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Il Can Dante nel pollaio

una favola di Margherita Tirelli

 CAPITOLO PRIMO

Can Dante

E’ un dato di fatto che esistono tantissimi tipi di cani : il cane da pastore, il cane da slitta, il cane da caccia e altri tipi ancora.  Dante è un cane da pollaio.
Lui è un batuffolo scuro, con varie macchie bianche sparse un po’ sul piccolo corpo, e con una vivace frangia arruffata e bene infoltita dagli anni sui suoi dolci occhi. Se ne sta appollaiato su di un vecchio barile rosso nel pollaio, guarda le rumorose gallinelle che razzolano e svolazzano tutto il tempo e non sembrano affatto infastidite o intimidite dalla sua presenza. Eh, sì. Ormai Dante sa bene che con tutti quei pennuti dovrà farci i conti fino alla fine dei suoi anni!
Più in là, oltre la rete e fuori dal pollaio, sgambetta Omero, il suo amico setter chiaroscuro. Un tempo condividevano lo stesso spazio, le stesse giornate di sole e di pioggia, di caldo e di freddo; li ha accomunati un’infanzia di tristezza e di solitudine. In Dante è sempre vivo il ricordo della dolce Pulce e del suo latte che gli ha salvato la vita. Nelle orecchie ha ancora il rumore delle sue rassicuranti fusa e dei suoi miagolii mentre lo nutriva. Una vera fortuna per lui aver trovato una mamma gatta come lei, che lo ha soccorso quando era appena un cucciolo orfano e ha badato alla sua sopravvivenza. Poi quel mattino strano e grigio, un improvviso, terribile tonfo sulla strada e Pulce che si avvia lentamente e barcollante verso casa.  Negli occhi di Dante è ancora stampata l’immagine di lei addormentata per sempre nel cortile, e lui che continua a vegliarla per tutto un tempo sospeso.
Ora sa che Pulce vive solo nel suo cuore.
 Si ritrova in quel pollaio per vigilare sulle galline e per difenderle dalle improvvise scorribande notturne della volpe ; sente su di sé un gran bel peso di responsabilità:  impara a conoscere tutte le galline, il gallo , la chioccia con i suoi quattro pulcini, le tortorelle di passaggio a volo. E come se non bastasse deve garantire anche la sicurezza delle uova!
Così pensa e sospira il povero Dante, mentre osserva incuriosito la gallinella rossa che fa i bagni di sabbia, scava un bel fosso nella terra e vi si accoccola compiaciuta. Lo fa spesso anche lui per tenere pulito il pelo dai parassiti.
E poi deve fare i conti con Aristotele, un gallo da battaglia che non ha per niente approvato così facilmente la presenza di un estraneo nel suo harem; per di più uno straniero che appartiene ad una specie diversa, quella pelosa, assolutamente incompatibile con la specie pennuta!!! Non può sopportare un simile affronto, proprio lui che è il capo assoluto e indiscusso del pollaio, la sola guida autorevole e incontrastata delle pollastrelle!
Eppure ha dovuto chinare la sua fiera cresta davanti alla vivace frangia di Dante. Ha capito che la presenza di quell’intruso peloso si è resa necessaria per la sopravvivenza del pollaio. Bene ha fatto, dunque, Dante a muoversi con cautela e a cercare di adeguarsi alle loro abitudini per raggiungere una tollerabile intesa e una collaborazione per ottenere buoni risultati sul fronte nemico.

CAPITOLO SECONDO

Del resto anche il mondo del pollaio è piacevole perché è vario: le gallinelle razzolano, chiocciano e spettegolano tutto il tempo; ognuna di loro ha un piumaggio diverso: quella che ha piume decorate con vivaci disegni geometrici, o quell’altra che non ne ha proprio sul collo; alcune di loro, al contrario, ne hanno tantissime, tonde e vaporose. Ma Dante si sofferma ad ammirare quella gallinella che ha piume così soffici e setose che gli ricordano il morbido pelo di Pulce, ed ha proprio una gran voglia di accarezzarla.

Aristotele, il gallo, ha una cresta imperiosa, come la corona di un re, una coda ampia e vistosa dai colori vivaci e variopinti che muove continuamente e con fierezza, al ritmo della danza delle sue enormi zampe munite di durissimi speroni da combattimento.
Da più lune Dante lo sente cantare a squarciagola e lo vede corteggiare la gallinella più audace del pollaio, che gli sculetta intorno in continuazione. Come se non bastassero i pulcini appena nati che già saltellano e pigolano allegramente intorno alla severa mamma chioccia!
I pensieri del povero Dante si affollano irrefrenabili nella testa;  non c’è che dire, indubbiamente quel pollaio è una vera scuola di vita e il tempo delle galline è molto diverso da quello della sua specie.  Lui ha accettato e si è adeguato alle nuove regole, condividendo quelle strane abitudini e leggi naturali già ben stabilite: così ha imparato ad  ”andare a’ masona” come tutte loro, molto presto e allo spuntare della prima stella nel cielo. Buio e silenzio cadono nel pollaio dopo pochissimo tempo.
 –  Del resto non è così complicato, pensa Dante, raggomitolandosi sul vecchio barile rosso e poggiando il musetto sulle zampe. Un sospiro fugace ad occhi socchiusi.
Ma è anche il momento più pericoloso…

CAPITOLO TERZO

–  Cos’è questa storia della danza? – Dante fissa Aristotele il gallo che si esibisce in uno strano ballo al centro del pollaio.
– Sssshh, si sta avvicinando!!!  – e continua a danzare ancora più impettito, beccando a volte qualche vermetto o grilletto nel terreno e lanciandolo in aria per poi farlo ricadere tra le zampe della vispa gallinella che ha già adocchiato da tempo. E sempre  impettito inizia a verseggiare e a girarle intorno muovendo zampe e collo ad un ritmo regolare e frenetico. Ma la pollastrella lo fissa sospettosa e, chiocciando animatamente, si gira e si allontana infastidita.
–  Mi permetti una frase fatta? – chiede Dante scendendo dalla sua postazione rossa –  Ma dove vuoi andare a parare col balletto di prima?
– E’ una serenata, non lo vedi? – risponde un po’stizzito Aristotele.
– Un corteggiamento?  Ma ti sembra che funzioni?
– E’ solo questione di tempo. Vedrai, fra qualche luna cadrà diritta davanti alle mie zampe!
Dante sospira scettico e dà un’occhiata in giro.  Il tempo passa in fretta in un posto per niente tranquillo e silenzioso come questo, tra tanti versi differenti: si tuba, si chioccia tantissimo e forte, si pigola, si dialoga e si concerta al ritmo dei potenti “chicchiricchì”  inframezzati dagli strilli disperati delle galline che covano. – Incredibile!  esclama Dante guardando e ascoltando questo concerto dal vivo. – Tanti colori, nero, bianco, rosso, blu, giallo, arancione …..e tutti di una sola razza!
Ogni giorno un essere di razza diversa, una umana, si prende cura del pollaio, riempiendo la mangiatoia di saporite granaglie, di mangime e di sassolini. Versa pure abbondante acqua fresca e pulita nell’abbeveratoio. Anche Dante ha la sua meritata e ricca porzione di cibo. Come Omero, del resto.
La vita scorre veloce e allegra nel pollaio, tra giochi antistress dei pennuti su altalene, o con saltelli continui ed insistenti per raggiungere  rami  e beccare foglie e frutti dagli alberi che costeggiano la rete.
 Di sera scatta il coprifuoco. Tutte le gallinelle, compreso Aristotele, vanno ad appollaiarsi in alto sul posatoio. Dante è lì vicino, appollaiato anche lui sul barile rosso.
La notte è il momento più atteso ma anche il più temuto. Il pollaio diventa un vero crocevia di tante creature dei dintorni che si danno appuntamento lì per raccontarsi indimenticabili e strane esperienze o misfatti, o magari solo  per  il piacere di trascorrere una fetta di notte insieme. E’ un vero concerto di linguaggi diversi ma perfettamente comunicanti tra loro. E poi, si sa, le galline sono molto curiose e pettegole, oltre ad avere un udito sopraffino, e partecipano ben volentieri a questa riunione di abitanti della notte, come il gufo, il riccio, la talpa, la civetta, il piccione, le tortore, il coniglio, il gatto….e tantissimi altri. Dante osserva tutti, sa condividere i momenti felici e il silenzio. Tutto è nuovo per lui.  E’ compiaciuto della presenza di tutte queste creature che vogliono ritrovarsi e confidarsi in un pollaio,  proprio come dei  vecchi amici.  E lui ha l’arte di ascoltare. Soprattutto con il cuore.

CAPITOLO QUARTO

– Non tutti i mali vengono per nuocere – pensa Dante a voce alta osservando compiaciuto tutti quegli ospiti dall’alto del suo vecchio barile rosso.
– A chi lo dici! – gli fa eco Geppino il Piccione, dondolandosi sul ramo di uno strano albero dai chicchi rosa. Ogni tanto è infastidito da piccoli e improvvisi starnuti che lo costringono a grattarsi freneticamente le minuscole narici.
– Perchè?  Anche tu sei stato confinato in un pollaio?
– Macchè. Al contrario, mi sono imbattuto in una umana un mese fa ed è stata la mia fortuna.
-E da quando in qua si ritiene che  un umano sia una fortuna per noi? – bubola il Gufo Elfo, drizzando i ciuffetti grigi sulle piccole orecchie. Tutti gli altri animali zittiscono incuriositi.
– Eppure è così… etcì…  – insiste Geppino tra uno starnuto e l’altro. – vedete le mie zampette? – e le alza una dopo l’altra mostrandole con orgoglio alla comunità riunita – ebbene, un mese fa erano entrambe gonfie e rosse da far paura. Mi si erano attorcigliati tantissimi fili intorno che me le stringevano a sangue.  Colpa di quegli umani che li lasciano per strada!  E così mentre mi posavo su di un piccolo davanzale per alleviarne il  dolore, ho visto davanti al mio becco delle dita con dell’appetitoso farro che scivolava sul marmo del davanzale. Dopo un momento di paura e di dubbio mi sono precipitato su quella delizia e ho beccato tutto in un battibaleno!  Sapevo di rischiare grosso, ma la fame e il dolore erano più forti….
– Dico il vero se sei tornato lì altre volte? – chiede  timidamente il pacifico Micio Merlino  un po’ lontano dall’uscio di casa, socchiuso per lui.
– Sì, hai ragione, mio buon Merlino. Quelle dita non mi facevano più paura. Anzi mi accarezzavano delicatamente. Proprio come la tua umana che ti riempie di carezze e che tu  sai ricambiare perdendoti tra i suoi riccioli d’argento! E’ una gioia e una fiducia inspiegabilmente sconfinate!
– E poi? – chiede Omero impaziente.
– E poi l’umana mi ha afferrato improvvisamente, ma ha continuato ad accarezzarmi…
– Hai avuto paura…? – gridano in coro le gallinelle, tenendosi strette e vicine, incuriosite dal suo racconto. –  Sì, una certa paura sì, devo ammetterlo. Chi non ne avrebbe davanti ad un umano?. Ma anche fiducia e coraggio. Ho visto le “zampe” dell’umana lavorare delicatamente intorno alle mie zampette. Pian pianino le sentivo fresche e libere dai fili che le stringevano, mentre l’umana mi verseggiava tanti suoni usando un tono dolcissimo. La osservavo incredulo mentre operava con due piccoli  duri rametti incrociati tra di loro, con due anelli in cui l’umana infilava due dita, e che riuscivano a  spezzare con un colpo secco tutti quegli odiosi fili, alcuni doppi, altri sottilissimi, come i peli lunghi sulla testa degli umani. Un miracolo!
Le gallinelle lo guardano incredule. Pendono dal suo… becco !  C’è un silenzio diverso, stavolta molto interessante in tutto il pollaio.
La Talpa Proserpina  inforca i suoi occhialini per scrutare meglio le zampette ormai guarite di Geppino. Poi chiede : “Alla fine ti ha liberato?”
– Sì, dopo aver messo del liquido fresco e piacevole sulle zampette mi ha rimesso delicatamente sul davanzale. Da quel momento e tutti i giorni successivi fino ad oggi, prendo farro, granaglie, lenticchie e altre delizie direttamente dalla zampa dell’umana. E ci sforziamo di capirci e di comunicare tra di noi.
– Che coraggio, Geppino ! – esclamano tutti. Ma la frase non è neanche finita che all’improvviso le galline schiamazzano e svolazzano terrorizzate sul posatoio più alto e irraggiungibile. Anche tutti gli altri ospiti si rintanano spaventati. Il silenzio cade nel pollaio, interrotto solo di tanto in tanto dagli irresistibili starnuti di Geppino.
Allarme rosso per tutti ! Si salvi chi può !

CAPITOLO QUINTO

 È luna piena. Il pollaio è deserto e silenzioso. Un silenzio diverso, ora : tutti sono lì vicini, presenti ma nascosti e rintanati per la paura. Il povero Geppino continua a starnutire e a chiedersi infastidito la causa del suo malessere e il nome di quell’albero su cui  è appollaiato.
Intanto Dante zampetta in lungo e in largo per tutta la recinzione fiutando ogni piccola traccia di pericolosi predatori. Ha ancora molto da imparare ed è consapevole della sua poca dimestichezza con faine, furetti e volpi.
È notte fonda. Solo il chiarore della luna offre le ombre delle gallinelle tutte strette l’una accanto all’altra, guardinghe e nascoste nel confortevole tepore delle casette di legno. Gli altri amici della notte si sono ritirati nei rispettivi fossi scavati per l’occasione; le tortorelle  sono rintanate nei loro nidi e ogni tanto si sente il loro discreto e timido tubare;  Aristotele il Gallo guerriero, è in perfetto equilibrio sul suo posatoio personale, a difesa del suo harem.
Dante continua il suo zampettìo perlustrativo; è preoccupato e immerso nei suoi pensieri e nella solitudine della notte di luna piena. Si muove in fretta, guarda e fiuta in ogni punto, è sempre in movimento, ora, come le strisce di stelle che lo accompagnano scintillando qua e là sul pollaio nero e lucido.
– Sarebbe straordinario camminare lassù – mormora a Omero – tra quei puntini luminosi erranti.
I due amici si ritrovano con i musi insù a fissare il firmamento. E’ un momento magico. E Omero è lì con lui, come sempre, come suo migliore amico. Affronta con Dante ogni cosa, qualsiasi cosa, bella o brutta.  Omero è di buon carattere e ha le parole contate solo per le situazioni necessarie. Li lega una innocente fiducia reciproca, una fiducia che vale più di quella tra gli umani e degli umani. La loro vita è lì e capiscono i segni nella luna, nelle stelle, nel sole, nel vento, nella poggia, più degli umani nella loro Terra.
Qualcosa di sacro e di inviolabile li lega per sempre.

CAPITOLO SESTO

E’ sparita!!! Non è più qui! –  sono le urla disperate della gallina dal collo senza piume. Tutti fanno capolino dai loro rifugi e infine escono allo scoperto, sbalorditi e incuriositi. Impauriti, soprattutto. Anche le stelle impallidiscono lassù e la luna si ritira dietro al nuvolone della notte.
 C’è agitazione e tensione nel pollaio e Geppino lo sorvola in lungo e in largo in compagnia di Elfo il Gufo. Ma della gallina dalle piume setose nessuna traccia. Tutti la cercano, tutti la chiamano;  poi un silenzio di ascolto. Le amiche tutte piangono impaurite e si stringono l’una all’altra per cercare conforto.
Non c’è dubbio, è opera di quella dannata volpe! Dante è disperato: pensa alla fine della povera gallinella e a quanto era buona tra le altre. Con giusta preoccupazione pensa a cosa farà e cosa gli dirà la sua umana l’indomani, quando scoprirà la scomparsa della cara pennuta. Una vera tragedia!
– La vita è come un pollaio ! – esclama Dante.  È l’alba  e non ha chiuso occhio. Come tutti i suoi amici, del resto. Poco prima ha affrontato la disperazione  e i rimproveri della sua umana che, di certo, gli diminuirà la razione quotidiana. Ma non importa, lui non ha affatto fame e ha un groppo alla gola che gli impedisce di ingoiare qualsiasi cosa.  E poi deve assolutamente trovare una strategia  per difendere il suo pollaio dagli attacchi notturni.
Dopo una giornata di pensieri fluttuanti, verso sera tornano gli amici, ma non sono allegri e chiassosi  come sempre. Arrivano in punta di zampe per rispetto alla buona gallinella scomparsa. L’atmosfera è tesa e pesante. Geppino e Elfo parlottano appollaiati sul ramo dell’albero rosa. E ogni tanto starnutiscono. Dante li osserva a lungo pensoso e poi… all’improvviso salta dal barile rosso  e, rivolto a tutta l’assemblea di amici grida con  incontenibile soddisfazione: -” Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima e subito!!?? ”  Tutti lo guardano sbalorditi.
– Cosa ? Cosa? – chiocciano le galline in coro.
– Dobbiamo procurarci tanti rametti di pepe rosa. Al più presto !!! – esclama Dante con impeto.
– Ma il pepe non serve da condimento alle granaglie ? – chiede serafico il riccio.
– Ma no ! – Dante non vuole spazientirsi.  Così si rivolge alle gallinelle e con voce pacata spiega il suo piano.
– I rametti servono a tutte voi e li terrete nascosti tra le piume e sotto le vostre bellissime ali. Tantissimi rametti con tantissimi granelli di pepe !!!
– Li mettiamo solo per la notte, vero, Dante?
– Certo ! Sarà il vostro pigiama!  E quando la volpe cercherà di azzannarvi, si ritroverà con una bocca piena di pepe! E mollerà la presa per i continui starnuti!
– Un pigiama party!  Che magnifica idea! –  anche i pulcini pigolano entusiasmati, sbucando dalle piume di mamma chioccia.
– Certo una gran bella idea ! – esclama Geppino continuando a starnutire dal ramo. – Ma dove prenderemo il pepe?
– Guardati un pò in giro! – sbotta Dante ridendo.
E tutta la compagnia gli fa coro provocando un sonoro concerto di risate. Solo allora Geppino comprende la natura di quell’albero che gli causa una continua crisi di starnuti. E’ un albero di pepe rosa!
Elfo dispiega le sue spettacolari ali e si copre la testa confuso.

CAPITOLO SETTIMO

– Non sono vibrisse di gatto …     –  Dante finge di sonnecchiare  –  …bensì quelle di una volpe!
 Tanto  gli basta per saltare come un grillo dal barile rosso e mettersi alle calcagna….ehm…ai cuscinetti di quell’ombra  che taglia la luce della luna nel pollaio. La insegue tra gli schiamazzi delle galline e degli altri amici. Improvvisamente l’ombra si ferma di scatto e incomincia a starnutire una, due volte, tre, quattro volte , all’infinito, lasciando la presa di un fagotto che starnazza, svolazza e scappa verso il posatoio.  Il fulmineo Dante afferra l’ombra per la collottola e la trascina verso lo spicchio di luce. Non c’è più ombra… di  dubbio:  il chiarore della luna rivela una volpe tremolante e scheletrica che continua a starnutire senza riuscire a smettere.
– Poverina, come la capisco… – mormora Geppino tirando su col…becco.
– Il piano è riuscito perfettamente ! –  grida Dante trionfante. Solo in questo momento il riccio, la talpa,il gatto e tutti gli altri abitanti della notte  fanno timidamente capolino dai propri rifugi. Anche tutti i pennuti si appollaiano lentamente  sui rispettivi alberi e posatoi. Geppino sceglie il ramo di un olmo, stavolta, ben lontano dall’albero rosa. Elfo lo segue saggiamente.  Il pollaio si ripopola e la gallina che ha rischiato più delle altre, batte furiosamente le ali e si avvicina alla volpe svolazzandole intorno audacemente.  – Dove hai portato la nostra amica?  Parla e vergognati!  Agire di notte è una vera vigliaccata! 
 Le fanno eco tutti gli altri, con tanta forza e prontezza. Le galline soprattutto sono irrefrenabili, chiocciano, schiamazzano,  fanno baccano e lanciano severe occhiate di rimprovero alla misera volpe, non risparmiandole insulti e rimbrotti. Un  vero ed unico concerto.
– Come ben vedi, questo è un pollaio divinamente pepato, a differenza degli altri ! –  esclama soddisfatto Dante rivolgendosi alla povera creatura che, umiliata  e con la testa bassa, continua a collezionare starnuti insopportabili, a tenere lo sguardo a terra  e la coda tra le zampe. Una coda spelacchiata ora, ma  nel passato sicuramente  invidiabile, folta , fulva e rigogliosa. Dante sa osservare,  soprattutto con il cuore: gli occhi della volpe brillano alla luce della luna, ma a guardar bene si scorgono dei lacrimoni. 

– Non aggiungere altro,   –  interviene il mite  e saggio Omero. E con un cenno del capo, invita Dante a tacere e a guardare il lato estremo del pollaio: dalla buca scavata dalla volpe fa capolino un cucciolo che, un po’ intimorito, zampetta velocememte verso la volpe. Poi ne esce un altro che, come il primo, trova rifugio tra le zampe della presunta mamma volpe.
– Ma non sono i tuoi figlioli ! – esclama Dante sbalordito – questi sono due cuccioli di faina! Magrissimi e affamati !
– Sì, sono affamatissimi – osserva  Omero con tenerezza. – Ma come mai dei cuccioli di faina?
Anche Dante è molto incuriosito e intuisce qualcosa di molto triste nella risposta che la volpe sta per dare.
–  Con il mio compagno trovammo questi due cuccioli accanto a mamma faina uccisa dai cacciatori tante lune fa. Hanno condiviso il mio latte con i miei due cuccioli.
 Mamma volpe si interrompe e singhiozza. I due cuccioli si stringono di più a lei in cerca di conforto e protezione. Tutti gli altri sono lì in rispettoso silenzio.  Tantissimi flashback attraversano gli occhi di Dante: la sua mamma gatta Pulce, le sue paure di cucciolo abbandonato, l’ infanzia triste e difficile….
Con un gesto spontaneo e rassicurante, si avvicina alla volpe e la fissa con dolcezza negli occhi.
– Sei rimasta sola con questi due cuccioli…. vero ? – le mormora delicatamente.
Mamma volpe fa un cenno di assenso col capo. Poi continua con  profonda amarezza:
– Il mio compagno e i nostri due figli caddero in una trappola…. ! Cercai con tutte le mie forze di liberarli ma i cacciatori e i loro segugi non mi diedero il tempo giusto per agire; dovetti scappare per proteggere almeno questi due cuccioli e salvarli. Da quel giorno torno sempre lì dove sono  stati catturati. E li chiamo, e aspetto. Li chiamo ancora e aspetto. Per un tempo infinito….
Il silenzio regna nel pollaio. Senza pronunciare un verso, ogni creatura della sera si avvicina ai  due cuccioli e a mamma volpe e offre tutto ciò che può per sfamarli. Anche le galline contribuiscono con le loro uova. Il Gufo Elfo e Geppino dispongono di pezzi di pane, di granaglie, di farro,  di lenticchie.
E così tutte le sere. Ognuno cerca di assicurare anche un po’ di serenità ai nuovi amici.  Dante ne è il garante. I suoi ricordi di cucciolo si mescolano e a volte coincidono con  l’esperienza dei piccoli di faina. E tutto sembra ricomporsi in armonia. Lo pensa anche Omero. Ciò che conta è l’aria che si respira ogni giorno e ogni notte in quel pollaio; un’aria di reciproca intesa, di scambio, di tolleranza e di complicità tra creature diverse ma accomunate da una autentica solidarietà e da una perfetta armonia.

  Le argomentazioni dei sostenitori dell’astrologia  Prof. Giovanni Pellegrino

  In questo articolo prenderemo in considerazione le principali argomentazioni di quelle persone che sostengono che l’astrologia è una vera e propria scienza. Sebbene la maggior parte degli individui che vivono nel mondo contemporaneo credono in maniera più o meno convinta al potere delle stelle non sono tuttavia da trascurare i molti individui che considerano l’astrologia una disciplina priva di fondamento  scientifico. In questo articolo non prenderemo in considerazione le argomentazioni dei nemici dell’astrologia ma ci limiteremo a considerare solamente le argomentazioni a favore di essa. Il principale argomento dei fautori dell’astrologia è che essa deve essere considerata attendibile perché riesce a predire gli eventi futuri. Per i sostenitori dell’astrologia essa è una scienza sperimentale sottoponibile a verifiche cosicché  tali verifiche pullulano nel corso della storia. I sostenitori dell’astrologia affermano che molte predizioni degli astrologi si sono rivelate esatte e citano in primo luogo le “ Centurie “di Nostradamus. A distanza  di secoli Nostradamus viene considerato il più famoso astrologo della storia.
Una folla immensa di lettori ha cercato, in epoche storiche diverse, di scoprire nelle sue Centurie gli avvenimenti del futuro. Nessuno mette in dubbio il carattere oscuro delle profezie di Nostradamus. Tuttavia i critici dell’astrologo francese spiegano tale oscurità in un modo mentre gli ammiratori la spiegano in un altro. Per tutti coloro che non credono nelle profezie di Nostradamus il carattere ermetico di tali profezie rappresenta la prova della loro falsità. Essi affermano infatti che se egli avesse voluto realmente farsi capire avrebbe scritto in una maniera tale da farsi comprendere da tutti.
Gli ammiratori dell’astrologo francese ritengono invece che il carattere oscuro delle sue predizioni sia dovuto a due motivi : l’argomento da esso trattato e il periodo storico nel quale Nostradamus scrisse le Centurie.  Per quanto riguarda l’argomento i sostenitori dell’astrologo francese affermano che egli ha utilizzato un linguaggio ermetico per non causare terrore e inquietudine in coloro che avrebbero letto le sue profezie. Infatti, in tali profezie vengono predetti molti avvenimenti catastrofici e traumatizzanti. Più plausibile ci sembra la ragione basata sul contesto storico sociale e religioso nel quale visse Nostradamus. Non dobbiamo infatti dimenticare che egli visse in un secolo nel quale l’inquisizione era pronta a colpire duramente. Pertanto è molto probabile che Nostradamus abbia adottato un linguaggio ermetico per proteggere la sua vita dal rogo e la sua opera dalla distruzione.
Un’altra argomentazione portata dai fautori dell’astrologia può essere espressa in questi termini: se nessuno dubita dell’influenza del sole sulle piante e di quella della luna sulle maree, perché si dovrebbe dubitare dell’influenza degli astri sulle vicende degli uomini ? In terzo luogo, i difensori dell’astrologia citano alcune ricerche scientifiche che a loro dire dimostrano la capacità degli astri di influenzare il comportamento degli uomini.
A titolo di esempio citeremo due di tali ricerche. Una ricerca effettuata negli Stati Uniti sostiene che statisticamente i disturbi mentali ed emotivi aumentano con l’avvicinarsi del plenilunio provocando anche quelle che vengono definite esplosioni di pazzia. Nel 1967 il dottor Jonas ,psichiatra cecoslovacco, espose in una relazione il risultato delle sue ricerche. Le sue conclusioni si articolano  in due punti. Il sesso del nascituro varia a seconda che la luna si trovi nel campo positivo o negativo dell’ellittica nel momento del concepimento. Inoltre, la capacità di sopravvivenza dell’embrione è fortemente influenzata dalla posizione di alcuni corpi celesti.  Nella sua relazione Jonas ha citato diversi casi che dovevano servire a dimostrare che la sua teoria funzionava anche in circostanze insolite .

I  difensori dell’astrologia mettono altresì  in evidenza che molti personaggi potenti e famosi nei diversi settori della vita sociale consultano gli astrologi prima di prendere decisioni molto importanti . Vengono citati a titolo di esempio personaggi come Regan, Gianni Agnelli , Indira Gandhi . Inoltre viene messo in evidenza che negli studi degli astrologi situati nei pressi del Parlamento e del Senato a Roma si possono incontrare importantissimi uomini politici. Tra l’altro i sostenitori dell’astrologia evidenziano che anche personaggi importanti nel mondo dello spettacolo quali attori e cantanti di grande prestigio consultano gli astrologi .

I sostenitori dell’astrologia citano spesso le opere del grande psicanalista Jung che attribuiva grande importanza all’astrologia . Soprattutto l’astrologia psicologica attribuisce grande importanza alle teorie di Jung che attribuì ad essa la capacità di esplorare le profondità della psiche umana e di fornire importanti informazioni agli psicologi. In diversi suoi scritti Jung manifestò un profondo rispetto per l’astrologia considerandola un valido strumento per sondare i misteri del comportamento umano. Egli ammise inoltre di aver utilizzato con una certa frequenza l’astrologia nella propria attività di psicoanalista . Jung quando doveva effettuare diagnosi psicologiche particolarmente difficili utilizzava l’oroscopo che a suo dire gli forniva preziose informazioni sul suo paziente . In particolare, Jung affermò in un suo libro che i dati che gli aveva fornito l’astrologia gli avevano permesso di chiarire determinati aspetti della personalità di alcuni pazienti che altrimenti gli sarebbero rimasti oscuri. Egli considerava i segni zodiacali e i pianeti come simboli di processi archetipici che traevano origine dall’inconscio collettivo. Gli archetipi dell’inconscio collettivo erano per Jung i principi universali organizzanti che motivavano e sottostavano all’intera vita psicologica individuale e collettiva . A suo dire l’astrologia utilizzava gli archetipi dell’inconscio collettivo per comprendere le fondamentali spinte psicologiche del comportamento degli uomini .

Simili alle idee platoniche gli archetipi erano attivi sia a livello soggettivo che a livello oggettivo, si manifestavano tanto nelle idee innate della coscienza umana quanto nei processi fondamentali dell’universo cosicché condizionavano non solo il comportamento degli esseri umani ma anche il movimento dei pianeti. Secondo Jung era proprio questa doppia natura degli archetipi dell’inconscio collettivo che permetteva di mettere in relazione la psicologia del profondo con l’astrologia nonché il movimento dei pianeti con la psiche umana. Jung sosteneva che gli archetipi erano psicoidi cioè modellavano sia la mente umana sia la materia presente nell’universo ivi compresi i pianeti. Jung era convinto che una particolare e ben definita situazione psicologica dell’individuo doveva essere accompagnata da un altrettanto ben determinata configurazione astrologica. In sintesi, per Jung il grande valore dell’astrologia stava nel fatto di essere in grado di mettere in evidenza le correlazioni esistenti tra il moto dei pianeti e le esperienze e i comportamenti degli uomini. La convinzione dell’esistenza di correlazioni tra i fenomeni psicologici e i dati astrologici portò Jung alla formulazione della teoria della sincronicità. Egli definì la sincronicità come la simultaneità tra un certo stato psichico e uno più eventi esterni ivi comprese le posizioni dei pianeti. Jung ritenne che l’astrologia funzionasse proprio in virtù de principio della sincronicità e cioè che i fenomeni psicologici si trovassero in significativo parallelismo con le posizioni dei pianeti in un dato momento. Per concludere il nostro discorso intorno a Jung possiamo dire che benché lo psicanalista svizzero non abbia mai elaborato nessuna teoria sistematica riguardante l’astrologia sembrerebbe evidente che la sua teoria psicologica sia stata molto influenzata dal pensiero astrologico. Esistono infatti tanti parallelismi tra la teoria psicologica junghiana e il pensiero astrologico cosicché bisogna pensare che alcuni dei concetti principali junghiani siano stati presi a prestito dall’astrologia. Concludiamo tale articolo con due esempi significativi : le quattro funzioni Junghiane ( intuizione , sensazione , pensiero e sentimento ) trovano un riscontro astrologico nei quattro elementi  ( fuoco ,terra, aria, acqua) . Infine, la sincronicità elemento basilare del pensiero Junghiano è considerata dallo psicanalista svizzero un vero e proprio ponte che mette in contatto l’astrologia con la psicologia.