proprio intorno all’allestimento dei cosiddetti ‘giardini di Adone’.
Un rituale, questo, che la mitologia cristiana provvederà a fare proprio, in un palese processo di assimilazione culturale. Adone come Cristo, dunque: un parallelo con il quale si è tentato di spiegare, in epoche diverse e presso culture diverse, il miracolo della Natura che si rinnova, il mistero della vita sospeso tra morte e rinascita. I ‘Sepolcri’ irpini non sono, dunque, altro che una sorta di Adonìe ‘cristianizzate’. Il mito di Adone, incentrato sul concetto del dio che muore e rinasce, interpretava, agli occhi degli antichi, il ciclo di ‘morte-rinascita’ insito nelle leggi naturali. Il sangue del dio morto infonderebbe, inoltre, nuova energia al cosmo. Tanto che, ‘i giardini d’ Adone’, per Frazer, ‘sarebbero degli incantesimi per incoraggiare la crescita della vegetazione e soprattutto delle messi’.