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 La rete di Mefitis: Movimento culturale della “Buona Mefite”

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L’intreccio di interessi tra la salvaguardia di Genista anxantica e la necessità di riconoscimento della Mephite come “Monumento naturale”, parco archeologico e stazione terapeutica, luogo di meditazione ed elevazione interiore, ha portato, tra i componenti della Grande Madre, alla maturazione di un nuovo concetto di “Mephite”. Già da molti anni Benito Vertullo va cogliendo, col suo obiettivo, le bellezze dell’insolito luogo instaurando con la Mephite un rapporto sacro e indissolubile; in questo suo perseverare ha incrociato il Centro di ricerca tradizioni popolari “La Grande Madre” impegnata sul posto nello studio di Genista anxantica. Con questo ha proseguito il suo cammino incontrando, sulla via della “Buona Mephite” l’artista Raffaele Bertolini. Insieme si è provveduto a individuare in Raffaele il rappresentante di un nuovo movimento culturale,  e di studiarne l’immagine. L’Osco Rabel è capostipite della nuova corrente artistico culturale volta a ripensare la Valle d’Ansanto secondo i nuovi canoni. Rabel rappresenta il genius loci della Buona Mephite, egli intesse col luogo un filiale rapporto che gli consente di oltrepassare i limiti del consentito ed inoltrarsi nei misteri della Madre. È lui che partorisce i nuovi xoanon, dalla plasticità possente e ancestrale, investiti di nuovi simbolismi. La Mephite gli procura la materia prima ed egli la nobilita attraverso la sua opera dando vita ad immagini arcaiche di indiscussa bellezza. L’arte di Rabel è contagiosa, è capace di toccare le corde profonde dell’anima e farle vibrare, far assaporare i palpiti di un primigenio sacer furor.

Intenti
Il movimento nasce come risposta alla comune e abusata idea della Mephite luogo “pericoloso” e “infernale”.
La Mephite è il luogo in cui, durante il Neolitico, nell’entroterra appenninico irpino, nasce il culto della Dea Madre Mefitis. Come tutte le Grandi Madri delle origini Ella era divinità del cielo e della terra, preposta alla fertilità di tutte le creature, dea delle acque, di quanto è “sopra e sotto”. Le viscere della terra erano il suo grembo e il suo alito congiungeva al cielo. La sua aria, il suo fango, le sue acque erano terapeutiche per animali e uomini, a Lei accorrevano da entrambi i mari, vi arrivavano per le vie naturali, le Valli dell’Ofanto, del Sele e del Calore, e le portavano doni che andavano a costituire la ricca stipa votiva. La conquista romana, cosciente di non poter cancellarne il culto, lo minò, preponendo la dea alle cloache, alle acque solfuree, alle paludi. Anche gli autori classici, sebbene ne abbiano diffuso la fama, contribuirono, con i loro scritti, a definire il ritratto di  un luogo infernale dove risiede la porta degli inferi, spiraglio dall’alito pestifero che ammorba l’aere intorno e uccide chi osa avvicinarsi. La cristianità completò l’opera di sfaldamento dell’antico culto inserendo, nei paraggi, una santa cristiana: Santa Felicita.
Intento del movimento è di riscoprire  il luogo e riabilitarlo alle sue naturali attitudini terapeutiche.
La Mephite è un luogo esclusivo sotto l’aspetto archeologico-storico, botanico-geologico, terapeutico. Gli scavi degli anni ’50 portarono alla luce un ricco corredo votivo, non è escluso che molto altro materiale possa essere ancora scoperto. I resti di un camminamento e di un recinto citati dagli archeologi del tempo, la grande quantità di oggetti raccolti nel Museo Provinciale di Avellino, testimoniano la grandezza e l’estensione del culto della dea, ancora poco studiato. Anche l’aspetto botanico è di grande interesse, in particolar modo lo stretto endemismo di Genista anxantica che abbiamo portato all’attenzione dell’Università Federico II nella persona della prof.ssa Olga De Castro e del suo staff. Altro campo di indagine è la geologia del suolo con i fanghi e l’aria, argomento caro all’Istituto di Biometeorologia del CNR Firenze, nella persona del dott. Antonio Raschi. I fanghi, da sempre sono stati sfruttati dalle popolazioni locali e dai transumanti per la cura di diverse patologie. Il movimento culturale intende sollecitare gli Enti addetti a favorire tali ricerche.
La Mephite come “Monumento naturale”
La Mephite della Valle d’Ansanto è la più grande d’Europa, non vi è nulla di simile altrove né tanto meno la si può inventare, è una esclusiva irpina che va tutelata e rispettata. Il primo passo per questa condizione è il riconoscimento del sito da parte degli enti naturalistici. Deve essere riconosciuta come sito protetto, parco naturale o come meglio è opportuno, importante è la sua tutela insieme a quanto vi vegeta.
La Mephite come luogo di meditazione e ispirazione
La Mephite è un luogo estremo, un luogo limite dove l’uomo si misura con il tutto, con l’inizio e la fine, è il luogo della meditazione e della crescita interiore, luogo d’ispirazione per artisti e pensatori, musicisti, poeti. Quanti aderiscono al movimento condividono questi intenti e agiscono ispirati dal rigenerante e salutare incontro con la Mephite. Il nuovo pensiero positivo deve essere un volano capace di attivare reazioni esponenziali, atte a trasmettere, attraverso la revisione della Mephite, un impulso vivificante e fattivo a tutta la sfera esistenziale.
La rete di Mefitis
Intento del movimento è di ricongiungere prima di tutto i luoghi di culto della dea Mefitis. Il culto, nato nella Valle d’Ansanto, si diffuse in epoca protostorica, in diversi luoghi del meridione, fino a giungere, con la conquista romana, a Cremona, a causa dei suoli paludosi. Nostro intento è di riallacciare i rapporti con questi luoghi e fare rete per una riqualificazione del territorio. Il movimento, dunque, non intende arenarsi in ambito provinciale ma, attraverso una fitta rete di contatti con luoghi, e persone dalla differente esperienza e specializzazione, espandersi e portare la “Buona novella” dove regna la tristezza e lo sconforto.
La rete di Mefitis, inoltre, intende chiamare in causa tutte le scienze e le competenze per unirsi coralmente e serenamente a favore del luogo, con lo studio, la protezione e la promozione.

Centro di ricerca tradizioni popolari “La Grande Madre”
Sede legale: Biblioteca comunale, Piazza Martiri di Guerra, Bonito (AV) Tel. 339 7475004 molinarofranca@gmail.com Lagrandemadre.wordpress.com

 

Malefizi d’amore di franca molinaro

images.jpgDa sempre l’uomo ha cercato di conquistare l’interesse del sesso opposto aiutandosi con magie di ogni tipo. Di solito si accusa  il gentil sesso di ricorrere ai peggiori stratagemmi per ingraziarsi un uomo ma, quando si tratta di ottenere l’amore di una donna, i maschietti ricorrono ad esso per la preparazione di filtri e pozioni. Peggio ancora, poi, lo accusano di stregoneria. Al tempo dell’inquisizione, oltre alle pratiche già in uso, fiorirono ricette magiche in ogni processo, riportate a volte anche nei Canoni ecclesiastici come cose proibite. Erano ricette suggerite dagli aguzzini, messi sulle labbra delle povere donne accusate di magia e per questo soggette alle più impensabili crudeltà, supplizi che la mente contorta dei religiosi architettava per vendicare le proprie frustrazioni. Le agiografie sono costellate di tentazioni, i santi vedevano spesso il demonio sotto forma di donna lasciva pronta a corrompere la loro castità. Non occorre l’ausilio della psicanalisi per capire che le loro tentazioni altro non erano che i desideri repressi dalla regola. Burcardo vescovo di Worms chiedeva a una donna accusata di stregoneria: “Ti sei spogliata nuda, hai unto il tuo corpo di miele, ti sei poi rotolata nel grano e con i semi attaccati al tuo corpo, macinati, hai fatto una focaccia che hai dato da mangiare a tuo marito per stregarlo e non farlo più allontanare da te?”. In questa domanda del vescovo legislatore traspare la sottile eccitazione erotica costituita dal pensiero peccaminoso, l’immagine della dama che massaggia il corpo nudo col miele per poi rotolarsi nel grano e infine una terza operazione erotica, il raccogliere il cereale da tutte le parti del corpo per macinarlo e farne pane per la vittima. Tante erano le fantasie che si estendevano su vari fronti di indagine, ad esempio, il “Dizionario infernale” riporta una ricetta per scoprire l’infedeltà della propria donna: “Impastare pura farina d’orzo con latte e sale senza lievito, avvolgere la pasta in carta oleata e cuocere sotto la cenere. Strofinare poi con verbena fresca e dare da mangiare alla donna, la focaccia risulterà indigesta alle infedeli. La verbena è una delle piante maggiormente presenti nei filtri magici. Sempre Collin de Plancy, nel suo “Dizionario infernale” scrive che gli Ebrei portavano le mogli vestite di nero a Gerusalemme, qui le davano da bere una bevanda fatta con acqua e un’erba amara polverizzata, consacrata precedentemente per questo scopo. La donna infedele bevendo avvertiva malessere, poi moriva in breve tempo, quella innocente si salvava. Non ci è dato conoscere l’identità dell’erba per poter indagare a fondo sulle motivazioni reali della morte. Le donne del Marocco invece hanno provato a cercare i rimedi a certe situazioni incresciose. Scrive Jorg Sabellicus in “Magia pratica” “ Per rendere l’apparenza della verginità ad una fanciulla deflorata prima delle nozze, si devono pestare insieme noce di galla, allume e semi di melograno. Con la mistura, la vecchia guardiana del gineceo inciprierà la prossima sposa “là dove più conviene”. Il marito non si accorgerà di nulla.” Nello stesso testo troviamo: “Al fine di assicurarsi la supremazia in casa, le vecchie consigliano alle spose di orinare il mattino seguente la prima notte di nozze un poco per volta, per sette volte, nel cavo della propria mano, versando il liquido in un’ampollina, che vuoterà nel tè da lei approntato per il marito, dicendo: T’ho fatto prendere della mia acqua, perché tu veda con i miei occhi, perché non oda che con le mie orecchie, perché non parli che con la mia bocca”. Nel “Testo delle piramidi” è riportata la pratica effettuata dal marito o l’amante per ottenere l’amore perpetuo della donna. La ricetta è decisamente sgradevole ma la riportiamo per curiosità. Occorre seccare sterco di caprone e mescolarlo con farina di frumento, impastare con olio e con tale unguento ungere il prepuzio prima del coito. La donna sarà fedele per sempre. Più fattibili i suggerimenti delle nostre streghe di un tempo: Prendere uno spicchio d’aglio e cucirlo in un pezzetto di seta a forma di cuore, con una spilla d’oro attaccarlo all’interno dei vestiti sul lato sinistro. Questa pratica dovrebbe aumentare l’autostima, proteggere dalle epidemie, allontanare gli spiriti cattivi e attirare amanti focosi. Anche una cipolla tagliata e posta in un angolo della casa allontana ogni negatività. Le ricette dei filtri amorosi non son sempre così semplici, il più delle volte contengono elementi difficili da reperire e richiedono una certa crudeltà d’animo. Molto spesso sono utilizzati organi di piccole creature: lingue di rana, fegato, cuore, occhi, reni, di uccelli, lupi, donnole, volpi, ecc. Alberto Magno spiega che sta scritto nel libro di Cleopatra, per una donna insoddisfatta del marito, occorre che lei prenda il midollo del piede sinistro di un lupo e lo porti addosso. In questo modo l’uomo sarà amoroso e fedele e non guarderà altra donna. Non so dirvi quale nesso possa esserci tra queste bestiole e il rapporto tra i sessi, potrei provare a intuirlo ricorrendo ai simbolismi legati alle piccole creature, ma qualunque essi siano aborrisco all’idea di tale pratica. Per gli intrugli del medioevo, la situazione è ancora più scabrosa, vi troviamo costantemente presenti gli umori del corpo, urina, sangue e sputo ma soprattutto, se a preparare è una donna, sangue mestruale. Questi elementi fatti ingerire con qualche espediente alla vittima, avevano poteri straordinari, erano capaci di piegare alla volontà del mittente anche la persona più restia. Vi erano poi le pratiche atte a legare gli sposi al momento del matrimonio ma di questo vi parleremo la prossima volta.

Vorrei vivere almeno altri cento anni …Ogni momento come se fosse l’ultimo per un dono di sé di Salvatore Agueci

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Vorrei vivere almeno altri cento anni, non per paura di morire o essere diverso dagli altri miei simili, ma per fare quello che dovrebbero fare altre dieci, cento, mille persone sulla terra: accendere quel fuoco di amore che, “crepitando, il cuore infiamma” e, col contagio,fare ardere una fiammella in ogni essere umano.

Non credetemi esaltato o un megalomane, fuori di senno, non sono stato mai così consapevole, maturo di me stesso. Non sono neanche una persona speciale, ma un uomo qualunque. Non vado cercando notorietà o un posto di lavoro o unruolo di prestigio. Il fatto di essere uomo, consapevole di quello che sono, giàper me è un onore e mi basta.

Vorrei essere il fuoco per bruciare tutto, non perché sono piromane, ma per accendere la passione, l’entusiasmo, l’empatia, il pathos, il desiderioin ogni persona, perché si compenetri in ogni cosa che ci circonda e parli d’amore. Vorrei che i fucili diventassero infuocati perchi li imbraccia per uccidere, i soldi fossero scottanti per autocombustione per chi ne ha troppie li utilizzasolo a suo uso e consumo, la penna bruci nello scrivere parole che suscitino disinteresse per la vita, le mani perché ardano di desiderio di offrireal mondo quel bene che manca e di cui parecchi hanno bisogno, gli occhi perché siano sempre due lampade accese sul cammino. Vorrei gridare come un Francesco d’Assisi che lo faceva a squarciagola per le vie del Subasio “l’Amore non è amato” e chiamare ogni singola parte del creato col dolce nome di fratello e sorella.

Vorrei che tutti gli uomini che nel mondo tendono spesso a soffocare il bene nelle forme più impensate, arrecando male a se stessi, agli altri, alla creazione, prendano coscienza che così facendo perdono la loro identità di uomini e si trasformano in bestie, in non uomini, in esseri meschini. Il cattivo, inteso nel senso più ampio del termine (sia chi fa il male, cosciente di farlo, o chi lo fa per ignoranza), così facendo si pone al di fuori di un corpo universale e individuale da creare scompiglio nel sistema. È non uomo l’egoista, il malvivente, l’avaro, l’ignorante, il menefreghista, chi non ha alcuna sensibilità, chi non riesce a inserirsi in un cosmo che è armonia, equilibrio, presa di coscienza, responsabilità, è chi odia, chi è violento, chi persegue il malaffare con inganno.

Non vorrei avere alcuna visibilità per far questo ma vorrei essere l’aria che respiriamo per penetrare in ciascun essere umano e oggetto per aiutareognuno ariscoprirela propria identità ed essere visibile col proprio esistere. Vorrei essere nel loro cuore, nella loro mente, nella loro coscienza per creare in ogni momento, soprattutto quando la tentazione del male è palese, un tormento, una crisi, per porre in loro una domanda “cosa sto facendo?”

Il fuoco è amore, è gioia, è pace, è bontà, è fratellanza, è tenerezza,è giustizia, è libertà, è condivisione, è solidarietà, è spiritualità, è comprendere che ogni uomo ha dignità, diritti e doveri non diversi dai miei.

ScrivevaS. Tommaso d’Aquino nel “Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo”: Bonum est diffusivum sui(Il bene è diffusivo del suo essere).Come la luce è diffusiva, pena l’annullamento della propria identità, così deve essere per ogni creatura vivente.

Questi valori si possono spargere con l’esempio, con la parola, con la comunicazione scritta, con il silenzio. Nessuno è povero da non potere offrire ad altri queste ricchezze, come nessuno è dispensato di omettere questo ruolo che, in quanto essere creato, ha ricevuto al momento della nascita.

Chi chiude la porta al cuore, impedisce al bene di penetrare e di riscaldarlo. È come la luce e il calore che entrano nelle nostre case, se noi sbarriamo le porte e leimposte, impediamoa essi d’introdursi, di vederci chiaro e il nostro spirito diventacupo, nero, cattivo da compiere ciò che è orribile agli occhi dell’uomo.

Distribuiamo amore ovunque, fosse anche con un sorriso, una buona parola, con l’esempio, aiutiamo chi si trova nella “miseria”, nell’ignoranza, nel buio più fitto del dolore, per dare un po’ di felicità a chi non ce l’ha e forse non l’ha mai avuta.

Quanti bambini, mamme, donne, anziani, ammalati, carcerati, immigrati, affamati, perseguitati e oppressi in tutto il mondo hanno bisogno di una “mano” che li sollevi per avere speranza.

Diventiamo ognuno di noi quest’amore, questa speranza che nobilita l’anima, incapace spesso, da sola, di vedere una fiammella nel tunnel buio della vita e diventiamo noi luce, colore, calore che riscalda ogni istante della vita.

Non è utopia quella descritta, diventa reale se cominciamo a cambiare noi stessi, le nostre abitudini nei confronti degli altri, se prendiamo coscienza che io devo fare la mia parte, ovunque mi trovi e a qualunque luogo e situazione appartenga: il mondo cambierà se io muterò il modo di rapportarmi a ogni essere vivente e no.

Lasciamo in ogni persona e oggetto che incontriamo il profumo di noi stessi, delle nostre virtù se vogliamo che il passaggio da questo mondo non sia stato invano e sterile.

Saremmo soddisfatti di essere vissuti e rimarrà contento chi ci avrà incontrato sul loro cammino terreno; perpetueremo la nostra esistenza da superare lo spazio temporale.

Continuiamo a offrire agli altri la nostra disponibilità e anche quando questo dono non è recepito da chi dovrebbe perché non ne comprende lo spirito, anzi te lo rimanda indietro trasformandolo in fango, continuiamo a donarlo sommessamente, nel rispetto della dignità e della cultura altrui, chiedendoci se nel nostro fare dono non ci sia qualche carenza. «Se amate senza suscitare amore, – scriveva ErichFromm – vale a dire, se il vostro amore non produce amore, se attraverso l’espressione di vita di persona amante voi non diventate una persona amata, allora il vostro amore è impotente, è sfortunato». E riprendendo la massima di S. Tommaso, il bene facciamo in modo chegeneri bene, poiché«Si prendono più mosche – diceva S. Francesco di Sales – con una goccia di miele che non con un barile di aceto». Erice 17 febbraio 2019

 

 

Malocchio franca molinaro

Malocchio                                           franca molinaro
42485922_2088315904565119_2844187099291189248_n.jpgIn quel di Benevento non è difficile esser additata come strega, nell’accezione positiva del termine naturalmente, e così ogni tanto mi contattano per togliere il malocchio, guarire qualche problema con un unguento o un’erba, consigliare persone indecise. La cosa non mi dispiace affatto, soprattutto se si tratta di aiutare qualcuno, a volte basta una parola se non proprio il silenzio, a volte basta ascoltare. Qualche volta un olio può lenire un dolore fisico, guarire una ferita, così una pianta o una tintura madre. Di qui ad essere una guaritrice la strada è lunga, eppure è incredibile quanto un gesto affettuoso, una parola, un segno di croce apotropaico possano riaccendere il sorriso sui visi spenti. Solitamente, quando mio marito mi dice che ha mal di testa e mi chiede di togliergli il malocchio, mi metto a ridere e gli consiglio di addormentarsi così riposando gli passa. Quando il rito mi vien chiesto da persone cui non posso rifiutarmi, devo acconsentire e non di rado, poi, ricevo ringraziamenti per il beneficio recato. Quello del malocchio è un mistero antico quando il mondo, l’uomo ha sempre creduto che l’invidia dei suoi simili potesse danneggiarlo se non addirittura condurlo alla morte. Dietro questa convinzione ha sviluppato rituali atti a liberarsi da quella negatività trasmessa attraverso lo sguardo. Anche le historiole che si recitano in questo frangente sono interessanti per il contenuto e per il metodo di trasmissione. Prima di tutto occorre trovare una “madrina” che sappia eseguire correttamente il rito, poi bisogna aspettare la notte di Natale affinchè l’insegnamento risulti efficace. In seguito, per ottenere buoni risultati, bisogna sviluppare una buona capacità di concentrazione, tanto da riuscire a compiere “un’azione mentale” potentissima, solo così si può togliere la fascinazione. Noi non possiamo stabilire quanto c’è di vero in tutto questo, i maestri dell’antropologia hanno scritto interi trattati per spiegare il senso e i nessi tra rito e guarigione. I medici deridono chi crede a queste pratiche. Personalmente non ho la presunzione di spiegare cose che non hanno spiegazione, né voglio chiamare in causa il paranormale, abbiamo la cattiva abitudine di definire “paranormale” tutto quanto sfugge alla comprensione o alla spiegazione scientifica. Quando, da giovane vedevo le anziane compiere strani gesti e pronunciare parole poco comprensibili, mi sentivo autorizzata a definirle antiquate o superate, con la maturità poi, compenetrato il mondo delle tradizioni, ho imparato ad avere rispetto di quanto è stato in esso partorito, pur cercando, cosa umanamente inevitabile, di cercare una spiegazione all’inspiegabile. Se crediamo nei campi magnetici che circondano gli esseri viventi, possiamo immaginare che, in alcune situazioni, si possano verificare degli squilibri con conseguente modificazione della condizione ottimale, fino ad avvertire malessere. La persona colpita da malocchio risulterebbe una vittima involontaria di uno squilibrio causato da altre entità che, a loro volta hanno agito involontariamente. Nella tradizione popolare vi è convinzione che la persona capace di affascinare non sempre è cosciente dei suoi “occhi cattivi”, il suo influsso negativo è un potere attribuitagli dalla natura e non può liberarsene. Vi è, però, una prevenzione che la persona “affascinante” può fare per evitare malori a chi incontra, egli può dire “Crisci” oppure “Benedica”, queste due esclamazioni proteggono gli sventurati capitati sulla sua strada. “Crisci” sta a significare “stai bene” e se è rivolto ai bambini significa espressamente che devono crescere sani; il termine è pronunciato anche in presenza di masserizie. Ad esempio si dice “Criscite” entrando in una casa dove si sta preparando il pane, o dove si macella il maiale, dove si fa la salsa, ecc. Se la parola non è detta potrebbe capitare qualcosa di sconveniente alla grazia di Dio che si sta preparando. “Benedica” si usa verso cose o persone, animali belli, sani, grassi; significa “Benediciamo questo o quello, non abbiamo invidia di questa bellezza”, e a volte si aggiunge: “Pozza aonneà com‘a messa ‘e Pasqua”, possa abbondare come la messa di Pasqua è abbondante di fedeli, ma anche “aonnà” da ondeggiare, che ricorda il campo di grano mosso dal vento, bello rigoglioso. Insomma, la formula apotropaica da anteporre alla negatività della fascinazione è un pensiero positivo e quindi un’espressione beneaugurale che coniuga due elementi fondamentali nella cultura mediterranea: il grano e il cristianesimo. Ciò depone a favore dell’ipotesi del malocchio come una influenza negativa sul campo magnetico degli esseri viventi. Diversamente la trasmissione di positività, ma chiamiamola più semplicemente amore, genera benessere in chi ne beneficia. Esempio: “I bimbi crescono belli e sani sotto lo sguardo amorevole della mamma”, l’amore genera salute, bellezza. È tutto un giro vizioso, la negatività causa malessere e il malessere contagia e crea negatività, occorre tenere lontani questi sentimenti scuri anche nei momenti più difficili. Il sorriso e la predisposizione all’amore, il buonumore, il pensare positivo creano una cintura di protezione che allontana gli “occhi cattivi” ed evita di ricorrere alle guaritrici, o al medico.