Home » Uncategorized » La lunga strada verde di Rocco Varallo passa per Bojano di franca molinaro

La lunga strada verde di Rocco Varallo passa per Bojano di franca molinaro

Categories

bovianum-caput-pentrorum-4-italianinelmondoPomeriggio del 24 agosto, caldo infernale, con Rocco Varallo, dopo il successo di Rocchetta, in Puglia, ci dirigiamo verso Bojano, in Molise per parlare della sua transumanza e dei testi scritti con la collaborazione di Paolo Saggese, di chi scrive e di vari altri studiosi della materia. Ci accompagna l’afa di questi giorni di fuoco, la tristezza dei cigli bruciati in più luoghi, l’emozione di ritornare sui passi del vaccaro.
Bojano è una bella cittadina con un bel numero di abitanti, a ridosso del massiccio del Matese, subito dopo l’altopiano di Altilia, siamo in provincia di Campobasso. Il paesaggio è quello tipico del Sannio alto, boscaglie aride con massicci calcarei affioranti tra le erbe secche. Arrivati a palazzo Colagrosso troviamo la coordinatrice del tutto, Mina Cappussi, giornalista ma soprattutto donna volitiva, dalla grande sensibilità, con lei una vecchia conoscenza, Maurizio Varriano di Borghi d’Eccellenza e tanti altri validissimi studiosi.  Comprendiamo che siamo capitati nel bel mezzo dell’estate bojanese. Qui, da diversi anni si celebra una rievocazione storica del tutto insolita per noi ancora frastornati dalla festa medievale di Rocca san Felice. I Bojanesi hanno forte il senso di appartenenza e, andando a ritroso nel tempo, hanno scoperto le profonde radici comuni a tutti i popoli dell’Appennino centro meridionale. Secondo Strabone, popoli provenienti dal cuore della penisola si spostavano, a seguito di un animale sacro, in cerca di terre nuove da assoggettare. Il movimento, dovuto a problemi di sovraffollamento, aveva una giustificazione sacra, era l’offerta dei nati in primavera al dio della guerra, era questa la Primavera sacra. Mentre gli animali erano realmente immolati, i bambini crescevano come prescelti pronti a partire quando giungeva il loro momento, ad accompagnarli era un animale dal quale si traevano auspici su come procedere. Anche Frazer parla di questo fenomeno ricollegandolo ad antiche forme di matriarcato, senza voler citare i testi sacri in cui ritroviamo scritto che “L’uomo lascerà suo padre e sua madre per andare a vivere con la sua sposa”. Così, secondo la leggenda nacquero gli Irpini, da una sacra filiazione sannita, come i lucani, anche loro avevano per animale totemico il lupo, lucos, hyrpos. Ma torniamo ai nostri amici Bojanesi che, per celebrare la nobiltà della piccola regione Molise hanno rivisitato usi e costumi dei loro progenitori e li ripropongono con gran successo e grande eco mediatico. Noi stessi, nel corso della serata abbiamo avuto modo di assistere alla simulazione di un matrimonio tra una coppia di giovani Sanniti scoprendo come era importante a quei tempi possedere  le migliori virtù, solo così era possibile aspirare alla mano della più bella e onesta ragazza del clan, naturalmente non è chiaro se la ragazza accettasse per costume o per reale apprezzamento verso il giovane pretendente. Ma erano altri tempi, così lontani per noi che corriamo sulle ali del tempo, supetecnologizzati, eppure così vicini se si pensa alla storia dell’umanità.
Scopriamo, dagli interventi dei presenti, un orgoglio mai reso, uno spirito tenace che i montanari di tutte le regioni da sempre portano cucito addosso. L’Appennino forgia gli uomini, come spiegava Tiziano Arrigoni alla prima di un mio libro in Toscana, l’Appennino non è la montagna, sacra e inviolabile, lui è fatto di pietre da affrontare, di fatiche e sudore, è una sfida quotidiana che la vita impone. Così noi abitanti delle regioni interne siamo accomunati dallo stesso sentire, dalle stesse problematiche, spesso dalle stesse ingiustizie perpetrate nel susseguirsi delle epoche. Da sempre le zone interne sono lasciate a se stesse, pochi aiuti e molto sfruttamento, qualche contentino per zittire. Intanto i bravi appenninici emigrano e i borghi si spopolano, chi resta ha un’idea, un sogno da realizzare ma non sempre ci riesce. Per anni si è rincorso il modernismo, la fabbrica, la città, il posto fisso, denigrando sempre più agli occhi della massa, l’agricoltura e la pastorizia, attitudini naturali delle nostre terre e delle nostre genti. Non un occhio di riguardo per queste categorie ed ora che qualche giovane si vuole orientare in questa direzione, si studiano le regole più ridicole e impensabili per spezzargli le gambe. Forse questa rabbia che mi accompagna è condivisa con chi, come me crede ancora in una rivalsa delle categorie vicine alla terra, capaci di ragionare con il cuore e non con il portafoglio. Un allevatore che ha diecimila capi non ha i problemi di uno che ne ha dieci, quello che ne ha dieci deve rispettare le stesse regole senza la possibilità materiale di sottostare alle regole imposte.
Son ben lontani i tempi della transumanza di Rocco Varallo, i pastori e i vaccari oggi hanno seri problemi cui far fronte, qui come sulle Alpi. Se solo pensiamo alla lana, materiale preziosissimo per i nostri antenati, che ne avevano una cura maniacale per poterla rendere filo da tessitura, oggi è un rifiuto ingombrante, da smaltire pagando perché nuove diavolerie l’hanno sostituita nei materassi, nei cuscini, nella tessitura, negli indumenti. La testimonianza di Rocco è una voce forte, una guida, un ammonimento, ma cosa possiamo contro un sistema internazionale di potere occulto? Presto ci ritroveremo con pubblicità che denigrano il latte come già stanno facendo con il grano. Guardarsi intorno scoraggia ma non bisogna arrendersi, bisogna puntare su queste categorie legate ancora alla terra, sono loro che detengono un potere immenso, il rapporto diretto con la Grande Madre, la capacità di comprenderla e, di conseguenza, la scelta dei giusti interventi.


1 Comment

  1. Libera says:

    Bellissimo articolo, letto tutto d’un fiato anche perchè riguarda esattamente la mia terra. Grazie. Condiviso appieno il ritorno al passato che ci ha insegnato a vivere e potrebbe continuare a farlo se non ci fosse il degrado del “progresso” regresso.

    Buon proseguimento e buon lavoro.

    Un abbraccio Franca

    Libera

Leave a comment