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Il Piccolo Popolo del prof Giovanni Pellegrino/prof.ssa Ermelinda Calabria

downloadIn questo articolo ci occuperemo dell’importanza della credenza nell’ esistenza del Piccolo popolo nella Wicca. Dobbiamo premettere che in questi anni i racconti riguardanti gli incontri con i componenti del Piccolo Popolo (fate, gnomi, elfi,folletti) sono tornati alla ribalta in quanto un numero considerevole di individui ha sostenuto, sia interviste rilasciate ai giornali sia in alcune trasmissioni televisive, di aver incontrato questi esseri magici. Inoltre, sono stati pubblicati libri che parlano degli incontri con esponenti del Piccolo Popolo e delle loro caratteristiche fondamentali. Dobbiamo dire che nel Medioevo e anche in epoche immediatamente successive erano moltissime le persone che non solo credevano all’ esistenza del Piccolo Popolo ma raccontavano di aver incontrato alcuni componenti di esso e in alcuni casi di essere state rapite da essi.

Esistono diverse leggende intorno alla genesi del Piccolo Popolo ma la più famosa è una leggenda islandese caratterizzata da un evidente sincretismo religioso in quanto mette insieme elementi tratti dalla religione cristiana con elementi tratti dalle religioni pagane. Tale leggenda racconta che un giorno il dio biblico andò a far visita a Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre. Egli chiese a Adamo ed Eva di mostrargli i loro figli ma Eva non mostrò a Dio alcuni dei suoi figli suscitando la disapprovazione di Dio che disse: “Ciò che è stato nascosto a me sarà celato agli uomini”; pertanto, quei bambini divennero invisibili al resto dell’umanità abitando nelle rocce e nelle valli dando origine al Piccolo Popolo che non può essere visto a meno che esso stesso non decida di mostrarsi agli uomini.

Gli adepti della Wicca ritengono sia molto importante cercare di entrare in contatto con il Piccolo Popolo e stabilire buoni rapporti con esso dal momento che sono convinti che essi possiedono delle conoscenze oramai non più in possesso degli esseri umani, conoscenze che essi sono disposti a rivelare a tutti coloro che risultano simpatici e graditi. Inoltre, i Wiccan ritengono che questi esseri magici abbiano il potere di aiutare gli individui che si trovano in difficoltà utilizzando i loro poteri magici sebbene essai offrano il loro aiuto solamente a quelle persone che risultano loro essere simpatiche. I Wiccan sostengono che questi esseri magici sono molto suscettibili e permalosi ragion per cui bisogna stare attenti a non urtare la loro sensibilità se non si vuole correre il rischio di subire le loro vendette e i loro dispetti. I Wiccan sostengono che i luoghi nei quai è più facile entrare in contatto con questi piccoli esseri sono i boschi, gli alberi nei pressi delle fonti, i pascoli di alta montagna, i siti archeologici, nelle grotte nelle caverne e nelle miniere. Dobbiamo precisare che questi esseri abiterebbero in una dimensione parallela alla nostra: tale dimensione è in comunicazione con la nostra ragione per cui essi possono facilmente entrare nel nostro mondo e instaurare rapporti con gli esseri umani.

La Rangoni afferma che gli esponenti del Piccolo Popolo abitano la cosiddetta Terra di mezzo, un mondo tra i mondi, in comunicazione con il nostro tramite alcune porte invisibili che si aprono per volere del Piccolo Popolo o in certi particolari momenti dell’anno. Come abbiamo detto in precedenza il Piccolo Popolo è formato dalle fate, dagli gnomi, dai nani, dagli elfi e dai folletti. Vedremo ora quali caratteristiche attribuiscono i Wiccan ai vari esseri magici in questione.

Per quanto riguarda le fate i Wiccan le considerano esseri dotati di grandi poteri magici. Esisterebbero diversi tipi di fate che si differenziano le une dalle altre per il fatto che esse vivono in elementi diversi (aria, terra, acqua e fuoco). Per quanto riguarda le fate dell’aria i Wiccan credono che  assumano le sembianze di uccelli farfalle lucciole. Le fate che si possono incontrare più frequentemente sono le silfidi che sono chiamate da molti autori le spose del vento dal momento che giocando tra loro possono scatenare uragani e tempeste. Intorno alle fate della Terra si racconta che abitino nel terreno e che siano molto buone cosicché dove vivono le fate della terra vi è sempre abbondanza, prosperità ed allegria in quanto la loro stessa presenza allontana la sfortuna. Per quanto riguarda le fate dell’acqua dobbiamo dire che le più famose sono le ninfe che a detta dei Wiccan amano cantare, danzare e nuotare nei laghi e nei torrenti di montagna. Inoltre, esse sarebbero solite filare e tessere sulle sponde dei fiumi. Per quanto riguarda le fate del fuoco i Wiccan sostengono che  spesso si stabiliscono nei pressi dei camini e delle stufe dato che abitano tra le fiamme. Le fate del fuoco rivestono particolare importanza per le sacerdotesse della Wicca dal momento che  sono convinte che avere nella loro casa uno di questi esseri magici debba essere considerato un segno di benevolenza da parte della Dea nei loro riguardi.

Gli gnomi vengono considerati i più facili a incontrare tra i rappresentanti del Piccolo Popolo. I Wiccan sostengono che spesso  si affezionano agli uomini vivendo vicini alle loro case e sono disposti a prestare il loro aiuto in cambio del tabacco o di un bicchiere di vino, tuttavia, gli individui che hanno la possibilità di incontrare li gnomi non devono rivelare a nessuno di essere in contatto con loro altrimenti lo gnomo andrà via dopo aver fatto loro una serie di dispetti. I nani al contrario degli gnomi sono molto difficile da incontrare poiché si mostrano solo di notte sotto forma di fuochi fatui. Sarebbero lavoratori instancabili molto abili a costruire oggetti magici anche se sarebbero molto vendicativi ragion per cui bisogna evitare di suscitare la loro ira.

Per quanto riguarda gli elfi i Wiccan li dividono in diversi gruppi tenendo conto del loro habitat. Esisterebbero tre tipi di elfi: elfi dei mondi, dell’acqua e delle foreste. Si racconta che sia molto difficile entrare in contatto con questi esseri magici dal momento che essi non ricercano frequentemente la compagnia degli uomini.Tuttavia, le rare volte che decidono di farsi vedere la loro apparizione è accompagnata da una musica dolcissima che determina negli individui che la ascoltano delle sensazioni indescrivibili. I Wiccan sostengono che la musica elfica sia l’unico grande dono che gli uomini possano ricevere da questi esseri magici dal momento che dopo aver ascoltato tale melodia tutte le energie negative che fanno sentire la loro influenza sugli uomini scompaiono cosicché l’individuo che ha avuto la fortuna di ascoltare la musica elfica attirerà su di sé solamente eventi positivi.

Per quanto riguarda i folletti i Wiccan raccontano che tali esseri magici hanno la tendenza a farsi vedere spesso dagli esseri umani dal momento che gradiscono molto la loro compagnia.Tuttavia, hanno la tendenza, a detta dei Wiccan, ad infastidire e fare scherzi alle persone che risultano loro antipatiche nascondendo loro gli oggetti, facendo loro dire cose senza senso, facendoli inciampare. I Wiccan credono che esistano tre tipi di folletti: folletti dell’aria, folletti del fuoco e folletti degli alberi. Per quanto riguarda i primi i Wiccan ritengono che abitino nell’ aria e sono soliti sposare le nuvole e creare mulinelli di aria. I Wiccan invocano spesso questi esseri magici perché sono molto propensi a scherzare con gli esseri umani. I Wiccan sono invece molto restii a invocare i folletti del fuoco dal momento che non essendo consapevoli dei loro poteri possono provocare degli incendi causando danni alla natura nei confronti della quale i Wiccan nutrono fortissimo amore. Infine, i folletti degli alberi vengono spesso invocati dai Wiccan dal momento che li ritengono in grado di donare energia e pensieri positivi a coloro che riescono a entrare in contatto con loro.

Secondo i Wiccan per riuscire ad evocare gli esponenti del Piccolo Popolo bisogna rispettare alcune regole fondamentali infrangendo le quali risulterebbe impossibile entrare in contatto con questi esseri magici. In primo luogo è necessario credere fortemente alla loro esistenza. In secondo luogo occorre recarsi  lontano dalla civiltà e dalla confusione. In terzo luogo è preferibile cercare di entrare in contatto con questi esseri magici in alcuni giorni dell’anno ben precisi dal momento che i varchi che uniscono la loro dimensione con la Terra di mezzo si aprono solo poche volte. In quarto luogo,  durante l’evocazione degli esponenti del Piccolo Popolo si deve assumere un atteggiamento umile. In ogni caso i Wiccan sottolineano che il fatto di seguire queste regole non garantisce assolutamente  di contattarli dal momento che la decisione di farsi vedere o di non farsi vedere è una libera scelta di tali esseri. In conclusione, dobbiamo precisare che gli esponenti del Piccolo Popolo non possono essere in nessun modo obbligati a mostrarsi agli esseri umani anche se vengono invocati seguendo tutte le regole.

Prof. Giovanni Pellegrino /  Prof. Ermelinda Calabria

 

 

 

Un abete  per Natale franca molinaro

imagesCon l’arrivo dell’Avvento, case, strade e piazze si riempiono dei simboli natalizi, luci, presepi, alberi addobbati, elementi che vanno perdendo sempre più il significato originario fino a divenire merce abusata del consumismo. L’uso di creare e diffondere decorazioni natalizie, all’inizio del ‘900, partì dall’America per diffondersi poi in tutto il mondo occidentale. L’albero maggiormente usato per addobbi natalizi è l’abete bianco ma non si disdegna quello rosso e, non avendo di meglio son divenuti alberi di Natale quelli che meglio si prestano all’addobbo e che sono già impiantati in giardino. L’abete bianco, Abies alba, è pianta da clima alpino, da noi meglio si adatta il rosso, Picea abies, dalla cui corteccia si può ricavare tannino e dalla resina si ricava la “Resina di Borgogna” e la “Trementina di Strasburgo”. Il legno è di colore giallognolo, poco pesante, tenero, è facilmente lavorabile perciò largamente impiegato in falegnameria, nella costruzione di mobilio non di pregio, e di varie parti leggere e resistenti, se non trattato non ha una grande resistenza agli agenti atmosferici. Il legno del peccio, questo è il suo nome più comune, ha un forte potere calorifico, dato dalla resina che contiene, ed è superiore anche al faggio, alle querce ed al carpino. Un particolare e pregiatissimo legno prodotto dall’abete rosso in determinate condizioni stazionali con crescite molto lente e regolari, viene chiamato “abete di risonanza” o “legno di risonanza”, particolarmente adatto alla costruzione dei migliori strumenti musicali a corda.
Ma torniamo al nostro albero di Natale. De Crescenzo spiegava che è tradizione del Nord allestire l’albero, mentre il presepe è cosa del Sud. Ciò è cosa vera solo in parte. Robert Graves nei “Miti greci”, interpreta il mito di Kaineùs e da questo deduce l’esistenza di un antico rito dedicato alla Grande Madre in cui compare una prima sacralizzazione dell’abete. La ninfa Kaineìdes posseduta da Poseidone, su propria richiesta, fu da questi trasformata in un invincibile guerriero, Kaineùs. Questi, inorgoglito dal suo potere piantò, nella piazza del mercato, una lancia di abete e costrinse tutti ad offrirgli sacrifici. Giove irato chiamò i centauri che riuscirono a ucciderlo picchiandolo sul capo con tronchi di abete, poi lo coprirono con questi per farlo soffocare finchè il suo spirito non volò via. Graves spiega il mito ipotizzando che nella piazza del mercato, in primavera, venisse innalzato un abete mentre gli uomini, armati di magli, percuotevano in testa un’effige della Madre Terra per liberare lo spirito dell’anno nuovo. Dunque la tradizione dell’albero natalizio dovrebbe essere legata ai riti della Grande Madre e sarebbe nata nel cuore del Mediterraneo. Questa ipotesi non smentisce il grande culto che i popoli nordici avevano degli alberi e dell’abete in modo particolare, soprattutto quello bianco. Nel calendario celtico l’abete era consacrato al giorno della nascita del fanciullo divino, giorno che seguiva il solstizio d’inverno. In questo solstizio, in cui la notte raggiungeva il massimo del buio, la mancanza del sole doveva essere cosa terrificante, la paura di un non ritorno generava ritualità atte a scongiurare una simile catastrofe. Si credeva che l’abete fosse capace di operare magie perché non perdeva le foglie nemmeno con temperature gelide. Quindi, presso alcuni popoli del Nord, veniva tagliato e portato a casa dove era addobbato con i frutti reperibili in tal periodo: mele, melograni, sorbi, melacotogne; ghirlande, dolciumi e uova dipinte. Intorno all’albero poi, si trascorreva la notte spesso in eccessi orgiastici, quest’ultimi condannati da Geiler von Kayserberg, un predicatore della cattedrale di Strasburgo. L’abete era anche albero cosmico per molti popoli data la sua statura e longevità. L’abete, sia il bianco che il rosso, può raggiungere i 60 metri di altezza con un tronco dritto e perfetto, con una circonferenza di due metri e può vivere fino a 500 anni. Numeri condivisi con poche altre entità botaniche. Queste sue caratteristiche lo candidavano ad albero della vita per antonomasia. Si pensava che sui suoi rami crescessero creature fantastiche e gli stessi sciamani nascessero nella sua chioma, mentre nel suo tronco abitava il genio della foresta.  In alcune regioni settentrionali si crede ancora che l’abete abbia gran potere contro il malocchio e sia capace di tenete lontani i fulmini, vi è infatti un uso curioso: si cima la pianta in modo da lasciare in alto cinque rami a formare una mano aperta, questa mano divina accoglie i fulmini e impedisce che cadano sugli uomini e sulle abitazioni. Un eco delle tradizioni equinoziali nordiche fu introdotto nei territori invasi dai “barbari”, tant’è vero che i Romani decoravano le loro case con rami di Pinaceae durante le calende di gennaio. La cristianizzazione ne proibì l’uso ma non sempre i culti pagani si potevano cancellare, più spesso si recuperavano e si  investivano di nuovi significati quindi, un albero importante come l’abete non poteva che simboleggiare Cristo. Nel 1840, la principessa Elena, nuora di Filippo di Orléans, introdusse l’albero a Parigi, nel palazzo di Tuileries, con gran sorpresa della corte. Agli inizi appannaggio di pochi ricchi, l’albero addobbato presto conquistò anche le umili dimore foss’anche rappresentato solo da un ramo di Pinus pinea, il pino domestico che in questo periodo viene abbacchiato per raccogliere le pigne da cui si estraggono i gustosi pinoli impiegati in cucina. Anche il pinolo ha da dire la sua, infatti, se aperto vi si trova un germoglio bianco che è passato alla leggenda come “la manina di Gesù”. In diverse specie e forme, l’abete continua ad abitare le nostre case, sempre più svuotato delle sue sacralità e del suo potere benefico. Oggi si va sempre più perdendo coscienza di quegli elementi che legano l’uomo alla terra attraverso il rispetto e la comprensione delle sue creature, si è passati dalla pianta vera all’alberello finto, realizzato con diversi materiali, perdendo anche il piacere olfattivo generato dagli aromi resinosi della sua linfa.

 

 

TRA  FUOCHI E FIAMME  (Antiche  tradizioni del Natale irpino) di  MARIA IVANA TANGA

downloadLa sera della vigilia di Natale, in Alta Irpinia, era consuetudine mettere ad ardere  nel camino un ceppo di quercia  detto ‘cippone’ (dal latino ‘cippus’). Era il nonno, con aria solenne, a porlo ad ardere nel camino, ‘locus sacer’ della casa, regno dei sacri Lari, divinità protettrici dell’intimità domestica. Il ceppo doveva consumarsi lentamente durante tutto il ‘dodekameron’, i magici dodici giorni compresi tra il Natale e l’ Epifania. E ciò per esorcizzare le negatività accumulate nell’anno trascorso e tener lontane le forze del male, che, in questa epoca di passaggio si credeva fossero particolarmente attive. ‘I giorni solstiziali erano sentiti come delicati e decisivi momenti di passaggio – scrive Gian Luigi Beccaria- momenti dell’anno gravidi di incertezza, di cui gli spiriti maligni cercavano di approfittare’ (‘I nomi del mondo’). In particolare, il camino, quale luogo di passaggio che metteva in contatto cielo e terra, era decisamente a rischio, ricettacolo degli spiritelli della casa e delle anime dei parenti defunti. Tanto che, alcuni studiosi vedono nella tradizione del ‘ceppo’ un rituale magico-purificatorio, risalente ai culti  domestici dell’antica Roma, incentrati intorno alla purificazione del  focolare sacro, ‘omphalos’, centro della casa, nonché, dimora degli spiriti degli antenati.

Per la mitologia cristiana, invece, l’accensione del tronco rientra tra i rituali della vigilia di Natale, legati all’attesa della nascita di Nostro Signore. Secondo il credo popolare, la fiamma emanata dal ceppo servirebbe a scaldare il Bambin Gesù e la Madonna nella notte santa.

Una grande carica positiva, energizzante e, allo stesso tempo, un grande potere purificante  era attribuito dalle popolazioni irpine al ‘ceppo’ natalizio. Alle scintille, a ‘re scatèdde’ del ‘cippone’ era attribuito un potere magico e divinatorio: se queste si sprigionavano copiose dalla legna era segno di buon augurio e di prosperità per l’ òikos, per il nucleo familiare. Ai carboni del ceppo erano attribuite, invece, proprietà apotropaiche, tanto che venivano sparsi sui tetti delle abitazioni e nelle stalle per tenere lontane le forze del male e le calamità. Mentre, le ceneri erano ritenute capaci di incentivare la fertilità della terra, tanto che venivano sparse sui campi e sulle zolle in segno propiziatorio. Un rito, questo del ceppo, dalla doppia valenza, dunque, sia purificatoria che propiziatoria, che va inquadrato nella più ampia cornice dei rituali del ‘solstizio’ d’ inverno.  Secondo l’ etnologo tedesco Mannhardt, la tradizione del  ceppo rientrerebbe tra quei ‘culti arborei’  propri del periodo ‘solstiziale’ al pari dell’albero di Natale. Entrambi vengono ad incarnare lo spirito della vegetazione, in un’epoca di crisi produttiva, vegetativa. L’accensione del ceppo, come l’addobbo e l’illuminazione dell’abete natalizio, sono rituali arborei propiziatori, tendenti a sconfiggere le tenebre e a risvegliare le forze germinative di madre natura, assopite nella stagione invernale.

Tra il 21 e il 24 dicembre il sole sembra fermare il suo moto astrale, in una posizione di stasi apparente, tanto che la parola ‘solstizio’ (lat. ‘sol stitium’) sta a significare ‘sole fermo’. Inoltre, l’ astro solare, in questi giorni, raggiunge il punto di massima distanza dall’ equatore, tanto che la sua luce e il suo calore sono al minimo della loro potenza. Si avranno, così, le notti più lunghe e i giorni più corti dell’ anno. Un periodo critico, di passaggio, ritenuto magico e, allo stesso tempo, drammatico, celebrato con numerosi rituali volti a richiamare la luce e il calore solare. Secondo quanto afferma l’antropologo James Frazer, ‘il ceppo natalizio, così presente nelle celebrazioni popolari del Natale, ha, evidentemente, il compito di aiutare lo stanco sole di mezz’ inverno a riaccendere la sua vacillante luce’ (‘Il ramo d’ oro’). La fiamma emanata dal ceppo, allontanando il buio e il freddo, è volta ad incentivare, a stimolare l’energia solare, tanto necessaria al risveglio della Natura.  Ma non solo. Come osserva Franco Cardini, ‘il ceppo che brucia nel camino  è collegato all’idea del consumarsi del vecchio sole solstiziale’ (‘Il libro delle feste’), in vista della nascita del ‘nuovo’ sole  che, dal 25 dicembre, ricomincia il suo cammino trionfale verso il ‘solstizio d’ estate’.

‘Sole invincibile’ lo chiameranno gli antichi popoli mediterranei, i quali gli renderanno omaggio con numerosi cerimoniali che avranno al loro centro il fuoco. Per la mentalità primitiva, la nascita-ri-nascita del sole veniva a coincidere con la nascita di un sommo nume della Natura. Tanto è vero che, la data del 25 dicembre, nell’ antica Persia coinciderà con la nascita del dio  Mitra, adorato come ‘dio solare’ in tutta l’ area mediorientale ben tremila anni prima di Cristo. In Egitto, in questo giorno, si celebrava la nascita del grande Osiride, Signore del cosmo. Sempre nella data del 25 dicembre, a Babilonia ricorreva il genetliaco del dio Tammuz, adorato come nume della Natura, mentre la Siria festeggiava la nascita di Adone, somma deità della vegetazione. L’ antica Grecia ricorderà, in questa data solstiziale, Helios, il dio Sole, fonte di vita.

Il ‘culto del sole’ arriverà a Roma grazie a Giulio Cesare, il quale porterà dall’ Egitto, al suo seguito, diversi sacerdoti seguaci di Helios, insieme agli obelischi del tempio di Heliopolis.  Inoltre,  il calendario solare egiziano verrà adottato dai romani col nome di ‘Calendario Giuliano’, in onore di Giulio Cesare. Ma a dare maggiore impulso alla religione ‘solare’  sarà l’ imperatore Eliogabalo, che, dalla sua Siria, introdurrà il culto del dio Mitra a Roma.

Sarà sotto l’ influenza di questi antichi culti solari che l’ imperatore Aureliano,  nel 270 d. C., fisserà alla data del 25 dicembre la festa del ‘Dies Natalis Solis Invicti’, ossia, ‘il giorno della nascita del Sole invincibile’, del sole che vince sulle tenebre invernali.

Per effetto della ‘magìa simpatica’, accendere fuochi nelle fredde notti  invernali equivale a mimare e ad evocare la luce solare.

E’ così che, per tutto il periodo solstiziale, anche l’ Irpinia si accenderà di fiamme e di falò beneauguranti, per scacciare le tenebre e il male. ‘Fuochi di gioia’ li chiameranno gli antropologi.

Ad inaugurare, il 6 di dicembre,  l’ epoca delle ‘feste del fuoco’ irpine saranno i falò, le ‘vampalorie’ di Volturara irpina e di San Nicola Baronìa, entrambi in onore di San Nicola di Bari. A seguire, la sera del 7 di dicembre , Bonito accenderà la sua ‘focalenzia’ in onore dell’ Immacolata Concezione, anche detta, ‘Madonna de lo foco’ dagli abitanti di Lioni, i quali le tributano fuochi e fiamme, in una commistione di sacro e profano. ‘Fabula ignis’, ‘favola di fuoco’ si intitola la manifestazione montellese dedicata alla tradizione del falò dell’ Immacolata. Mentre, ‘fuochi di gioia’ si accendono per il 13 dicembre a Mugnano del Cardinale, in onore di Santa Lucia, ‘Signora della luce’. Sempre Bonito accende i fuochi della venuta la sera del 24, a Morroni in particolare la tradizione è molto sentita. La popolazione di Baiano renderà onore a S. Stefano, il 26 dicembre, con l’accensione del ‘focarone’.

 

 

 

L’ IMPORTANZA DELLA MAGIA NELLA WICCA –     Prof. Giovanni Pellegrino&   Prof. Ermelinda Calabria 

                Vi è un gran numero di studiosi che si interessa al fenomeno sempre più ricorrente del Neopaganesimo, per il nostro blog continua a scrivere il prof. Giovanni Pellegrino e la prof.ssa Linda Calabria​. Teniamo a precisare che gli studiosi affrontano il tema in modo asettico, da esatti studiosi, senza prendere posizioni religiose, solo per questo abbiamo accettato di pubblicare i loro articoli. Pertanto anche il modo di utilizzare il termine “magia” rientra negli schemi canonici, senza indicare che, probabilmente la magia di cui si va discorrendo è ben altra cosa, quella cioè che si intende in alcuni ambiti spirituali. Anche le considerazioni sul cristianesimo sono obiettive e non di parte, per questo ben vengano. (Nota della Redazione)

    download   In questo articolo prenderemo in considerazione l’importanza della magia nell’edificio dottrinale della Wicca, importanza senza dubbio considerevole. La Wicca pertanto deve essere considerata una vera e propria religione magica in quanto attribuisce una grandissima importanza ai riti magici che debbono essere considerati a detta dei Wiccan uno dei pilastri della nuova Era, ovvero l’Età dell’Acquario. Secondo gli adepti del neopaganesimo l’Età dell’Acquario ha preso il posto dell’Età dei Pesci caratterizzata dalla nascita e dal dominio della religione cristiana che costrinse man mano la religione pagana a lasciarle il posto. Di conseguenza gli ultimi adepti del neopaganesimo vennero costretti a svolgere i loro riti in segreto per non correre il rischio di essere perseguitati.Tuttavia, la Chiesa Cattolica non riuscì ad eliminare completamente il Paganesimo che nelle zone rurali mantenne una certa presa su una minoranza di individui. In sintesi, piccole congreghe pagane, sparse nel mondo, sarebbero riuscite a tramandare di generazione in generazione una parte delle dottrine dell’antica religione Pagana. A dire dei Wiccan, l’arrivo dell’Età dell’Acquario determinerà il declino e la crisi della religione Cristiana e un ritorno in grande stile del Paganesimo che si prenderà una clamorosa rivincita sul Cristianesimo. In effetti come sanno gli storici delle religioni e i sociologi della religione, la religione Cristiana nel mondo occidentale sta attraversando una forte crisi dal momento che la maggior parte degli adepti del Cristianesimo adottano comportamenti non in linea con i dogmi della religione Cristiana, segno questo evidentissimo di crisi.Tuttavia, gli storici delle religioni sanno anche che nelle Nazioni del terzo mondo la religione Cristiana non è assolutamente in crisi tanto vero che in alcune aree geografiche i cristiani resistono con coraggio anche a numerose e ripetute persecuzioni.

Dopo questa breve digressione torniamo a parlare dell’importanza della magia nella dottrina della Wicca. Secondo i Wiccan la magia ha il compito di preparare l’umanità alle due fasi dell’era dell’Acquario offrendo garanzie, sicurezza e protezione dalle forze negative che agirebbero nella fase iniziale della nuova Era ovverosia l’Età dell’Acquario. Inoltre, la magia secondo la Osuna dovrebbe fornire le conoscenze necessarie per portare al definitivo trionfo di tale Era. Dobbiamo precisare che i Wiccan credono che la prima fase dell’Età dell’Acquario sarà un periodo particolarmente difficile durante il quale ci saranno molti problemi che sarà necessario superare in maniera brillante per fare in modo che la Nuova Era si affermi in maniera definitiva. Infatti, nella seconda fase della Nuova Era a detta dei Wiccan si avrà un notevole progresso spirituale dell’umanità. A dire dei Wiccan la magia renderà possibile o per lo meno faciliterà la fine dell’Era dei Pesci e permetterà l’affermazione del culto dedicato alla Dea. In sintesi, i Wiccan sono convinti che la magia permetterà di migliorare la vita dei singoli individui, darà nuova energia al nostro pianeta fortemente danneggiato dall’inquinamento, darà modo di instaurare un rapporto più diretto con la Divinità ed inoltre permetterà agli uomini di acquistare consapevolezza delle grandi potenzialità insite nel genere umano. Da quanto abbiamo detto fin’ora appare evidente che la religione cristiana e la Wicca possiedono una concezione assolutamente antitetica e inconciliabile della magia dal momento che la prima condanna in maniera esplicita tutte le forme di magie mentre la Wicca esalta oltre ogni limite la magia considerata un elemento essenziale della religione pagana (i Wiccan rifiutano però la magia nera). Scott Cunningham afferma che la magia è la proiezione di energie naturali finalizzate alla produzione di determinati effetti. L’ energia che è alla base della magia ha tre fonti principali: il potere personale, il potere della Terra ed il potere divino.

Secondo la Wicca il potere personale è l’energia vitale che permette l’esistenza terrena degli individui. Tale energia vitale viene fornita agli esseri umani dalla Luna e dal Sole nonché dal cibo e dall’acqua. A sua volta il potere della Terra è insito nel nostro pianeta: esso si trova nelle pietre, negli alberi, nel vento, nel fuoco nei cristalli nei profumi e pertanto tutti questi elementi della natura possono essere utilizzati nei rituali magici. Sia il potere Personale che quello della Terra sono considerati dalla Wicca manifestazioni del terzo potere, quello divino. A detta dei Wiccan il potere divino è una energia che esiste nella Dea e nel Dio: essi hanno creato l’universo. Tutte le volte che i Wiccan celebrano un rito magico al fine di realizzare un loro desiderio si avvalgono sia del potere personale, sia di quello della Terra sia di quello divino, cercando di creare un collegamento armonico tra questi tre poteri.

Per dirla in altro modo i Wiccan considerano la magia il mezzo più efficace per assumere il controllo della propria vita, per fare in modo che gli avvenimenti esterni prendano un corso che sia conforme ai loro desideri e per migliorare lo stato energetico del nostro pianeta. I Wiccan sono altresì convinti che la magia sia il mezzo migliore per trasformare i loro sogni in realtà. Dal momento che essi ritengono che le forze che entrano in gioco nei riti magici derivino in ultima analisi dalla Dea non praticano riti magici che determino la distruzione di altri individui, essendo convinti che un’azione del genere rappresenterebbe una grave colpa e si attirerebbe la maledizione della Dea e del Dio.  (Nonostante non pratichino magia nera, non sono visti di buon occhio dai cristiani, ricordiamo che la Bibbia e la Tradizione Cattolica sostengono che i poteri magici vengono conferiti agli individui dai demoni anche nel caso che tali poteri vengono utilizzati per compiere azioni moralmente accettabili). I Wiccan hanno elaborato una serie di regole che devono essere rispettate da quanti praticano la magia: tale serie di regole prende il nome di “Legge del Potere”. Prenderemo ora in considerazione le principali regole che fanno parte della “legge del Potere”.

In primo luogo, i Wiccan non devono aver paura dei propri poteri magici dal momento che se essi vengono utilizzati per raggiungere fini legittimi non possono causare nessun tipo di problema agli individui che li possiedono. Infatti, secondo i Wiccan la magia è un processo nel quale i Wiccan lavorano in piena armonia sia con il potere divino, sia con il potere personale, sia con quello della Terra affinché possano raggiungere dei fini moralmente accettabili. In secondo luogo, il potere magico non deve essere usato per produrre danni ad altri individui. In terzo luogo, in caso di stretta necessità il potere magico può essere utilizzato per proteggere sé stessi o gli altri. In quarto luogo la magia può essere utilizzata per ottenere vantaggi personali a condizione che per conseguire tali vantaggi non si danneggi nessuno. In quinto luogo non è consigliabile chiedere denaro per compiere riti magici dal momento che agendo in questo modo si rischia di diventare schiavi dell’avidità e del desiderio di possedere sempre più denaro (a dire dei Wiccan l’avidità è uno dei più forti ostacoli all’evoluzione spirituale degli individui).

Infine, una regola particolarmente importante per i Wiccan è quella di non usare i poteri magici per diventare troppo orgogliosi ed arroganti dal momento che l’orgoglio e l’arroganza sono gravi colpe che offendono la Dea e il Dio.

Da quanto abbiamo detto in tale articolo, si deduce chiaramente che i Wiccan vogliono completamente ribaltare l’immagine e la figura della strega nell’immaginario collettivo e nell’opinione pubblica, essi cercano in tutti i modi di dimostrare che la magia non deve essere considerata qualcosa di negativo e di pericoloso, qualcosa che come sostengono i cristiani deriva dal potere dei demoni. Al contrario i Wiccan sostengono che la magia deve essere considerata qualcosa di positivo perché l’energia che è alla base di essa deriva da tre poteri assolutamente positivi e naturali: il Potere degli individui, il potere della Terra ed il Potere Divino. Concludiamo tale articolo ribadendo in qualità di storici della religione che oggi molte persone pur dichiarandosi cristiane hanno un concetto della magia non in linea con la dottrina cristiana dal momento che tali individui non solo si recano dai maghi ma a volte praticano anche forme popolari di magia.
Oggi molti sociologi della religione sostengono che la Chiesa cattolica deve fronteggiare una vera e propria sfida magica dal momento che la magia è tornata in auge nel mondo e nella società contemporanea.

Dobbiamo altresì mettere in evidenza che molti teologi cattolici come ad esempio Balducci sono molto preoccupati dal ritorno in grande stile non solo della magia ma anche dell’astrologia e delle altre pratiche divinatorie che attraggono sempre più le masse e conquistano il favore dell’ opinione pubblica creando quello che molti addetti ai lavori ( storici delle religioni , sociologi della religione , antropologi culturali , teologi ) definiscono come il ritorno in grande stile del paganesimo .