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L’Irpinia in guerra, ovvero i poveri al fronte, Il Mattino 24 maggio 2015, Paolo Saggese

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DSCN2279Le ricorrenze e gli anniversari sono particolarmente utili, perché ci consentono di comprendere in modo diacronico e chiaro le somiglianze, le analogie e le continuità storiche della nostra piccola patria e dell’Italia tutta. Ci permettono di comprendere anche non solo quello, che siamo stati, ma anche ciò che oggi siamo. Perciò, riflettere sul Primo conflitto mondiale ad un secolo esatto dall’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria-Ungheria è particolarmente importante. Occasione di questa riflessione ci viene data anche da un libro di autori vari molto ben curato, dal titolo “Bonito alla Grande Guerra. Storie, racconti e testimonianze bonitesi e non solo”, a cura di Emanuele Grieco, con testi Gaetano Di Vito, Carlo Graziano, Aldo Grieco, Emanuele Grieco, Salvatore La Vecchia, Valerio Massimo Miletti, Franca Molinaro e Paolo Saggese (Editoria Liù, Chiusi, Siena, 2015), e che sarà presentato oggi a Bonito, alle ore 18.00, presso il Convento di Sant’Antonio, a cura dell’Amministrazione comunale e dell’Associazione “La Grande Madre”, con l’intervento del Sindaco Giuseppe De Pasquale, di Caterina Caringi, Aldo Grieco, Valerio Massimo Miletti, Emilio De Roma e Franca Molinaro.

Il libro, che sembrerebbe incentrato su una piccola realtà, è invece un volume particolarmente prezioso, perché è capace di affrontare il tema della grande guerra da un’ottica generale, così da consentire al lettore di avere un’idea chiara della situazione sociale e politica dell’Irpinia, del Sud e dell’Italia nei primi anni del Novecento.

Ci aiuta, infatti, in questo sguardo complessivo il breve, ma efficace e accattivante saggio di Aldo Grieco (“Bonito e i bonitesi ai tempi della Grande Guerra”), che ci proietta all’interno di una realtà rurale e marginale, in cui da poco è giunto il telegrafo e un minimo di progresso, e  in cui una povertà endemica costringe da molti anni i giovani a fuggire. Questi stessi giovani non hanno alcuna notizia della guerra, non sanno nulla di questioni di geopolitica, mentre, sul loro destino, imperversano le discussioni di intellettuali, poeti, politici interventisti o neutralisti o pacifisti. In questi anni, in cui qualcuno dichiara che la guerra è “igiene del mondo”, milioni di persone progettano un minimo di futuro, senza sapere che il loro destino è tragicamente segnato da altri. Seguono le pagine firmate da Massimo Valerio Miletti e da Emanuele Grieco, che si occupa dei bonitesi caduti in guerra, con brevi note biografiche in cui si racconta dei nostri poveri contadini, che versarono il loro sangue per una patria sconosciuta, lontana e ingrata. Seguono pagine dedicate ai bonitesi ritornati a casa, ai cosiddetti “ragazzi del ‘99”, con foto sbiadite e immagini nostalgiche, segnate profondamente da un destino atroce.

Non mancano documenti diretti, come il “diario di guerra” del Tenente Medico Fulvio Miletti, edito a cura di Valerio Massimo Miletti, oppure poesie, come quella di don Basilio Ferragamo intitolata “Sul campo di battaglia” e ovviamente le immancabili liriche di Giuseppe Ungaretti.

Franca Molinaro, che da anni ricostruisce la storia al femminile in Irpinia e nel Sud, si concentra sulla fatica, sugli stenti, sulla fame delle famiglie durante la Guerra e sul duro lavoro delle donne, che furono costrette a gestire una crisi economica e sociale drammatica.

In tal modo, il libro ci offre uno spaccato notevole del nostro passato, ricostruisce la storia di un popolo, introduce il dramma del Novecento dall’ottica degli umili e degli ultimi.

La comunità di Bonito, in tal modo, ha offerto un sentito, doveroso, risarcimento a tanti giovani, che persero la vita in nome di un’entità ignota, ha risarcito il sangue, il dolore, il pianto di una comunità e di tutte le comunità coinvolte. È bello tutto ciò, perché è un gesto d’amore disinteressato verso tutti noi. Queste vite di uomini, di donne, di bambini e di anziani sconvolte dalle trincee e dal dolore disumano oggi diventano un libro. Quei giovani che non arrivarono ai vent’anni, come ad esempio il bonitese Antonio Di Pietro (9 settembre 1898 – 26 maggio 1918), hanno ricevuto un parziale risarcimento. Presero un treno forse per la prima e ultima volta, arrivarono alla loro caserma, gli si disse che dovevano uccidere, uccisero e morirono nel nome di un potere oscuro e incomprensibile, che nutriva per loro forse solo disprezzo.


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