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Andar per erbe: benefici e rischi

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La primavera, soprattutto se piovosa, è il periodo migliore per rac18620072_1513800428683339_5734536741371881148_n[1]cogliere verdure selvatiche, tenere e gustose, da cucinare nei modi più disparati. Sebbene la cultura della “Menesta asciatizza” ormai è un ricordo lontano, recuperato più per moda che per una reale coscienza etnobotanica o necessità economica, si assiste a un sempre maggiore interesse per le cose della natura. In rete molti sono i siti ei blog che si occupano delle amiche verdi, molte le associazioni che promuovono, ognuna secondo i propri parametri, il ritorno alla natura. Noi della Grande Madre viviamo proprio di questi principi e, tra le altre cose, abbiamo assunto l’impegno di diffondere le conoscenze  viste attraverso l’antica saggezza della civiltà agreste. Nei secoli passati, i nostri antenati hanno attinto dalla dispensa naturale per supplire alle carenze della dispensa domestica. La ricerca di erbe commestibili, compito affidato alle donne, da sempre detentrici dei segreti della natura, era praticata a partire da gennaio quando, solo la valerianella (Valerianella locusta), sopravvive alla neve e alla brina. In febbraio, poi, compare il crespigno (Sonchus oleraceus), a Teora lo chiamano s’ghon’; Emidio Natalino de Rogatis riferisce una ricetta: “Cucinato in pignatta con cotechino di maiale e accompagnato co’ la pizza jonna, cotta ‘nt’a lu chjngh’ con brace sotto e sopra”. I Crespigni, teneri e dolci, son buoni in insalata o lessi con i fagioli, la carne dei poveri. Intanto marzo prepara tutte le erbe per una bella zuppa ricca. La cicoria (Cichorium intybus), lungo i bordi delle strade, un po’ spiaccicata stenta ad allungare le foglie verso il cielo, costretta dai continui pestaggi distende le foglie della rosetta basale e si appiattisce al suolo, con questa strategia sfugge anche al tagliaerba. E’ la più apprezzata in cucina, ma anche in erboristeria, per le sue straordinarie proprietà officinali, soprattutto diuretiche e depurative. Per disintossicare l’organismo, ridurre la cellulite, l’acido urico, perdere peso, combattere i radicali liberi, è una degna alleata, non solo mangiata cruda o cotta ma, recuperando e bevendo l’acqua di cottura. Lo stesso discorso vale per il Tarassaco (Taraxacum officinale) ottimo nelle insalate e nelle zuppe, straordinario per le sue proprietà diuretiche tanto da esser, a ragione, chiamato “piscialietto”. Ad Ariano Irpino, invece, si osserva più l’aspetto e, a causa del pappo piumoso del seme, è definito “Papanonno”. Comunissima è la Borragine (Borrago officinalis), i cui fiori sono impiegati in cucina in diversi modi e le foglie trovano numerose applicazioni secondo le regioni e le ricette. Silvano Tangi di Celle San Vito (FG) spiega che, suo padre, con la “Burrayne” strofinava l’interno delle nuove arnie per conferire un profumo caratteristico prima di inserirvi le api, inoltre, i bambini succhiavano il nettare dal calice, la stessa, infatti, spiega Rocco Grande, a Montefalcone in Valfortore (BN) è chiamata sucàmel’. Grazia Mazzeo di Rocchetta Sant’Antonio (FG) racconta che la suocera la consigliava per aumentare la montata lattea alle puerpere. A queste verdure elencate, nelle zuppe si associava la Bieta (Beta vulgaris), Gghijti la chiama Giovanni De Luca in dialetto di Celle di Bulgheria(SA), dolce tanto da addomesticare anche le zuppe più amare. E ancora è ottima da cuocere la Crepis (Crepis vesicaria), il Piattello (Hypochoeris radicata), l’Aspraggine (Helminthoteca echioides). Per un soffritto di verdura si prestano buona parte delle Brassicaceae, in particolare le Sinapis con peperoncino (Capsicum annuum) e aglio (Allium sp). A primavera, a tutte queste Asteraceae e Brassicaceae, si aggiungevano tutti i germogli teneri di diversi generi a partire dai turioni degli asparagi (Asparagus aculeatus) e del pungitopo (Ruscus aculeatus), i getti lianosi del tamaro (Dioscorea communis), del luppolo (Humulus lupulus), della vitalba (Clematis vitalba), le cimette tenere del lattugaccio (Chondrilla juncea), impiegati in sughi e frittate. Oggi, le nuove generazioni hanno perduto il contatto e la conoscenza della natura, chi si cimenta in questi argomenti è perché ha studiato sui libri, difficilmente ha appreso “sul campo” l’arte della raccolta e della preparazione. Ultimamente poi si sta assistendo sempre più ad una nuova moda, la passeggiata di riconoscimento con la guida di un eventuale esperto, ma una passeggiata non può fornire la competenza di chi ha vissuto da sempre a servizio della Grande Madre.
Personalmente mi ritengo fortunata per essere nata contadina e allevata da una zia semi-cieca molto attenta alle cose della natura. A sette anni mi portava a zappare le colture e mi spiegava ogni erba che conosceva. La sua guida è stata l’esperienza e lo spirito che l’animavano pur avendo grosse difficoltà visive. Maggiormente sapeva riconoscere le specie dall’odore e dal tatto. Cucinava ogni cosa commestibile secondo gli insegnamenti della vecchia madre.
Dunque, seguire una dieta equilibrata, migliorata dalle tante erbe che il prato offre, è un metodo per mantenere sano l’organismo arricchendolo degli elementi presenti in quei prodotti così ben pubblicizzati sugli scaffali dell’erboristeria, della farmacia e dei supermercati. E comunque, la scelta dell’erboristeria è pur sempre eccellente rispetto all’utilizzo di farmaci, vere bombe chimiche sparate nell’organismo, che andrebbero assunti solo quando è realmente indispensabile. Le erbe, alternate a frutta e verdure possibilmente di stagione e di sicura provenienza, aiutano a ottimizzare le funzioni dell’organismo. Attenzione, però, al luogo dove sono raccolte, ad esempio, il viale Mellusi, a Benevento, ospita tante piante commestibili, ma guardatevi bene dal mangiarle, come è sconsigliato raccogliere crescione (Nasturthium officinale) in acque inquinate, vale a dire la maggior parte delle nostre acque, cicorie lungo le rotaie della ferrovia, presso zone industriali o peggio ancora in campi trattati con pesticidi. La primavera è il periodo del diserbo dei campi di cereali e dei cigli stradali, con erbicidi micidiali, prodotti che andrebbero banditi dal commercio. Erbe avvelenate possono causare problemi immediati ma anche a lungo andare pertanto è bene fare attenzione, oltre ai veleni propri della natura quali Cicuta, vite bianca, ecc. (Conium maculatum, Brionia cretica), ai veleni immessi dall’uomo nell’ecosistema. Tenetevi lontani dai campi coltivati, non sapete che prodotti sono stati impiegati, oltre al dovere di rispettare la proprietà privata. Per quanto riguarda il raccolto, ricordate che state derubando la Grande Madre, quindi raccogliete con rispetto e ringraziate per il dono ricevuto. Non raccogliete erbe che compaiono in pochi esemplari, lasciatele nel luogo per riprodursi. Non strappate le piante dalle radici ma tagliatele al colletto di modo che possano germogliare. Raccogliete con moderazione rispettando il tempo, non siate ingordi, accontentatevi del piatto da mettere in tavola o della pianta da usare in fitoterapia. Se non siete sicuri di riconoscere una pianta non la raccogliete, per le vostre cure rivolgetevi all’erborista e avrete con certezza quello che cercate insieme a qualche consiglio valido, per mettere in tavola rivolgetevi ai contadini che riconoscono le piante eduli o a fruttivendoli specializzati. Fidatevi solo di persone esperte, molti si improvvisano conoscitori. Dunque, poche regole ma indispensabili: rispetto della Grande Madre, sicurezza del luogo di raccolta, conoscenza dell’erba da raccogliere, uso appropriato di ogni specie.

franca molinaro


1 Comment

  1. Libera says:

    Ciao Franca grazie dei consigli sempre utili. Buona giornata

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