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Streghe. Una rappresentazione grafica

Sono sempre stata dalla parte delle streghe ogni qualvolta si arrivava a discutere dell’argomento, negando, soprattutto a me stessa, che potessero esistere realmente delle donne capaci di fare del male a degli esseri umani. In questi giorni, invece, trovandomi a discutere di spiritualità, con altre “sorelle” in varie parti del mondo, ho avuto conferma che le streghe esistono veramente e non solo nell’accezione di “strega buona”, epiteto che a volte mi si attribuisce, ma anche nella versione “cattiva”. Ora non voglio confondere i miei affezionati lettori lasciandogli intendere chissà quali fantasie, pertanto vengo a spiegarmi meglio con una breve introduzione alla figura della strega. Ritendo che, questo misterioso personaggio emerse quando i paredri delle divinità primordiali, le Grandi Madri, usurparono il potere alle compagne sostituendosi ad esse sul trono del sacro. Così, mentre una parte di esse fu subordinata ai nuovi sovrani divenendone mogli o figlie, altre, quelle che non si lasciarono sottomettere, vennero trasformate in divinità malvage o comunque oscure, inquietanti. Colei che più di tutte incarna il prototipo della strega, indubbiamente è Ecate, divinità dei trivi, la trinitaria, la levatrice, la patrona dei tre regni. Per il mito, Ecate era antenata di Circe e di Medea, tre “maghe” che rappresentano gli aspetti ambivalenti del femminino oscuro, dalla conoscenza del mistero della creazione al potere che manipola, animato dal desiderio di vendetta. Nella gerarchia demoniaca degli gnostici cristiani e neoplatonici Ecate è collocata nel terzo livello dei demoni femminili, con ventisette sottomessi, ventisette quanti sono i giorni del ciclo lunare”. Dea “dai molti nomi”, Ecate era detentrice di tutti i segreti magici. Nel bacino del Mediterraneo altre Grandi Madri possedevano i segreti della magia, l’egizia Iside, ma mi sentirei di dire la beneventana Iside, data la sua forte presenza nella città. Ma, indubbiamente, sulla formulazione della strega beneventana, la janara, più di tutte avrà influito Diana, considerata anche l’assonanza se non proprio la derivazione del nome da quello della dea. Diana era una vergine che non tollerava il maschio, anzi proteggeva i vergini. La sua natura selvatica e il suo vivere virile contrasta con la sua figura di fanciulla vergine e fa pensare a una primordiale divinità androgina. Una italica dea madre dunque sopravvissuta all’arrivo di divinità d’oltremare. A lei era attribuito il corteo selvaggio che scorrazzava nei cieli la notte del Battista. Lei era invocata dalle condannate per stregoneria. Su questi presupposti di origine mediterranea, si innestarono, nelle nostre contrade, i culti nordici portati dai Longobardi stanziatisi in Benevento verso la metà del 500. Ma, sebbene queste culture provenivano da luoghi opposti, chi da Nord e chi da Sud, condividevano il senso del sacro, erano tutti pagani, dal latino “pagus” che significa “abitante del villaggio”. Officiavano, insomma, culti della terra in cui “terra” non sta solo per terreno ma per una entità divina con la quale ogni essere è strettamente legato perché lei sostenta nella vita e accoglie nell’ora ultima. Con lei si è in equilibrio se la si sa ascoltare e rispettare, e lei dà la forza, guarisce e nutre. L’enorme calderone in cui sedimentavano più tradizioni, saperi, conoscenze, era l’habitat del popolo, dove, da sempre, le donne presiedevano alla nascita e alla morte, alla cura dei malati, alla raccolta delle erbe e alla trasformazione di queste in unguenti, impiastri, decotti e pozioni varie. Ogni contrada aveva la sua maga-guaritrice-vammana. Chi più, chi meno, le anziane avevano una certa competenza nel maneggiare erbe e formule magiche, dal malocchio alla historiola contro i vermi intestinali, ecc. quelle più competenti conoscevano anche formule magiche per malefici e legamenti. Nel periodo in cui scrivevo “Presenze” Edizioni Il Papavero, ebbi modo di intervistare anziane signore che mi spiegarono come si procedeva per creare delle “fatture”, a quel tempo non diedi molta credibilità alla cosa convinta che tutto fosse suggestione da creduloni. Perché oggi mi ricredo si chiederà qualche lettore? Perché lo scambio culturale con persone di varia estrazione culturale ed etnia mi ha insegnato che esiste il bene e il male, non come dualità, opposizione, ma come estremi di uno stesso elemento. Per avere un’idea più chiara ho voluto rappresentare graficamente, sul piano cartesiano, questo concetto, quindi ho preso in esame l’asse delle ordinate, e il punto 0 o dell’origini. Sulla retta delle ordinate, i numeri che dallo zero vanno verso l’infinito positivo indicano una spiritualità positiva in un crescendo che conduce lentamente verso l’amore assoluto. Naturalmente, come la semiretta non raggiunge un punto in questa dimensione, così l’umano non potrà raggiungere l’infinito dove la retta conduce. La semiretta -y che porta verso l’infinito negativo indica una spiritualità oscura in cui i sentimenti negativi si addizionano in un crescendo distruttivo. Questo vale per ogni essere umano, maschio o femmina che sia. In coloro che hanno una qualche capacità di intervenire sulla realtà, la posizione sulla scala spirituale (l’asse delle ordinate) ha importanza decisiva in quanto il soggetto genererà bene o male secondo il punto occupato. Per fare un esempio concreto ed applicabile farò riferimento alla mia persona. Esperta di erbe e loro applicazioni potrò mettere a disposizioni del prossimo la mia conoscenza aiutando chi è in difficoltà, chi, per una ragione o per l’altra, non può ricorrere alla medicina tradizionale. Questo se io mi muovo sulla semiretta + y, quella che è costituita dai numeri positivi, ma se io mi muovessi nella parte inferiore dove sono i numeri che vanno verso l’infinito negativo, se io fossi mossa dall’odio, dalla vendetta verso chi mi ha fatto del male, potrei utilizzare lo stesso la mia conoscenza e, invece di aiutare potrei distruggere, avvelenare, mettere in pericolo la vita e la salute delle persone che mi infastidiscono. Siccome ogni essere umano vive oscillando intorno allo zero, fatta eccezione di chi si inoltra decisamente verso l’una o l’altra direzione, avendo un potere, lo conserva nelle sue oscillazioni cosicché può metterlo a servizio del bene o del male secondo il punto in cui si trova nel momento che decide di operare. Sembrerebbe un difficilissimo teorema, o un postulato filosofico, eppure è una realtà in cui siamo quotidianamente immersi e inconsapevolmente oscilliamo tra comportamenti positivi che apportano prosperità e serenità a noi e a chi ci sta intorno, e comportamenti negativi che deteriorano la nostra e l’altrui esistenza. Tutto questo discorrere per rispondere a un interrogativo: “Esistono le streghe?”. Certamente. Ma non quelle sulle scope, di quelle parleremo nelle prossime in seguito.
franca molinaro