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Addio a Gerardino Lardieri, menestrello d’Irpinia

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Al San Bernardino, Lioni

Il 2022 si è manifestato come l’anno della morte, e non mi riferisco alle tante dipartite improvvise e inspiegabili che stanno flagellando mezzo mondo, nemmeno alle vittime dei conflitti bellici, mi riferisco proprio alla nostra Irpinia, in modo particolare al pantheon culturale che da anni anima i nostri territori. Almeno una volta al mese mi ritrovo a dover scrivere di quell’amico che ci ha lasciato, quello scrittore, quel ricercatore, quell’artista. È come se il tasso di mortalità avesse alzato l’asticella in questo maledettissimo anno, proprio qui nella nostra provincia. La scorsa settimana ci ha lasciato Gerardo Lardieri da Teora, ben noto a quanti si occupano di ricerca etnomusicale. Teorese di nascita e di indole, Gerardo era geometra di professione, artista e militante attivo, cittadino irpino per scelta. Impegnato nella promozione e difesa della cultura, spaziando in vari campi riconducibili alla valorizzazione del territorio. Nel suo profilo fb scriveva “Orientamento politico: la mia politica è l’attenzione quotidiana all’essere umano”. Aveva intensificato la ricerca etnomusicale dopo il terremoto dell’Ottanta, ben consapevole che quello spartiacque avesse sotterrato con la sua gente anche la sua poesia popolare e le sue sonorità.

Amava i Giovani. Con Daniela Vigliotta e Andrea Palermo

Lo conobbi a Vallesaccarda, ad un informale raduno di musica popolare organizzato da Franco Archidiacono allora vicesindaco; mi colpì subito il timbro della sua voce, limpida come una sorgente di montagna; mi affascinò il suono della chitarra, compagna indiscussa della sua vita, mai invadente, mai prevaricante, ma semplicemente in armonia col suo canto. Mi dedicò subito una “Villanella”, spiegandomi poi che la sua ricerca lo aveva portato indietro nel Seicento napoletano, dove aveva individuato un prototipo di questo canto. Ancora mi vibra nel cuore la melodia “Villanella che a l’acqua vai, i’ moro’ pe te e tu no’ lo ssai (…) Quanno vai co’ la lancella, pari riggina ma si’ villanella”. Quella sera a Vallesaccarda fu subito intesa, gli donai la mia antologia di canti popolari “Frammenti canori della civiltà irpina” e gli strappai una promessa di rivederci, in quell’occasione con lui c’erano i suoi migliori amici, Emidio e Salvatore. Da allora di cose insieme ne abbiamo fatte, la più divertente sicuramente fu la ricerca del rafano, Armoracia rusticana; a Teora lo mettono nelle tomacelle, ed affermano che nasce spontaneo nel loro territorio. La cosa mi parve interessantissima perché non è contemplato nel database della flora campana, così costrinsi Gerardo ad accompagnarmi per boschi e vigne sulle tracce del Rafano, non senza un risolino ammiccante dei funzionari del comune. Alla fine, l’unico rafano che trovammo nasceva nelle aiuole delle casette in legno del terremoto, impiantato dai Teoresi. Ancora ci spingemmo ad erborizzare a Castelnuovo di Conza dove andammo ad incontrare più volte un anziano signore, Carmine Tobia, dalla lunga esperienza etnobotanica. Carmine ci invitò poi alla festa dei suoi novant’anni a Oliveto Citra, e lì feci la tremenda esperienza della “Tarantella batticulo”. Gerardo fu tra i fondatori del Centro di ricerca tradizioni popolari “La Grande Madre”.

Serate teoresi

Lui era l’anima bella, la voce armoniosa, sempre pronto a risolvere ogni diverbio tecnico o ideologico. Non si crucciava dei chilometri da percorrere per raggiungerci e poi, a fine serata, tra vino e cibarie, ci rallegrava coi suoi canti. Le sue ricerche, le interviste alla moglie Giuseppina che mi permise di scrivere un capitolo delle mie “Presenze” grazie alle sue testimonianze, mi fecero innamorare di Teora, la martire del terremoto e della modernità. Con me trascinai tanti amici anche poco propensi a valicare l’Appennino ma poi entusiasti a loro volta del calore, dell’ospitalità che Gerardino ci riservava. Il primo anno che andammo a Teora per “La notte delle serenate” ci organizzammo in comitiva ma non valutammo il clima “appenninico”, così per riscaldarci ci sedemmo tutti vicini condividendo lo scialle di qualcuna più previdente. Un anno mi coinvolsero per interpretare la parte della “zia paciera”, sorella di un padre geloso, un istrionico Emidio Natalino De Rogatis in camicia da notte e cuffietta; mai fatto teatro in vita mia, improvvisai tutto ma ci venne così bene che facemmo ridere tutta la piazza.

A Calvi per il Raduno delle Voci popolari Irpine

Per “Le Ricorrenze della Grande Madre” rispolverammo la festa della Croce con il beneplacito del sindaco Farina che si unì a noi con semplicità tra fiori di campo e arbusti di querce, sempre accompagnati dalla chitarra di Gerardo e dall’organetto dei bravi musicisti teoresi. Grazie a lui portammo il Concorso internazionale “Echi di poesia dialettale” sul palco delle serenate: Gerardo scrisse lo spartito per la poesia d’amore più bella e la interpretò per la gioia dell’autore pugliese Francesco Antonio Marini. sempre insieme a lui e al sindaco Farina, attribuimmo il premio alla memoria a un Teorese illustre ma bistrattato dai posteri, don Salvatore Nittoli.

Festival delle Serenate, con Francesco Antonio Marini, Yvonne Scherken e Felice Barletta della Grande Madre

Gerardo non mancò ad una serata al Salotto letterario del San Bernardino a Lioni, ai Raduni annuali dei Poeti dialettali e a tutti gli eventi organizzati dalla Grande Madre; con Daniela Vigliotta spianavano ogni malumore appena iniziavano a suonare. Anche i poeti più altezzosi si scioglievano e portavano il ritmo battendo il piede. Grazie a Gerardo il circuito della Grande Madre si allargò acquistando nuovi validi collaboratori come Nicola Guarino, fine poeta e pittore teorese, ma non solo, la sua amicizia spontanea era contagiosa e dove si annidava covava la gioia. A guardare indietro non posso pensare che ora Gerardo non c’è più, non posso credere che possano esser finite le lunghe telefonate in cui ci interrogavamo sul senso profondo della vita. Lui sapeva sempre dare una risposta confortante, la sua fede era ferrea, era sicuro che lassù un buon padre ci aiutasse a superare ogni difficoltà e ci infondesse forza. Il suo avvocato in paradiso era San Gerardo, per lui cantava tutte le domeniche, lasciando che la voce si perdesse nella strana cappella nuova del santuario. La prima volta che visitai il luogo fu proprio lui ad accompagnarmi spiegandomi ogni particolare. Quando poi aprirono l’urna con le ossa del santo, lui fece per me un gesto bellissimo, sul cranio di San Gerardo appoggiò un fazzoletto, poi me lo diede, allora, come adesso, combattevo con una ulcera da radioterapia dolorosissima, mi raccomandò di portare quel fazzoletto sempre con me.

Serate teoresi

Gerardo era amato nell’ambiente del santuario, era amato nelle associazioni cui apparteneva, era amato da tutti, lo dimostrò la chiesa piena di gente venuta da diversi luoghi per il suo funerale, lo dimostrarono le persone che piangevano, l’omelia del celebrante. Non poteva essere diversamente, ricostruendo una breve biografia ci rendiamo conto di quanto ha lavorato nel sociale. Dagli inizi degli anni Settanta fino alla sua dipartita è stato frontman, tastiere e voce del gruppo musicale “I Volsci”. Tra il 1980-2010 è stato primo tenore in corali parrocchiali e diocesana. Dal 2000 al 2015 ha fatto parte del gruppo di canti popolari I Menestrelli di Teora. Nel 2003 incise Canti popolari teoresi, promosso da Voci da Teora. Dal 2010 è stato organista e direttore della Corale di Materdomini. Dal 2000 è stato socio “Associazione Culturale Circolo Libero Pensiero “Giordano Bruno”, socio fondatore del Centro di ricerca tradizioni popolari “La Grande Madre”. Negli anni ’90 è stato Presidente dell’Azione Cattolica; tra il 1990 e il 2000 della Caritas Diocesana. A metà anni ’90 fu volontariato a Chernobyl, nel 1997 per il terremoto in Umbria, nel 1998 per l’alluvione a Sarno. Nel 2000 è stato fiduciario condotta Slow Food Alta Irpinia; tra la fine degli anni ’90 e il 2005 è stato Vicedirettore/Coordinatore di Redazione di “Voci da Teora”, periodico di cultura e informazione. Nel 2003 fino al 2018, ideatore e Direttore Artistico del “Festival delle Serenate” nell’ambito del progetto “Teora Terra di Serenate”. Con la dipartita di Gerardo abbiamo perduto tutti qualcosa, è come se un pezzo di noi se ne fosse andato per sempre pur avendo impressa nei ricordi la sua magnifica voce. Mi auguro che la sua Teora trovi il modo appropriato per ricordarlo negli anni a venire, magari là, nella piazzetta delle serenate, insieme ai due innamorati marmorei.


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